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Via Cava di San Giuseppe, Pitigliano. Ph: Nicola Pezzotta
Se ti trovi nell’Alta Maremma a girare per paesi e campagne senti subito un’atmosfera particolare, diversa. Non te lo spieghi immediatamente ma c’è qualcosa che ti attrae. Forse è la quiete degli incantevoli borghi o il loro senso di ordine, pulizia e stato di conservazione. La vita sembra girare a misura d’uomo, lo noti negli usi e nei costumi degli abitanti. Se ami godere di un certo tipo di vita ti senti subito a casa.
E’ un’atmosfera che si respira anche in altre parti della Toscana. Sembra che gli abitanti ci tengano molto al proprio territorio, lo curino, a volte anche in maniera minuziosa e maniacale. Questo aspetto non può che saltare subito all’occhio anche al turista occasionale.
Attraversando Sovana, ad esempio, un minuscolo paesino del comune di Sorano, nel grossetano, sono proprio queste le sensazioni che ti pervadono. Anzi queste sono le prime sensazioni; subito dopo, irrazionalmente, vorresti comprarci casa.
Devo essere sincera. Fino a qualche mese fa non ero a conoscenza dell’esistenza di un luogo simile. Un Castello, interamente costruito in stile orientalista, degno delle più audaci fantasie, immerso in un Parco Storico di 65 ettari. Immaginiamo l’odore pungente delle spezie, lo sfavillio dei colori, il vento caldo dell’estremo Oriente. Il sogno di un mondo lontano trasportato in Italia, a Sammezzano (circa 25 km da Firenze), per volontà di un personaggio sicuramente straordinario, Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona (Firenze 1813 – Sammezzano 1897).
Eremito Hotelito del Alma: interni, Parrano, Umbria. Ph: Lucia Paciaroni
Il silenzio mi ha lasciata senza parole. Per giorni non ho saputo come raccontare quella pace e quell’armonia che si erano posate su di me. Il silenzio mi è entrato dentro come se fosse la cosa più naturale del mondo non appena ho varcato la soglia di quel luogo immerso in 3.000 ettari di bosco.
Alla fine, prima della sua chiusura, anche una parte del nostro team è riuscita ad andare all’Expo 2015 di Milano.
Sono del parere che, indipendentemente da tutto quello che è successo prima dell’inizio di questo evento internazionale e da ciò che si vuol pensare del nostro paese, vedere un’esposizione universale è una cosa che non capita tutti i giorni. Poi in Italia! E’ un’occasione da prendere al volo.
Quella che abbiamo stilato qui sotto è una nostra personalissima classifica dei padiglioni che siamo riusciti a vedere in una giornata e mezza.
Vorrei, inoltre, premettere un’altra cosa. Probabilmente non abbiamo visto la Fiera al suo massimo splendore a causa di una delle giornate peggiori, meteorologicamente parlando: il tempo è stato davvero inclemente scaricando su di noi tutto quello che aveva. Nonostante le zone coperte e gli ombrelli, ci siamo ritrovati completamente fradici più volte nell’arco della giornata.
Comunque sia, tra temporali e tempeste di vento impetuose, siamo entrati in 12 padiglioni.
Nella sera prima della visita clou all’Expo, utilizzando il biglietto ridotto e siamo riuscita a vedere, oltre a qualche padiglione, lo spettacolo notturno, molto suggestivo, dell’accensione dell’Albero della Vita.
Abbazia di San Pietro in Valle sotto un bel cielo stellato. Ph: Nicola Pezzotta
Quando andiamo in un posto c’è sempre un’immagine che rimane impressa dentro di noi, una visione, anche fugace, tutta nostra, che ci appartiene per pochi istanti.
La mia, in questo breve ma intenso soggiorno nell’Abbazia di San Pietro in Valle, splendida Residenza d’Epoca alle porte del piccolo borgo di Ferentillo in provincia di Terni, è il profilo notturno delle montagne, che si innalzano, maestose e silenti, nella valle Suppenga, territorio della Valnerina.
