Alta Via delle Marche: diario di viaggio. Prima settimana

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Giorno 1: uno sguardo alla strada percorsa. Laggiù, in fondo il Sasso Simone, salito in mattinata

Il 6 giugno 2015 il nostro team, insieme all’Associazione Radici Senza Terra, si è imbarcato in un viaggio a piedi di 28 giorni attraverso le “Marche Alte” alla scoperta di un territorio molto spesso dimenticato. Un territorio che non ha niente da invidiare alla costa, anzi, proprio il fatto di essere poco conosciuto e quindi poco frequentato, ne aumenta il suo fascino.

Ci sono dei luoghi davvero incredibili nell’entroterra marchigiano, spesso noti solo alle persone del posto. I paesaggi, le storie, le tradizioni, le usanze, le particolarità gastronomiche dovrebbero essere a disposizione di tutti quelli che sono innamorati del turismo sostenibile, di persone appassionate e curiose, che amano il territorio e che si spostano lentamente in esso per gustare ogni minimo attimo del cammino.

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Il Logo dell’ Alta Via delle Marche creato appositamente per il progetto

Proprio per questo motivo abbiamo deciso di intraprendere questo viaggio/avventura. E’ un test sia per verificare lo stato dei sentieri scelti (ed eventualmente modificarli in futuro) sia per vedere se la gente è interessata a questo tipo di offerta turistica.

In questo e altri articoli che verranno, vi racconteremo la nostra esperienza di viaggio. Per quanto riguarda, invece, tutte le informazioni tecniche e storico/culturali vi rimandiamo alla guida che ci stiamo accingendo a scrivere. Continuate a seguirci e vi informeremo passo passo sullo stato di realizzazione.

LEGGI ANCHE -> Progetto “Alta Via delle Marche” – Racconti dall’Appennino

 

Giorno 0 | Carpegna (5 giugno 2015)  racconta Nico

Con l’adrenalina a mille, e anche un po’ di ansia per quello che verrà, ci trasferiamo a Carpegna la sera del 5 giugno. Ai nastri di partenza siamo in 3: io (Nicola), Ruben e Luca, in pratica i padri dell’iniziativa. Ruben, guida naturalistica come me, è socio fondatore dell’Associazione di Promozione Sociale Radici Senza Terra e quando gli ho parlato di questa idea ne è stato subito entusiasta: “Avevo in mente di fare anch’io una cosa del genere! Ne ho proprio bisogno”. Luca lo conoscete già, è un membro attivo del nostro blog e andiamo spesso peregrinando insieme in montagna.

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Cena a Carpena a base di prosciutto!

A Carpegna, dopo esserci dislocati all’Hotel Ulisse, non possiamo esimerci dal cenare con il Prosciutto di Carpegna DOP: ci sembra la naturale inaugurazione del viaggio. All’Hotel Ulisse scopriamo che Enrico Brizzi passa spesso da queste parti, e questo lo vediamo come un segno che quello che stiamo facendo è qualcosa di importante per il nostro territorio. Per chi non lo sapesse Enrico Brizzi è uno scrittore che da un po’ di anni si è dedicato soprattutto ai viaggi a piedi e ha viaggiato e promosso per la Regione Emilia Romagna l’Alta Via dei Parchi che termina proprio qui a Carpegna.

Noi abbiamo scelto questo luogo come partenza del viaggio proprio per unirlo idealmente con l’Alta Via emiliana, sperando che, in un futuro non così lontano, tutte le regioni appenniniche italiane siano collegate tra loro da altrettante Alte Vie. Sarebbe bellissimo.

 

Giorno 1 | Da Carpegna a Mercatello sul Metauro (6 giugno 2015) – racconta Nico

Sveglia all’alba per partire freschi visto che ci aspetta una lunga camminata (alla fine saranno 33 km!). Dopo la colazione saliamo spediti verso la vetta del Sasso Simone, nostra prima ascensione. Guardandoci intorno notiamo dei segnali alquanto strani per essere in un Parco Interregionale: “Attenzione, pericolo! Possibilità di ordigni inesplosi”, “Zona militare, non oltrepassare” e roba del genere. E pensare che ci troviamo sul sentiero!

