Abbadia di Fiastra, un posto per dedicare del tempo a se stessi

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Chiostro dell’Abbadia di Fiastra. Ph: Nicola Pezzotta

In questi luoghi c’è qualcosa che mi ha sempre attratto.

Non li frequento per una qualche fede nel divino e neanche per una ricerca della mia cristianità. E’ più un immergersi in un’atmosfera di tranquillità che mi dà la possibilità di riflettere su me stesso. Riflettere sul perché facciamo delle scelte e perché non ne facciamo altre.

Pensare a quello che abbiamo dentro, non significa credere in qualcosa. Vi dico la verità, in realtà cattolico in senso stretto non ci sono mai stato.

“Ma allora in cosa credi?” mi potreste chiedere. In quel caso vi risponderei che credo nell’umanità delle persone, nell’altruismo, nell’avere fiducia, nel dare senza aspettarsi un ritorno personale, nel mettersi a disposizione degli altri, nei piccoli gesti quotidiani che riescono a far sorridere una persona.

{xtypo_quote_right}Ama e fa’ ciò che vuoi
Sant’Agostino{/xtypo_quote_right}

Avere il piacere di fare questi gesti non vuol dire essere religiosi, ma tutti questi atti spesso sono alla base dei gesti quotidiani che si richiedono ad un fedele, di qualsiasi religione si parli. Purtroppo nei secoli sono state e sono troppe le variabili entrate nella parola “religione” da trasformarla e praticamente svilirla.

Si sono fatte guerre e se ne continuano a fare in nome in di questa parola: basta aprire il giornale sulla cronaca internazionale per rendersene conto. Con l’aumento dei fedeli, le religioni si sono dovute organizzare e si sono notevolmente complicate, spesso perdendo la vera essenza per cui erano nate. Nelle sue maglie sono iniziati a sorgere interessi, è entrato di mezzo il potere, i soldi.

Stanche e deluse da questo atteggiamento alcune persone decisero di tornare alla sola cura dell’animo abbandonando tutto e tutti e facendo penitenza in luoghi ameni, sperduti tra le montagne. Proprio così nacquero gli eremiti.

Ogni volta che arrivava un momento in cui ci si sentiva traditi dal sistema ecco comparire una figura che tenta di riportare l’ordine, di rammentare la strada maestra da seguire, di ricordare che siamo in questo mondo per amare e far del bene. Nella religione cattolica, successe diverse volte negli ultimi duemila anni. I diversi ordini monastici come i francescani, i cappuccini, i fraticelli, i celestini, i camaldolesi e anche i cistercensi si sono generati proprio da questo rinnovamento. Il loro scopo era trovare un più autentico equilibrio nel mondo.

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Vita monastica. Ph: Nicola Pezzotta

 

La nascita dell’Ordine Cistercense

Alla fine del XI secolo il monachesimo benedettino sembrava disattendere i dettami della Regola di San Benedetto. Questo almeno è quello che dicevano i monaci di Citeaux, un piccolo paese della Borgogna, in Francia. Secondo la loro visione c’era bisogno di un ritorno all’osservanza stretta e letterale della Regola, ma quello che fecero andò oltre il semplice riportare la Regola alla concezione originale. Si era in una fase del Medioevo costellata di profondi cambiamenti e di conseguenza, se si voleva sopravvivere, questi cambiamenti dovevano essere attuati anche nei monasteri.

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Chiostro dell’Abbadia di Fiastra. Ph: Nicola Pezzotta

L’espansione dell’ordine cistercense dal 1098 in poi avvenne in modo esponenziale. L’introduzione di alcune novità, o il riprendere con vigore alcune usanze, fece la fortuna di questo ordine monastico. Questa “fortuna” avvenne anche grazie ad alcune riforme da loro approntate come quella agraria.

Prima dell’avvento dei cistercensi l’economia benedettina derivante dall’agricoltura era detta a corte: “il padrone provvedeva alle proprie esigenze materiali facendo lavorare le sue terre da gente dipendente la quale dava al proprio padrone un censo annuo in natura, corrispondente alla produzione. La produzione, quindi, doveva equivalere al consumo”. La trasformazione della classe lavoratrice nel secolo XI, che si andava orientando verso una vita più indipendente e redditizia, mise in crisi questo sistema.