Le osservo dal bellissimo giardino panoramico, mentre con Nicola ci dirigiamo verso il ristorante, e faccio mio quel profilo, perfetto, che nell’oscurità al chiarore delle stelle prende forma, avvolgendo i miei pensieri. L’aria fredda, poi, mi fa desistere da osservarle ancora, meglio domani con il sole, eppure nel mio ricordo affiora con forza più di altri quel panorama, che, in una manciata di secondi, è penetrato nella mente. Ed è un panorama che non dovete lasciarvi sfuggire. Se di notte ti ammalia e ti incanta perché consente ai tuoi pensieri di vagare, di giorno ti cattura.
Ero già emozionato al solo pensiero di scoprire un altro luogo meraviglioso a me ancora sconosciuto come il Monte Cucco. Ci pensavo da giorni ormai: “come sarà tornare nelle profondità della Terra? Risulterà impegnativo? Cosa vedrò?” Dopo aver visitato una decina di volte le Grotte di Frasassi uno potrebbe pensare di averne abbastanza, che magari tutte le altre cavità in Italia o nel Mondo siano simili a quella, che vista una le hai viste tutte. Niente di più sbagliato.
Quando mi avventurai, insieme ai miei amici, con la visita speleologica percorso azzurro, alle Grotte di Frasassi, nel Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi (ne puoi leggere il racconto qui: Avventura speleologica alle Grotte di Frasassi: il percorso azzurro) l’emozione è stata forte perché era la prima volta che facevo lo “speleologo”. Non che fossi un vero e proprio speleologo! Quelli veri quando si avventurano nelle grotte non sanno dove queste porteranno, se magari dietro una strettoia ci sarà una camera enorme piena di concrezioni dalle variegate e bellissime forme o se quel rumore che sente in sottofondo sarà una alta e fragorosa cascata. Ma per un attimo, solo per il fatto di essermi vestito come loro, aver messo il caschetto con la torcia frontale e aver toccato con i miei scarponi il suolo della grotta, come fossi un astronauta del sottosuolo, mi sono sentito uno speleologo. In fondo spesso si comincia così ad amare una disciplina, a piccoli passi.
Sin da quando ero bambina, nelle belle e calde giornate d’estate, mia nonna mi portava su un monte, per fare una passeggiata nei boschi, per vedere da lassù tutta Spoleto, per dire una preghiera nel piccolo santuario. Ma non era un monte qualsiasi. Quei lecci secolari che attraversavamo cercando ghiande e piccoli ramoscelli, quei sentieri appena tracciati che percorrevamo per arrivare dalle pendici fino alla cima della montagna, erano stati attraversati nel corso del ‘200 da San Francesco d’Assisi che elesse questo luogo impervio e romito a santuario dove ritirarsi in solitudine in compagnia di un ristretto numero di frati.
Sant'Emiliano in Congiuntoli | Ph: Nicola Pezzotta
“Nel mondo nulla di grande è stato fatto senza passione” dice Friedrich Hegel nel 1833. E qui a Sant’Emiliano in Congiuntoli è accaduto proprio “qualcosa di grande”. La passione di un ragazzo, Alessandro Simonelli, è riuscita a far riaprire un’antica Abbazia da lungo tempo persa nell’oblio. Ogni giorno si fa in quattro per far conoscere il luogo, portare visitatori, raccontarne la sua storia millenaria, organizzare eventi di grande risonanza, che in qualche modo, anche solo per il tempo di un paio d’ore, hanno la capacità di ricreare l’atmosfera degli anni di antico splendore. Il tutto per un’infinita passione; per evitare che un gioiello come questo rimanesse nel dimenticatoio. Devo dire che lo sento molto vicino, perché crede nelle stesse cose a cui io credo. Anch’io come lui ho cominciato e continuo a fare quello che faccio per passione.