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“Pericolo. Possibilità di ordigni inesplosi”

A spiegarci il significato di questi segnali è Augusto, un signore che passeggia da queste parti con i suoi 2 cani: “Dovete sapere che in un’area del Parco c’è una zona militare tutt’ora utilizzata per effettuare test di artiglieria pesante. Anzi qui è vietato raccogliere funghi proprio per l’inquinamento creato dalle attività “belliche””. Avendo saputo che quando ci sono queste esercitazioni a volte non vengono neanche segnalate, abbiamo deciso di affrettare il passo per arrivare in cima sani e salvi.

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Il nostro primo incontro: Augusto

Il sentiero che porta in vetta al Sasso Simone è in realtà una vera e propria strada lastricata, recentemente restaurata. Infatti, sulla sommità pianeggiante della montagna, intorno al 1500, venne costruita la “Città del Sole”, una fortezza a difesa dei possedimenti dei Malatesta. Ma il sogno di gloria di questa città finì presto a causa di inverni particolarmente rigidi, che rendevano la vita sopra i 1200 metri molto difficile. Già nel 1673 venne disarmata e abbandonata ed oggi non resta nient’altro che qualche muro qua e là.

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Il Sasso Simone

La discesa dal Sasso Simone fino al paese di Sestino (in Toscana) è tranquilla e piacevole, per lo più attraverso strade di campagna in mezzo ai calanchi. Ma già da questa giornata il caldo e l’afa iniziano a farsi sentire; ce le porteremo dietro per tutta la settimana.

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Arrivo a Sestino, al confine con la Toscana

All’ora di pranzo decidiamo, proprio per non soffrire troppo, di fermarci un paio d’ore al fresco di un portico nel paese di Sestino, ignari di quello che sarebbe successo poco dopo.

Quando ripartiamo il pezzo di strada asfaltata iniziale è completamente al sole e farlo alle 15 ci rende molto accaldati. Fortunatamente abbiamo cappello, acqua e crema solare! Arrivati all’imbocco del sentiero vero e proprio la sorpresa: lo si vede a malapena e i rovi superano anche le nostre teste! Cerchiamo di bypassare la parte iniziale e vedere com’è più avanti. Anche se non pulito, sembra praticabile. Così ci avviamo faticando non poco verso il Monte Dese perdendo spesso il sentiero, inerpicandoci lungo pendii scoscesi tra alberi o in mezzo ai calanchi esposti al sole bollente. Un po’ di sconforto ci prende, ma sappiamo che dietro quei crinali ci deve essere per forza Mercatello sul Metauro, non deve mancare molto!

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Persi al Monte Dese

Superato il crinale ritroviamo finalmente dei sentieri e poi delle mulattiere, ma di Mercatello ancora neanche l’ombra. Finalmente dopo un po’ iniziamo a scendere di quota e insieme a noi scende anche il sole. Quando avvistiamo Mercatello è quasi il tramonto: sono le 19.30 e come inizio non c’è male: 33 km tra saliscendi e caldo afoso.. è stato proprio un battesimo del fuoco!

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Arrivo al tramonto a Mercatello sul Metauro

Stanchissimi non potevamo assolutamente immaginare cosa ci stava aspettando a Mercatello sul Metauro. Ci è stata riservata un’ospitalità davvero grandiosa e per questo ringraziamo sia l’Assessore Luca che il B&b Il Soccorso e la Locanda Sacchi o Ristorante da Uto.