Ed ecco l’idea dei cistercensi: l’introduzione delle grangie. Essi si basarono sul principio che la terra doveva essere direttamente lavorata dalla comunità monastica. Questo era facile farlo nelle terre intorno all’abbazia, ma per quelle molto distanti? La stessa Regola avrebbe impedito loro di lavorare lontano, infatti era obbligo di uscire il meno possibile dal monastero; come fare? Venne adottato l’istituto dei fratelli conversi, già presente nel monachesimo, ma che mai raggiunse tale importanza come nei cistercensi. Questi fratelli conversi, costituenti una classe a se stante, erano religiosi laici, vincolati a tutti gli obblighi della vita religiosa, eccetto l’ufficio divino. I lavori manuali erano loro riservati, proprio perché non erano monaci e quindi per la maggior parte non preparati ad attività intellettuali. Proprio grazie ai fratelli conversi si poterono creare queste vaste aziende agricole (grangie) dove venivano anche reclutati mercenari e liberi operai che, convenientemente retribuiti, avevano anche la possibilità di specializzarsi come contadini, operai e artigiani.

Con questa attività agraria razionalizzata i cistercensi rivitalizzarono terre in completo stato di abbandono che, grazie ai lavori, iniziarono a tornare produttive e fonte di ricchezza per la società dei secoli XII e XIII. Proprio per questo motivo i monaci vennero chiamati anche “monaci dissodatori”.

 

I Cistercensi nelle Marche

Dal piccolo paese di Citeaux, grazie a queste riforme, non ci volle molto per espandersi inizialmente in tutta la Francia e poi in tutta Europa. La spinta più forte la diede Bernardo di Chiaravalle (divenuto poi santo) che entrò nell’abbazia nel 1112. E’ lo stesso Bernardo che pose in essere i fondamenti teorici che regoleranno il nascente Ordine dei Templari.

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Chiostro dell’Abbadia di Fiastra. Ph: Nicola Pezzotta

Dopo solo 8 anni dall’arrivo di Bernardo a Citeaux venne fondata la prima Abbazia Cistercense italiana (S. Maria di Tiglieto ad Aqui, in Liguria) e neanche 30 anni dopo, più precisamente nel marzo del 1142, i cistercensi dell’Abbazia di Chiaravalle di Milano arrivarono a Fiastra.

Si insediarono su resti di strutture benedettine precedenti e utilizzando il materiale proveniente dalle rovine della vicina città romana di Urbs Salvia costruirono il monastero che oggi vediamo. Come molti altri nel territorio anche questo ha subito ampliamenti e trasformazioni negli anni a venire, ma non in modo così invasivo. Molte delle strutture sono ancora quelle originarie.

I frati non si limitarono a stanziarvisi, ma iniziarono a bonificare l’area allora caratterizzata da estesi boschi e popolata da lupi, orsi e cervi. Grazie alla loro maestria questa divenne una terra fertile e ricca. Per tre secoli costituì il fulcro di tutta l’attività religiosa, economica e sociale dell’area. Poi nel 1422 l’Abbazia fu saccheggiata, sembra, da Braccio Fortebraccio da Montone che fece anche una strage passando a fil di spada tutti i monaci presenti. Poi, come per tutti i monasteri, si aprì il triste capitolo della commenda e nel 1581 tutto il complesso passò ai Gesuiti.

Quando nel 1773 la compagnia dei gesuiti fu soppressa, tutte le strutture e le terre passarono alla nobile famiglia Bandini.

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Interno dell’Abbazia di Fiastra. Ph: Nicola Pezzotta

 

L’Abbazia di Fiastra e la famiglia Giustiniani Bandini

La famiglia Bandini ricevette nel 1773, in enfiteusi, tutti i beni dell’Abbazia Chiaravalle di Fiastra e solo nei primi anni del XIX secolo, dopo aver versato la somma di 100.000 scudi al Vaticano ne ottenne la proprietà completa.

