Nel precedente articolo ho parlato delle rare neviere presenti nelle nostre montagne (Le neviere delle Marche). Sicuramente ne furono costruite molte altre, ma della maggior parte se ne sono perse le tracce poichè, abbandonate, sono andate distrutte o sono state utilizzate per altri scopi. La montagna era il luogo più idoneo per la costruzione di queste strutture, sia per le frequenti e abbondanti nevicate, sia per le basse temperature che permettevano di conservare il ghiaccio più a lungo.
Ma c’era un problema: il ghiaccio doveva essere trasportato.
D’estate, con le alte temperature, ci si poteva spostare al massimo a qualche decina di chilometri dalle neviere. Fu così che, a partire dal XV secolo si cominciarono a costruire delle strutture per lo stoccaggio anche a quote più basse. Queste venivano chiamate ghiacciaie, neviere o conserve (neare in dialetto). A possederle erano principalmente famiglie nobiliari all’interno dei loro palazzi o castelli, ed il loro utilizzo era esclusivamente ad uso privato. In seguito furono edificate anche neviere “comunali” che venivano amministrate direttamente dalle autorità cittadine o venivano date in gestione od in affitto. L’appaltatore, che ne gestiva la raccolta, la manutenzione e la distribuzione, doveva sottostare a rigidi regolamenti che stabilivano sia quali dovevano essere le caratteristiche igenico-sanitarie del ghiaccio, sia il prezzo a cui doveva essere venduto. Il prezzo era deciso in base alla qualità: più alto per il ghiaccio proveniente dalla montagna, più basso per quello “impuro” della pianura (ghiaccio nero).
Il ghiaccio è stato quindi per secoli un bene di lusso, utilizzato dalle famiglie nobiliari principalmente per la conservazione dei cibi e la cura di alcune patologie, ma anche, soprattutto nell’800, in cucina per la preparazione di sorbetti e gelati. Inizialmente le ghiacciaie vennero costruite all’interno degli edifici, mentre in seguito vennero posizionate all’esterno nei cortili o nei giardini. Come quelle presenti in montagna, anche quelle “cittadine” dovevano essere costruite in maniera tale da preservarne il contenuto fino ai mesi più caldi. Venivano perciò realizzate nelle parti più basse e fredde degli edifici o, se poste esternamente, semi-interrate ed in muratura.
Un esempio della tipica struttura di fine 800 si può vedere qui sotto relativa al progetto di una ghiacciaia che venne costruita a Potenza Picena nel 1893 su progetto dell’Ing. Giuseppe Pierandrei nella zona del parco della Rimembranza.
Nella parte superiore vi era la bocca di carico attraverso cui veniva gettata la neve, mentre nella parte laterale vi era la porta di accesso dove il “nevarolo” poteva entrare nella struttura per “lavorare” la neve e per recuperare i blocchi di ghiaccio quando ve ne era la necessità. La neve veniva pressata e suddivisa in più strati separati da uno strato isolante di paglia. Rispetto alle tradizionali neviere, questa non ha una forma a tronco di cono rovesciato, ma cilindrica, con una volta a cupola. Nella parte più bassa era presente un canale di scolo per far defluire l’acqua che si formava dallo scongelamento della neve. Alcune neviere avevano un sistema di valvole che permetteva la fuoriscita dell’acqua dall’interno ed evitava l’entrata dall’esterno di acqua contaminata. A volte erano anche dotate di complessi sistemi di areazione per eliminare l’aria umida, in quanto il vapore acqueo, a contatto con la superficie fredda del ghiaccio, condesa, cedendo calore e causando un scioglimento più veloce.
Al fine di isolare termicamente la struttura, spesso le pareti erano formate da un doppio strato di muratura e la zona di accesso era formato da più vani, chiusi da porte per evitare sbalzi termici. Spesso in questi vani di accesso si mettevano gli alimenti da conservare, oppure venivano appesi ad una trave posta direttamente all’interno della neviera.
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Ghiacciaia#mediaviewer/File:GhiacciaiadelMaestro.jpg Autore: Giuseppe Ghidorsi
Nel descrivere le varie neviere presenti nelle Marche, inizierei da quella situata all’interno del palazzo più famoso della nostra regione: il palazzo Ducale di Urbino. Fu costruita al di sotto del giardino pensile, in modo tale da potervi gettare, attaverso una botola che metteva in comunicazione le due aree, la neve che vi si accumulava.