Appena arrivati, per stemperare le nostre fatiche, Angelo del B&b il Soccorso ci offre un bel bicchiere di Verdicchio fresco. Poi una doccia e via in centro per la cena dove ci aspetta Luca che ci accoglie alla Locanda Sacchi: non ricordo bene cosa ho mangiato… ma ricordo chiaramente di voler tornare appena possibile! 🙂 Poi quella sera, c’era la finale di Champions’ League Barcellona – Juventus e neanche a farlo apposta siamo capitati in un covo di anti juventini.. siamo stati accolti a brindare e festeggiare diverse volte insieme a loro. Non abbiamo potuto tirarci indietro!

 

Giorno 2 | Da Mercatello sul Metauro a Bocca Trabaria (7 giugno 2015) – racconta Nico

Dopo un bel sonno ristoratore e consapevoli che ci aspetterà la metà dei km percorsi il giorno precedente scendiamo per la colazione belli pimpanti. Quello che vediamo sembra un sogno, forse ancora non ci siamo svegliati del tutto.

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Colazione incredibile al B&b Il Soccorso, comune di Mercatello sul Metauro

Una tavola imbandita con ogni bendidio: torte di tutti i tipi fatte in casa, cornetti salati (li adoro), frutta, yogurt, marmellate.. non ho resistito a provare tutto. Va bene, vi dico la verità ho fatto anche diverse volte il bis. Ma quello che non ci aspettavamo era che dopo la colazione semi-dolce ci si presenta Angelo con la colazione salata e un buon bicchiere di Verdicchio! Cosa chiedere di più? Erano le 9.30 e già mi sembrava di aver pranzato.

Partiamo felici (anche per la bottiglia che Angelo ci ha donato e che stapperemo a cena) e ci inoltriamo al centro di Mercatello per fare la spesa. In piazza incontriamo un simpatico capannello di anziani che ci guarda curioso. Decidiamo di andare lì a salutarli e a raccontare quello che stiamo facendo. Tra loro si stacca il più affabile, Giovanbattista, che ci invita subito a casa sua per una bevuta. “Se ti offrono, non si rifiuta” è la massima di Ruben, fatta nostra già dopo un giorno di cammino. E così ci ritroviamo nella sua cantina in mezzo al Barbera che ogni anno va a prendere a Piacenza e un bicchiere pieno a testa. “Alla vostra età ne bevevo 3 litri a giorno!”. Per come reggo l’alcol io, a me dopo mezzo già mi gira la testa..

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Nella cantina di Giovanbattista

Per farla breve partiamo alle 10.30, il sole è già alto e gli animi leggeri e inebriati dal vino. Il sentiero inizia subito ripido e dopo 10 minuti sudiamo abbondantemente.

Dal mio diario: “Caldo, tanto caldo! […] nei tratti fuori dal bosco, al sole con l’argilla sotto ai piedi è come essere schiaffati dentro ad un forno”.

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Salita lungo i sentieri argillosi sopra Lamoli

Sì perché l’afa di questi giorni è opprimente. Anche se siamo nel bosco, si fa sentire lo stesso. Stringiamo i denti e la tappa scorre liscia, senza intoppi. Arriviamo alle 15 al B&b ValdericArte e siamo letteralmente rapiti dal posto.

Una casa enorme immersa nel verde, con il torrentello che passa accanto e i gatti che giocano a rincorrersi nell’immenso giardino. Siamo nel comune di Borgo Pace, nei pressi di Bocca Trabaria una delle zone più verdi e boscose delle Marche. Incontriamo Maria Stella che ci racconta tutta la storia di questo posto, di come se ne sono innamorati e come da casolare di campagna mezzo cadente l’hanno trasformato in quella struttura che è più un’opera d’arte che un B&b. Se venite a farvi un fine settimana qui, chiedetegli di fare un giro perché ne vale veramente la pena. Tutto è pensato alla sostenibilità e quello che mangerete a colazione, o a cena se scegliete la forma dell’”home restaurant”, è a km0, anzi, spesso a metro 0! La cura maniacale dei dettagli ti fa sentire il benvenuto e noi non potevamo che farci coccolare da questo posto.

