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E se la figura della Sibilla Appenninica non fosse solo una leggenda? Se i racconti che tutti conosciamo mostrassero solo una parte della verità? Se ci fosse molto di più dietro ad una delle storie più misteriose del centro Italia?
Un romanzo affascinante, quello di Enrico Tassetti, soprattutto per chi come me ama sognare. Non si è mai troppo grandi per farlo e i libri ci aiutano molto in questo. Se poi questi libri parlano di luoghi che conosciamo bene e che frequentiamo molto spesso il sogno si intreccia con la realtà e se non stai bene attento inizi a vedere negromanti che vagano tra la nebbia, persone incappucciate che ti scrutano dagli angoli bui di chiesette sperdute in mezzo alle montagne, oppure donne bellissime che con un solo sguardo ti trasmettono tutta la sapienza dell’universo.
Nel 1916, dopo diversi progetti, venne finalmente inaugurata la Metaurense, la linea ferroviaria che collegava Fano ad Urbino sul cui tracciato la cosiddetta Littorina conduceva i passeggeri nelle stazioni di Cucurano, Cartoceto Lucrezia, Saltara Calcinelli, Serrungarina-Tavernelle, Montefelcino-Isola del Piano, Fossombrone, Calmazzo, Canavaccio, Fermignano ed infine Urbino. Così fino al 1987, quando venne soppressa e mai più riaperta.
Mario: "Belle comme le Fate ma cò le zambe comme le capre".
Peppe: A sindì parlà de quesse t'è piaciuto eh? T'à fatto rengalluzzì. Sì sindìto? Quesse scopava come ricci, non c'era peccatu. Li peccati l'à misti dopo li preti. Quanno non c'era sse tonnecacce se putìa fa tutto.
Mentre lo leggevo per la prima volta non potevo smettere di ridere. Mi capita sempre quando sento parlare delle persone in dialetto e il modo in cui è stato realizzato questo libricino fa davvero immaginare due abitanti di Montefortino che ogni giorno si incontrano per parlare, nel loro modo folkoristico, della storia e dei problemi del paesino; oppure che lo fanno forse solo per farsi un "goccietto" in compagnia.
Lo ammetto, ho un debole per i racconti e le storie popolari. E questo lavoro di Antonio De Signoribus, “Segreti e storie popolari delle Marche”, rappresenta una vera e propria tentazione per la mia debolezza, con il suo piacevole fluire di storie ora popolate da streghe, ora da diavoli e fantasmi, ora da regine. Le pagine, affollate da misteriosi personaggi, spiriti tormentati, fate dai piedi caprini, antiche ritualità e pratiche magiche, sono una finestra appena aperta in un mondo, quello favolistico marchigiano, lontano dall’essere stato completamente scoperto. Un mondo capace di far sognare, divertire ed emozionare ancora oggi, perché, ammettiamolo, un po’ fanciulli lo restiamo sempre, anche quando non lo siamo più da tempo, anche se distratti dalle mille cose della vita quotidiana.
Attraversare la costa marchigiana da nord a sud in un viaggio solitario per scoprire, conoscere, esplorare il territorio. Nel suo ultimo libro Il Mare non ti parlerà. Un pellegrinaggio laico: la costa marchigiana dal San Bartolo alla Sentina attraverso il Conero (Aras Edizioni 2015), Massimo Conti, autore del romanzo Traversine edito nel 2011, racconta la sua impresa: percorrere a piedi l’intero litorale, partendo dalla località di Gabicce in provincia di Pesaro per arrivare alla Riserva Naturale della Sentina di Porto d’Ascoli.
Pietro Cipriani a cura della Società Operaia di Fermo 2010
Si sente spesso dire che il dialetto stia scomparendo, stia morendo: permettetemi di dissentire.
Il dialetto è il registro linguistico che si sceglie quotidianamente per parlare con gli amici, la famiglia. E’ lo strumento che meglio di altri esprime la cultura di un territorio. Il dialetto, i suoi accenti, le intonazioni e cadenze, si acquisiscono quasi per imprinting fin da piccoli. Molti gruppi hanno scelto di musicare testi dialettali. Il teatro poi costituisce il naturale e prolifico palcoscenico di molte opere in vernacolo. Anche il web è stato coinvolto da questa fase di riscatto dialettale.
La fortuna di nascere nelle Marche, soprattutto quando lo fai tra l'Adriatico e i Sibillini. Lo sa bene Giuseppe Di Modugno, autore di "Storie, leggende e altro sui Monti Sibillini", consapevole che la fortuna di nascere "in questa dolce ed aspra terra", come la definisce lui, sta nel fatto di amare sia il mare che i monti. Ma si sa, l'amore, poi, in una direzione deve andare e quella di Di Modugno si è diretta verso i monti azzurri.
"Se chiudo gli occhi" è la storia di un padre, scultore affermato ma uomo inaffidabile e incostante, e di una figlia rassegnata alla sua quotidianità priva di emozioni, che vive barricata dietro le sue piccole certezze. Il viaggio che li porta da Roma verso i Sibillini è lo scenario in cui si dipana il loro rapporto tramite numerosi flashback che a mano a mano ci portano a conoscerli a pieno mentre loro scoprono e riscoprono se stessi e le proprie radici.
Coldelce, Genga, Monteviole – Serra di Genga, Ripe
“Vidi per la prima volta la Pieve di Sant’Eracliano nel 1972. La prima sensazione fu di stupore e di ammirazione, perché mai mi sarei immaginato di vedere un edificio così imponente ed armonioso in un luogo tanto solitario”. Le impressioni di Leonardo Moretti, autore del libro “Castelli sospesi tra sogno e memoria. Coldelce, Genga, Monteviole – Serra di Genga, Ripe” (scomparso nel 2009), sono le stesse che proviamo nel leggere le descrizioni, restituite quasi sotto forma di racconti, di queste piccole realtà nella provincia di Pesaro. Il nostro stupore è nel costatare come, da una attenta lettura del territorio, si possa, attraverso una approfondita e rigorosa ricerca d’archivio, restituire l’identità di un luogo quando ben poco resta a rammentarci degli antichi insediamenti. Dove ora vediamo solo erbose o aspre colline sorgevano un tempo antichi castelli, piccoli borghi e nuclei abitativi del tutto scomparsi, salvo rare eccezioni come nel caso della Pieve di Sant’Eracliano a Coldelce, ricostruita nel 1840 e oggi in stato di abbandono. Un territorio spogliato del suo passato che rivive grazie alla lettura del materiale storico rintracciato dallo studioso, tra atti notarili, catasti e visite pastorali. Scopriamo così che a Coldelce, il cui nome deriva da Collis Ilicis, cioè Colle dell’elce per la presenza dell’omonima pianta nota anche con il nome di leccio, a 320 metri s.l.m., vi era nel XIV secolo un nucleo fortificato con varie abitazioni ed annessa casa comunale, e poco distante dal castello sorgeva la primitiva Pieve di Sant’Eracliano, di cui si hanno notizie sin dal 1069. Costituiva un piccolo centro alle dirette dipendenze della vicina Urbino, con un’economia prettamente agricola, basata su coltivazioni cerealicole, pastorizia e boschiva e che poteva contare nella seconda metà dell’Ottocento 254 abitanti. Oggi gran parte del territorio si presenta ricoperto da boschi.