Ha una forma ellittica e si restringe ad “imbuto” verso il fondo della struttura, ove era presente un sistema di drenaggio per far defluire l’acqua di scioglimento. Questa veniva raccolta in un’apposito locale adiacente dotato di un sistema di filtri per purificarla (ghiaia e carbone). Questi locali fanno parte di un più complesso sistema tecnologico di cisterne, pozzi, tubature e vasche di raccolta, che hanno reso il palazzo ducale di Urbino uno dei più significativi esempi di ingegneria idraulica del 400.
Sempre nella provincia di Pesaro Urbino vi sono altre due neviere ben conservate, una a Mercatello sul Metauro e l’altra a Tavullia.
Quella di Mercatello si trova lungo le mura cittadine vicino alla Porta Metauro ed al ponte romanico. Faceva parte di una Rocca duecentesca, di cui la sola traccia rimasta è proprio la neviera. Ha una struttura cilindrica, con una serie di scalini in arenaria che sporgono direttamente dalla muratura. L’acqua di scioglimento defluiva direttamente nel sottostante fiume Metauro.
Anche la neviera di Tavullia si trova lungo le mura del piccolo borgo. Il cartello informativo posto all’entrata della città, illustra lo spaccato della struttura: si può notare l’apertura dedicata al carico, il vano di accesso frontale e la camera di accumulo di sezione circolare rastremata verso il basso.
Molto interessante è la trascrizione, riportata sullo stesso cartello, di un atto della giunta del giugno del 1900 in cui si spiega molto bene come era gestita e chi poteva avere accesso al “prodotto”:
{xtypo_quote}….a chiunque ne abbia bisogno la neve potrà essere venduta al seguente prezzo: centesimi 5 al Kg. Per uso di malattia costatata da certificato sanitario e in qualunque ora del giorno, centesimi 15 il Kg. Per altri usi solo alle 5”. Il custode esigeva la più scrupolosa nettezza dei “pannillini” in cui i generi alimentari dovevano essere avvolti. L’apertura era prevista una sola volta al giorno alle 5 antimeridiane e la chiave era depositata in Segreteria. Chi vuole depositare carne, pesce o altro, dovrà pagare anticipatamente 15 centesimi al giorno. Per chi deve introdurre dopo le 5, sarà riaperta non prima delle 8 antimeridiane, previo il pagamento di altri 5 centesimi.{/xtypo_quote}
Un’altra neviera coservata molto bene si trova nel bellissimo Castello Pallota di Caldarola. Come nel palazzo Ducale di Urbino, anche in questo caso la neviera si trova sotto il giardino del palazzo. La forma assomiglia più a quella di un pozzo che a quella di una vera e propia neviera, essendo larga non più di 2,5 metri e profonda 12. Ad un livello posto poco sotto l’imboccatura, vi è la zona di accesso da dove si potevano calare le provviste da conservare.
Molto particolare è la forma architettonica della volta della zona di carico, come si può vedere dalla foto.
All’inizio del 1800, in tutta Europa, i nobili cominciarono a costruire le neviere anche nelle ville e nelle residenze di campagna e le loro strutture presero spesso forme molto fantasiose e bizzare. Possedere una neviera divenne sinonimo di raffinatezza e poter intrattenere gli ospiti nel periodo estivo con bibite rinfrescanti o con sorbetti e gelati, un vanto.
Anche i nobili marchigiani si adeguarono a questa moda: neviere erano presenti nella Villa Lauri e nella Villa Pianesi a Macerata, ad Urbisaglia nel palazzo dei Bandini all’Abbadia di Fiastra, a Villa Quiete a Montecassiano, nella Villa Carradori a Filottrano, a Senigallia a Villa Mastai de Bellegarde e così in molte altre ancora.
{xtypo_rounded2}Singolare era l’utilizzazione che ne veniva fatta nella “Casa Corradetti” a Castignano in provincia di Ascoli Piceno. In questo edificio si allevavano bachi da seta e si sfruttava la neve per mantenere bassa e costante la temperatura in modo tale da non far schiudere le uova dei bachi stessi.{/xtypo_rounded2}
Come detto in precedenza, l’attività economica legata all’uso della neve e del ghiaccio raggiunse il massimo sviluppo fra il XVII e il XVIII e, da prodotto di lusso destinato solo ad una ristretta classe di utilizzatori, divenne poi fondamentale per quelle categorie di commercianti, come macellai e pescivendoli, che ne richiedevano in abbondanza per ovvie necessità di conservazione dei loro prodotti.