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Gatti giocherelloni al B&b ValdericArte, comune di Borgo Pace

 

Giorno 3 | Da Bocca Trabaria ad Apecchio (8 giugno 2015) – racconta Nicola

Grazie al fresco e al verde di cui abbiamo potuto godere per tutto il pomeriggio di ieri al B&b ValdericArte, ci siamo completamente rigenerati nel corpo e nello spirito. Lo si è capito subito quando di buona lena, appena dopo colazione, abbiamo sbrigato velocemente la pratica della salita che temevamo. In breve tempo ci siamo portati sul Sentiero Italia che in questa parte collega Bocca Trabaria a Bocca Serriola.

E’ un zona veramente bella, traspira “selvaggio”. Ogni volta che il sentiero si apre e ci permette di guardare attorno capiamo che siamo distanti molti chilometri da qualunque paesino anche semi abbandonato. Ce ne accorgiamo anche perché iniziamo a fare degli incontri inaspettati con vipere, cinghiali e caprioli, mai visti finora. Nelle zone di pascolo scorgiamo anche delle “simpatiche” mucche che appena ci hanno visto passare hanno pensato che fosse il momento di tornare a casa e hanno iniziato a seguirci.

Finché ci troviamo in questa parte del sentiero, immersi spesso nella fresca faggeta appenninica, ci sentiamo veramente bene. Ma il morale inizia a cambiare quando, arrivati all’Agriturismo La Casciara (San Giustino, Umbria), una delle poche costruzioni presenti nella parte centrale, lo troviamo chiuso. E pensare che doveva essere la nostra tappa per il pranzo! Mentre arrivavamo qui, già pregustavamo nei nostri sogni antipasti e piatti di pasta.. è stato un bello shock. Negli zaini avevamo acqua, qualche frutto e un pacchetto di biscotti: mancava ancora metà strada per lo più su carrarecce nel caldo abbacinante delle ore peggiori. Siamo stati degli sprovveduti, stavolta.

“Niente dai, dobbiamo farci forza” e ripartiamo verso la nostra meta che appare lontanissima. Arrivati all’ora più calda ci stendiamo in una delle poche zone ombreggiate della strada bianca a bere e riposare un po’. Proprio in questo momento, del tutto inconsapevoli di quello che stava succedendo, siamo stati attaccati dalle zecche; ovviamente non ce ne siamo accorti subito. La zecca, dovete sapere che quando si attacca agli animali o all’uomo secerne una sostanza anestetica che non ti fa accorgere di quello che sta succedendo. Il prurito ed il dolore lo inizi ad avvertire nei giorni successivi e quando te ne rendi conto, la zecca va tolta all’istante altrimenti potrebbe portare malattie pericolose. Anche noi ce ne siamo accorti qualche giorno dopo e agendo tempestivamente abbiamo ridotto febbri ed evitato altre patologie.

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L’attacco delle zecche

Stanchi e affamati procediamo nella discesa che porta ad Apecchio e finalmente iniziano ad intravedersi le sagome delle montagne che saliremo nei prossimi giorni tra cui il Monte Nerone. Anche l’acqua inizia a scarseggiare e mancheranno circa 6 km al paese.

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Verso Apecchio

Arrivati ad una cascina vediamo un ragazzo e ci affrettiamo a chiedergli dell’acqua. “Acqua? Potete prenderla qui, ma se venite con me vi darò qualcosa di meglio!” A nostra insaputa ci siamo imbattuti in uno dei birrifici artigianali che ha reso famosa Apecchio: il birrificio e agriturismo Venere. Seduti al tavolo fuori, con fave e birra riprendiamo respiro e colorito. Giacomo è stato talmente ospitale che ci ha invitato al circolo in piazza ad Apecchio appena arriveremo. Non abbiamo potuto dire di no!