Nel 1859 decisero di costruire la loro residenza demolendo refettori e cucine nel lato sud del chiostro. Su questo lato rimane, ancora oggi, il Refettorio dei Conversi una bellissima stanza con volte a crociera ed archi che insistono su colonne i cui basamenti, fusti e capitelli provengono dalle rovine di Urbs Salvia (quindi sono romane).

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Refettorio dei Conversi, Abbadia di Fiastra. Ph: Nicola Pezzotta

Nella parte demolita costruirono il Palazzo nobile che divenne residenza della loro famiglia. Il palazzo si affaccia su un giardino all’inglese impiantato tra il 1818 e il 1835 ed ha al suo interno notevoli specie botaniche.

Durante il triste episodio della Seconda Guerra Mondiale l’edificio fu anche adibito a campo di concentramento per prigionieri politici.

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Sale del Palazzo nobile Giustinani Bandini. Ph: Nicola Pezzotta

Alla morte di Sigismondo Giustiniani Bandini nel 1918, che non aveva eredi, si tenne fede al suo testamento. In esso, Sigismondo, “aveva espresso la volontà di creare una Fondazione che avrebbe ereditato tutte le sue proprietà e alla morte di Maria Sofia Giustiniani Bandini, ultima erede della famiglia, anche parte delle proprietà di quest’ultima passarono alla Fondazione.

La Fondazione ha ancora oggi lo scopo di tutelare, preservare e valorizzare tutto il patrimonio lasciato in eredità dalla Famiglia Giustiniani Bandini”.

 

La Riserva Naturale e la sughera ultracentenaria

Il riscontrare, nei terreni della Fondazione Giustiniani Bandini, di interessanti peculiarità botaniche ha fatto si che fosse istituita nel 1984 la Riserva Naturale Abbadia di Fiastra. Nella cerreta, mista ad arbusteto di Carpino orientale, denominata “Selva dell’Abbadia”, cuore pulsante di tutta la riserva, possiamo trovare l’Elleboro di Boccone (Helleborus bocconei) endemismo italiano con limite settentrionale proprio in quest’area e le rare Capo-chino comune (Carpesium cernuum) e Veccia pubescente (Vicia pubescens) che si riscontrano nelle Marche solo qui.

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Alberi secolari all’interno del giardino inglese. Ph: Nicola Pezzotta

Prima dell’ecatombe avvenuta intorno al 1981 numerose erano le querce ultracentenarie. Oggi, anche grazie alla Riserva, possiamo ancora ammirare con i nostri occhi splendidi alberi monumentali che abbelliscono l’area. All’interno del Palazzo nobile si trovano molti di questi come platani e lecci con una circonferenza del fusto anche di 4,5 metri. Ma quella che colpisce di più per la sua rarità nella nostra regione è la sughera. E’ alta 17 metri, il suo fusto misura 4,2 metri di diametro e ha tra i 210 e i 225 anni. La sua corteccia, è pressoché intatta, visto che l’albero è stato piantato solo per abbellimento. Un aneddoto al riguardo è la visita del principe Carlo d’Inghilterra all’Abbadia avvenuta negli anni ’90. Al cospetto della grandiosità della pianta rimase affascinato dalla sua bellezza tanto da voler portare con se, al suo ritorno in Inghilterra, un pezzo della corteccia dell’albero. Ci piace pensare che ancora oggi un frammento della pianta sia in una delle stanze di Buckingham Palace.

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 Sughera ultracentenaria. Ph: Nicola Pezzotta

 

Il cane “guaritore”

Se andate a visitare la pinetina nei pressi dell’Abbazia potete notare che è presente una recinzione. Avete provato a sbirciare all’interno? Non notate nulla? E’ presente una bella colonia di caprioli e ognuno di essi ha il suo nome. Sono qui sotto le attenzioni di Milko Morichetti che, essendo un grande amante degli animali si occupa di curare gli esemplari feriti che trova nella Riserva. Ma, in questa incombenza, non è solo. Ad aiutarlo c’è anche il suo cane Otto che, come in una moderna clinica di medicina alternativa, guarisce le ferite dei caprioli disinfettandole attraverso la sua saliva. Avete capito bene, Otto lecca le ferite degli animali, proprio come se fossero i suoi cuccioli. Non solo, ma li protegge anche, mandando via predatori notturni e visite di altri cani indesiderati. Se non ci credete fatevelo raccontare dallo stesso Milko, ne sarà entusiasta!