Lungo la costa adriatica, nelle città dove erano presenti i mercati ittici, furono edificate molte neviere (in queste zone venivano chiamate anche conserve). Ve ne erano a Fano, a Porto Recanati, a Senigallia, a Civitanova Marche e a San Benedetto del Tronto. Per un prodotto come il pesce che, come è noto, tende a degradarsi molto rapidamente, la refrigerazione mediante ghiaccio era necessaria anche per permettere ai pescivendoli di trasportare i loro prodotti nei paesi e nelle città limitrofe.
Nel sito del comune di Senigallia è possibile leggere un interessante testo intitolato “Il Clima raccontato da un cronista senigalliese del settecento” in cui si fa riferimento anche all’uso delle neviere della città:
1729 | La prima notizia meteo dell’anno è la nevicata del 9 marzo, benvenuta per riempirne le neviere: Questa notte hà fatto una gran neve, quale hà durato quasi fino a terza. Quasi ugualmente vi è una buona scarpa di neve. Con questa neve, benché di marzo, si riempiranno molte conserve, et io voglio riempir la nostra del fiume.
1754 | Dalle “memorie Mastai” : abbiamo in questo mese di marzo avuto dei gran venti impetuosi, acque gagliarde con inondazione e della gran neve, e chi ha volsuto riempire le conserve ànno avuto ben il modo di farlo nei giorni di dieci undeci e dodeci”. ( qui )
Il ghiaccio era molto usato e richiesto anche dagli ospedali che lo utilizzavano per la cura di diverse patologie.
A Macerata l’attuale complesso di edifici che ospita l’Asur fu costruito a partire dal 1863 ed ospitava l’ospedale neuropsichiatrico della città. Nella parte esterna che costeggia Viale Indipendenza fu edificata, ad uso dell’ospedale, una neviera ancora visibile. In seguito al crollo della volta d’ingresso, l’accesso è stata murato.
A partire dalla seconda metà del XIX secolo in alcune città, sopratturro lungo la costa, cominciarono a comparire le prime fabbriche del ghiaccio. Il commercio di quello prodotto nelle neviere entrò quindi in competizione con il prodotto artificiale, che lentamente prese il sopravvento. Nel volantino pubblicitario sottostante, risalente al 1899, della fabbrica Banti & Torrigiani di Fano, si può notare come i produttori ne esaltavano la qualità e la salubrità rispetto al ghiaccio naturale:
{xtypo_quote}FABBRICA DI GHIACCIO eminentemente cristallino – Saranno così evitati i gravi inconvenienti delle passate stagioni estive, durante le quali l’economia domestica era costretta a servirsi di ghiaccio naturale infetto ed a caro prezzo.{/xtypo_quote}
Fonte: http://www.lavalledelmetauro.it/contenuti/carnevale-feste-tradizioni-lavoro/scheda/9700.htm
Fonte: http://www.lavalledelmetauro.it/contenuti/carnevale-feste-tradizioni-lavoro/scheda/9700.htm
Una breve polemica: nel corso della piccola ricerca che ho effettuato per reperire qualche informazione, ho potuto notare come queste strutture siano poco valorizzate.
Le neviere presenti lungo la costa sono andate tutte distrutte; ve ne era una a Porto Recanati (La neviera di porto Recanati di Simone Monti), ma il centro studi portorecanatese mi ha riferito che nell’area dove sorgeva è stato costruito un nuovo palazzo.
A Macerata la neviera dell’ospedale psichiatrico cade a pezzi ed è circondata di rifiuti. Avrei voluto visitare quella di Villa Lauri, ma tutta la villa cade a pezzi.
La neviera di Potenza Picena dovrebbe essere ancora presente, ma non sono riuscito a trovarla, e chiedendo informazioni, nessuno ne conosce l’esistenza.
Meglio conservate e valorizzate sono quelle della provincia di Pesaro Urbino.
Così invece si fa nella vicina Romagna:
http://www.geometriefluide.com/pagina.asp?cat=arte-luoghimonum-cesenatico-tur&prod=piazzettaconserve-cesenatico-arteluomonum-tur
Bibliografia:
Aterini B., Le ghiacciaie: strutture dimenticate, Alinea Editrice, 2008
Centro di studi storici maceratesi, Atti del XXIX Convegno di studi maceratesi: Porto Recanati, 13-14 novembre 1993
Grandi A., Il fresco benessere
Il consumo di ghiaccio e neve in Europa dal XV al XIX secolo (Università di Parma)