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“Miracolo” sulla strada per Apecchio: l’incontro con il Microbirrificio e Agriturismo Venere

“Pensa che è stata l’unica volta che abbiamo chiesto acqua a qualcuno in tutto il viaggio”. Ricorda Ruben alla fine di tutta l’Alta Via. Ed è stato proprio così; come è ricco di sorprese il destino. Talmente ricco che ce ne riserva altre due di cui una a me personalmente.

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La calorosa accoglienza degli abitanti di Apecchio

Arrivati ad Apecchio e stazionatici allo storico Hotel Ristorante Ghighetta, accanto al Ponte Medievale a schiena d’asino, saliamo al paese antico e al circolo rimaniamo senza parole dall’accoglienza degli abitanti. Ci offrono da bere, ci chiedono del viaggio e alla fine ci intervistano pure per la televisione web locale (www.apecchio.net)!

Torniamo felici e stanchi all’hotel (ho dimenticato di dirvi che anche oggi abbiamo percorso i nostri 30 km) facciamo cena e ci stendiamo a letto. Ruben, invece, dopo cena, fa un salto in paese dove, sempre al circolo, ha un piacevole scambio di opinioni riguardo a molti argomenti, tra cui l’ipotesi della realizzazione del Parco Nazionale del Monte Catria e Nerone.

Durante la notte il mio sonno è stato molto scomposto e frammentario. All’alba mi sveglio accaldato e vado in bagno dicendo a Luca “mi sa che ho la febbre”. Ed eccola qua la seconda sorpresa della giornata! Svengo come una pera cotta sbattendo in diversi punti tra cui il costato. Diagnosi del medico dei giorni seguenti: costola incrinata; non fare piegamenti, sforzi e non portare pesi. Parole che sembrano come macigni. Tre mesi di preparativi e per una stupidaggine sono fuori gioco. Il dolore è forte e decido per ora di fermarmi. Proseguiranno l’avventura Ruben e Luca.

 

Giorno 4 | Da Apecchio a Serravalle di Carda (9 giugno 2015) – racconta Luca

Apecchio ci ha accolti come nessun altro paese attraversato durante l’Alta Via.

Apecchio ha voluto conoscere realmente la nostra avventura.

Apecchio è stata una piacevole scoperta.

Ma ad Apecchio il nostro progetto appena iniziato stava già per finire.

Nicola, colpito da una forte febbre durante la notte, ha deciso infatti di ritornare a casa per recuperare le forze e purtroppo anche io e Ruben siamo stati colpiti da un’intossicazione alimentare.

Devo essere sincero, i dubbi sulla continuazione del cammino erano forti e ripartire non è stato affatto facile.

Quando si progetta un percorso come il nostro, ti fai un’idea di come andranno le cose, di ciò che ti aspetterà, di quali potranno essere i problemi da affrontare. Ma quando le difficoltà si presentano realmente, ragionare con la stanchezza in corpo non è facile e trovare una soluzione “lucida” dopo aver camminato per più di 30 km in montagna è quasi impossibile.

E così riparti. Butti giù la febbre con la tachipirina, e riparti.

Per fortuna la tappa che dovevamo affrontare era una delle più corte di tutta l’Alta Via: da Apecchio a Serravalle di Carda, alle pendici del Monte Nerone.

Usciti dal paese, troviamo subito il sentiero che avrebbe dovuto condurci a Serravalle. L’imbocco è abbastanza riconoscibile e la prima parte del sentiero è libero e facile da individuare. Il caldo, come nei giorni precedenti, continua ad accompagnarci ma in lontananza cominciano ad intravedersi le prime nuvole. Saliamo seguendo la traccia del sentiero aiutandoci con la cartina ed il GPS ma, man mano che andiamo avanti, i rovi cominciano ad invadere sempre più il nostro cammino e la via si fa sempre meno riconoscibile. Arrivati ad un vero e proprio muro di sterpaglie, decidiamo di cambiare tragitto e siamo costretti a proseguire sulla strada asfaltata. Qui il caldo si fa insopportabile e l’asfalto rimanda il calore assorbito togliendoti il fiato. La nostra condizione fisica precaria non aiuta ma il bellissimo panorama sul Monte Nerone che si presenta ai nostri occhi riesce a ridarci un po’ di entusiasmo.