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Caprioli nella Riserva. Ph: Nicola Pezzotta

 

L’Abbazia di Fiastra oggi

La Fondazione Giustiniani Bandini, in concerto con la Regione Marche, ci hanno dato un gioiello storico naturalistico che non ha eguali in tutta la regione. Quello che si trova nella località detta Abbadia di Fiastra fu, al suo apice, il monastero cistercense più prestigioso delle Marche. Oggi, proprio grazie all’azione della Fondazione, è stato valorizzato in maniera ottimale, rendendolo uno dei migliori complessi conservati in Italia, e si è riusciti anche a far rinascere l’intera area. Una rinascita adatta all’epoca che stiamo vivendo.

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Ingresso dell’Abbazia Chiaravalle di Fiastra. Ph: Nicola Pezzotta

L’istituzione della Riserva Naturale Abbadia di Fiastra e l’allontanamento della strada ha permesso di creare un luogo di tranquillità, frequentatissimo ogni giorno da persone che vogliono tenersi in forma ma anche da chi vuole farsi una semplice passeggiata. Luogo strategico, vicinissimo alla superstrada Civitanova-Foligno, tra Macerata e Tolentino, chi lo ha vicino non si rende pienamente conto di quanto è fortunato. Avere un posto così che permette di dedicarsi a se stessi, sia nel fisico che nella mente, a 10 minuti da casa fa invidia a chiunque.

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Ingresso dell’Abbazia Chiaravalle di Fiastra. Ph: Nicola Pezzotta

Inoltre nel 1985, dopo quasi 360 anni, i monaci cistercensi sono tornati ad abitare queste aule ed a popolare il monastero. E’ come se si fosse chiuso il cerchio. Loro lo trasformarono e lo fecero rinascere ed ora lo “custodiscono”.

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Ingresso dell’Abbazia Chiaravalle di Fiastra. Ph: Nicola Pezzotta

Quella che vi ho esposto è solo una carrellata delle cose che ha da offrire l’Abbadia di Fiastra e un riassunto molto snello della sua storia. Per tutti i dettagli, per le visite guidate all’Abbazia, al Monastero, al Palazzo Giustiniani Bandini, alla Raccolta Archeologica dell’Abbadia, al Museo del Vino, al Museo della Civiltà Contadina, e anche alla Riserva, vi rimando direttamente al loro sito internet: http://www.abbadiafiastra.net/it/.

 

Nota:

Questo articolo fa parte di un ideale percorso spirituale effettuato ad ottobre 2014 insieme al Social Media Team della Regione Marche. Tra tutte le cose che abbiamo visto nel blog tuor #marchespiritualroute sono scaturiti altri 3 articoli: Silenzio e meditazione nelle Marche, Santa Maria di Portonovo: la perla dell’Adriatico e Monastero di Fonte Avellana: luogo di spiritualità. Se siete interessati all’argomento vi consiglio di leggerli. 🙂

 

Bibliografia:

• Aspetti e problemi del monachesimo nelle Marche. Atti del convegno di studi tenutosi a Fabriano | Monastero San Silvestro Abate, 4-7 giugno 1981 | Editiones Montisfani, Fabriano.
• Fondazione Giustiniani Bandini. Abbadia di Fiastra | Grafiche Ciocca | Macerata.
Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità delle Marche | Elsa Ravaglia, Fabio Filippetti | Newton & Compton Editori | 2002.
• Biodiversità nelle Marche | Centro Orto Botanico Interdipartimentale Servizi, Università Politecnica delle Marche | 2010.
• Alberi Monumentali delle Marche | Valido Capodarca | Scocco Editore | Macerata | 2008
http://www.abbadiafiastra.net/it/

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