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Sentiero impraticabile verso Serravalle di Carda

Il Nerone, il cui nome è dovuto probabilmente al fatto che è spesso ricoperto da nubi nere, non tradisce le aspettative; nel giro di pochi minuti il cielo si copre ed un temporale ci accompagna per l’ultimo km. Dopo giorni di sole, la pioggia tanto desiderata è una liberazione dalla cappa insopportabile.

Giunti all’albergo, dopo una doccia rigenerante, incontriamo Andrea, uno degli ideatori e sostenitori del “Parco che non è”, un comitato che si batte per la creazione del Parco Nazionale del Catria, Nerone e Alpe della Luna. Un incontro molto interessante in cui Andrea, con molto entusiasmo, ci ha raccontato quali sono le idee alla base del progetto ma anche le difficoltà incontrate per realizzarlo.

Speriamo che i loro sforzi siano ripagati!

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Incontro con i fautori del “Parco Nazionale del Catria e Nerone”

 

Giorno 5 | Da Serravalle di Carda a Pianello (10 giugno 2015) – racconta Luca

Avrei voluto raccontare queste giornate in maniera diversa, descrivendo i paesaggi, parlando dei sentieri che abbiamo attraversato e cercando di trasmettere le emozioni che abbiamo provato, ma le disavventure che ci sono capitate in queste prime tappe hanno veramente dell’incredibile.

La febbre non ci ha ancora abbandonato e la nottata trascorsa a Serravalle non è stata delle più facili. Nonostante questo, la mattina decidiamo di affrontare il percorso. Abbiamo ancora quell’entusiasmo delle prime giornate che ci spinge a continuare.

Usciti dall’albergo alziamo lo sguardo verso il Monte Nerone, la nostra meta mattutina, e intravedo tutto lo sconforto nella faccia di Ruben. Non è proprio la tappa ideale da affrontare nelle nostre condizioni.

Decidiamo allora di prendercela con calma. Imbocchiamo il sentiero che parte a pochi metri dall’albergo e che nella prima parte costeggia la strada. La pendenza non è proibitiva, ma il nostro sguardo è comunque rivolto agli scarponi. Ci fermiamo spesso per riprendere fiato e per poter godere, per quanto possibile, del panorama spettacolare che si apre sulle vallate sottostanti fino al mare Adriatico.

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La salita verso il Monte Nerone

Arrivati al rifugio Corsini, incontriamo i gestori che stanno risistemando la struttura per la stagione estiva. Dopo la foto di rito, affrontiamo la parte più difficile che sale “dritto per dritto” seguendo i tralicci della seggiovia. La fatica si fa veramente sentire, la cima sembra non arrivare mai. Ad ogni passo maledico il mio zaino, la forza di gravità e le mie gambe che sembrano non avere più forze. Il percorso in realtà non è particolarmente impegnativo, ma la febbre della notte ci ha veramente debilitato.

Arrivati in cima, Ruben ha confessato: “Non ho mai fatto tanta fatica in vita mia”.

Sono le 13 e abbiamo percorso solo un quarto della tappa. Ci conforta però il fatto che da quel punto in poi la strada è quasi tutta in discesa.

Scendiamo nel bosco circondati da una distesa di fiori dell’Aglio Orsino e ci fermiamo poi in un prato per mangiare e per recuperare le forze prima di affrontare l’ultima parte.

Dopo aver percorso un tratto di sentiero, imbocchiamo una strada sterrata che conduce verso il paesino di Pieia, incastonato nel fianco meridionale del Monte Nerone. Pieia è un paese molto particolare, un borgo immerso nei boschi e dove abbiamo trovato refrigerio per i nostri piedi stanchi in una fonte.

Questo luogo nasconde un affascinante tesoro: l’unico arco naturale delle Marche, l’arco di Fondarca.

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L’arco di Fondarca

Ma ben presto abbiamo dovuto lasciare alle nostre spalle il sollievo di quella fonte, la bellezza di questo borgo e la particolarità di quell’arco, per scendere lungo il Sentiero Italia fino a raggiungere la strada asfaltata.

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Pieia

La fatica, che si faceva sentire sempre di più, è stata appesantita da un segnale errato, che ci ha fatto sbagliare strada. E così siamo arrivati al paese di Pianello alle 20:30 circa, decisamente stremati. Non potevamo ancora esultare e rilassarci: il nostro alloggio era distante ancora 2 km. Erano le 21 quando siamo riusciti a raggiungerlo e lì la nostra fatica ha subito un altro duro colpo: il ristorate era chiuso.

In poco tempo, però, lo sconforto (misto a disperazione) è svanito perché i titolari de La Ferraia, il nostro albergo, con estrema gentilezza e premura ci hanno rifocillati con formaggi, salumi e una buona bottiglia di vino.

 

Giorno 6 | Da Pianello a Chiaserna di Cantiano (11 giugno 2015) – racconta Fabiola

Quando si dice ‘scalpitare per qualcosa’. Bene, io non vedevo l’ora di prendere parte a questa entusiasmante avventura.  In compagnia della mia amica Maggi raggiungiamo al mattino presto Luca e Ruben nell’agriturismo La Ferraia a pochi chilometri da Pianello. Noi, fresche, sorridenti, saltellanti!

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Le “fresche, sorridenti e saltellanti” Fabiola e Maggie

Ben presto, ci ammonisce Luca, il caldo e la camminata avrebbero forse affievolito le nostre energie. Pronti per la partenza, ci affezioniamo non poco alle vie di Pianello, ai suoi abitanti, allo scorrere del fiume accanto alla piccola piazza dove un gruppo di anziani si gode la bella giornata, guardandoci divertiti. Zaino in spalla, andiamo alla ricerca dell’Itinerario Italia, il percorso che avrebbe dovuto portarci in direzione Chiaserna di Cantiano. Già, avrebbe. In realtà si presenta, almeno nella prima parte, impraticabile, così da costringerci a tornare indietro e proseguire per la strada asfaltata.

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Luca e Ruben stanno decidendo il percorso da fare

Non che ci dispiaccia poi tanto, perché in questo modo attraversiamo le piccole frazioni che circondano Pianello e scambiamo volentieri due chiacchere con le persone che incontriamo lungo il tragitto: dal simpatico vecchietto che alla nostra domanda se ci fosse dell’acqua vicino al cimitero risponde con semplice verità ‘E la madonna!’, all’incontro con un signore che, intento nel trasportare la legna, vedendoci passare come viandanti ci chiede: ‘Chi siete? Che fate’?. Non ci sono cerimonie, nei rapporti e negli incontri di oggi, ma anche negli altri giorni, a prevalere è la spontaneità, una di quelle qualità che ti mettono subito a tuo agio.

Prima di arrivare a Chiaserna facciamo tappa nel piccolo paese di Palcano. Il sole picchia, sono quasi le due ma ancora dobbiamo pranzare e prendiamo al volo l’offerta di Stefano Fagiolo e Andrea, sostenitori della causa ‘Il Parco che non è’, di bere insieme una birra. Li avevamo già incontrati lungo il tragitto, ma adesso, con calma, ci spiegano la loro battaglia per la costituzione di un Parco del Monte Catria e del Nerone, per la salvaguardia di quell’aria montana. Stefano ci svela la sua passione per la natura, mostrandoci le foto e le riprese video della fauna del territorio e coinvolgendoci, quali fortuite comparse, nel documentario che sta girando in favore della costituzione del Parco.

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Stefano ci riprende per il documentario dedicato alla promozione del “Parco Nazionale del Catria Nerone e Alpe della Luna”

Ma è ora di proseguire, Chiaserna ci aspetta, e dopo un giro nel centro di Cantiano, che conserva rilevanti testimonianze storico-artistiche, raggiungiamo nel pomeriggio la nostra meta. Gustare una buonissima cena preparata da Ester, dormire immersi nel verde, alzarsi sotto le stelle, alle sei già svegli ma appagati nel sentire l’erba fresca che ti bagna i piedi: questo è il bello di dormire nel Camping Le Ginestre del Catria!

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Il bellissimo camping di Ester “Le Ginestre del Catria”, località Chiaserna di Cantiano

 

Giorno 7 | Da Chiaserna di Cantiano a Fonte Avellana (12 giugno 2015) – racconta Fabiola

Anche oggi la giornata inizia all’insegna del caldo torrido e la tappa si presenta abbastanza impegnativa, con un percorso tutto in salita e un dislivello di 1200 metri. A proseguire siamo io e Ruben, Luca è costretto ad abbandonarci per qualche giorno a causa di una forte febbre, e dopo una settimana di cammino anche Ruben risente del peso dei chilometri. Ma insieme decidiamo di continuare, un ultimo sforzo per completare questa prima lunga trance dell’ ‘Alta Via’.

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La salita iniziale da Chiaserna verso il Monte Catria

Saliamo in direzione del Monte Acuto attraverso un percorso, questa volta ben definito, che ci porterà proprio al di sotto del Monte Catria. Tra un cespuglio e l’altro il nostro sguardo si sofferma sullo splendido paesaggio che man mano si apre davanti a noi, fino all’arrivo alle pendici del Monte Acuto dove, in presenza di una fonte, decidiamo di fare una sosta. Siamo lì, circondati dalle montagne, con solo il rumore dell’acqua che sgorga zampillante e un cielo limpido che ci svela le sue morbide vedute. Sarebbe bello pensare che nei nostri momenti di soste quotidiane, nelle pause di lavoro, come per magia ci si trovi qui, a respirare questa aria e ad osservare questo paesaggio. Allora sì che la pausa non sarebbe solo tale ma diverrebbe un serbatoio dal quale attingere l’energia e la tranquillità che posti del genere riescono a darti.

Indecisi sulla strada da prendere ci rimettiamo in cammino e dopo uno spuntino a base di frutta e pomodori freschi, incontriamo a metà percorso Nicola e Stefano Fagiolo che ci attendono per un emozionante fuori programma: arrivare in cima al Monte Catria!

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In vetta al Monte Catria con Stefano

Sebbene la nostra meta sia il Monastero di Fonte Avellana, senza farcelo ripetere due volte saltiamo sulla macchina di Stefano, in poco meno di dieci minuti siamo sulla vetta e al di sotto dell’imponente croce sventoliamo la nostra bandiera! Siamo ora a 1700 metri di altezza e un clima diverso ci attende, un forte vento e il freddo improvviso ci danno forti scossoni ma siamo circondati a 360° da un paesaggio davvero spettacolare.

Salutiamo Stefano, che ha arricchito con la sua presenza e i suoi consigli questi nostri due giorni di cammino, e riprendiamo la strada per il Monastero, le cui forme quasi solenni si intravedono nella vallata sottostante.

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Monastero di Fonte Avellana

Un problema improvviso al ginocchio mi impedisce di terminare questa ultima parte in discesa e Ruben arriverà solo alla meta mentre io e Nicola aspettiamo il suo arrivo nel dormitorio di Fonte Avellana. Dividiamo la cena nel refettorio con un gruppo di allegri ciclisti di una certa età: loro incuriositi dal nostro progetto e noi sorpresi della loro vitalità! La stanchezza quest’oggi arriva presto, crolliamo quasi subito, ma domani nel giorno di sosta avremo tutto il tempo per scoprire la storia di questa importante istituzione monastica. 

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