Alta Via delle Marche: diario di viaggio. Quarta ed ultima settimana

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Il team dell’Alta Via delle Marche al completo: Nicola Pezzotta, Luca Marcantonelli, Ruben Marucci, Fabiola Cogliandro, Elisa Romanelli e Lucia Paciaroni

E’ arrivata. Questa è la quarta ed ultima settimana del progetto “Alta Via delle Marche – Racconti dall’Appennino”. Descrivere questa esperienza, che sta per giungere al termine, significa parlare di allegria, di risate, di amicizia, ma anche di sudore, crisi e sconforto. Come in tutte le esperienze, anche noi, abbiamo dovuto affrontare situazioni difficili, ma siamo riusciti a trarre un insegnamento positivo anche da queste. 

Saluteremo questa Alta Via delle Marche (ma è solo un arrivederci!) con la consapevolezza che, a tutti noi, ha dato qualcosa di molto importante, che non dimenticheremo mai e che conserviamo dentro di noi. Ci ha dato un ricordo felice. 

Prima di salutarla, però, dobbiamo attraversare nuovi sentieri e cime. Questa settimana cammineremo per molti chilometri in un Parco Nazionale che conosciamo molto bene, quello dei Sibillini, e arriveremo nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Per la prima volta a raccontare sarà anche la nostra amica Elisa, di cui tante volte avete letto negli appunti di viaggio degli altri ragazzi dell’Alta Via delle Marche.

LEGGI ANCHE -> Progetto “Alta Via delle Marche – Racconti dall’Appennino” 

LEGGI ANCHE LE PUNTANTE PRECEDENTI -> “Alta Via delle Marche: diario di viaggio. Prima settimana”, “Alta Via delle Marche: diario di viaggio. Seconda settimana” e “Alta Via delle Marche: diario di viaggio. Terza settimana”.

Giorno 22 | Dal Rifugio del Fargno (MC) a Frontignano (MC) 27 giugno 2015 – racconta Ruben

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Forcella del Fargno, sabato mattina, svegliarsi nel rifugio più “alto” delle Marche regala sempre belle suggestioni. Fuori il cielo è luminoso ed azzurro. Questa mattina ci faranno compagnia anche altre sostenitrici dell’Alta Via: Giada, Gioia e sua mamma. Foto di rito con Andrea che gestisce con competenza e passione il rifugio. La “nostra” bandiera sventola alta sostenuta dal vento dei Sibillini e via, si parte per un’altra splendida tappa. Scendiamo dolcemente verso la valle di Panico per poi risalire lungo l’affilata Forca della Cervara.

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Raggiungiamo il Monte Bove sud dove orrendi mostri (impianti di risalita in disuso) rovinano questo angolo di paradiso, ma basta girare lo sguardo e ammiriamo le splendide cime che ci fanno da contorno. Questa è zona di camosci, reintrodotti da qualche anno dal Parco dei Sibillini attraverso un importante progetto naturalistico di ripopolamento.

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Arriviamo sotto la Val di Bove e, poco dopo, eccoci alla meta della nostra giornata: l’Hotel Felycita di Frontignano, dove la signora Franca ci accoglie con entusiasmo. A questo punto non poteva mancare la “birretta” di fine tappa per i brindisi e i saluti. Orsola e Lucia, instancabili camminatrici, che ci hanno accompagnato in questa tappa ci devono lasciare per rientrare a casa.

In serata Luca ed io ci rifocilliamo di gusto al ristorante del Felycita, a seguire una bella chiacchierata e (un) bicchierino con dei motociclisti toscani, in vacanza da queste parti. Poi si va a nanna, domani ci aspetta un bel tapppone.

Giorno 23 | Da Frontignano (MC) al Rifugio Sibilla (AP) 28 giugno 2015 – racconta Ruben 

Al mattino, sveglia presto (neanche troppo). Colazione, foto di rito con tutto il simpatico staff dell’Hotel Felycita, zaini in spalla e si parte: oggi ci sarà da “trottare”.

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L’incontro con Lorenzo Trucchia

Lungo il percorso incontriamo Lorenzo Trucchia, appassionato “esploratore” dei Sibillini, che ci riconosce dalla bandiera e si ferma a fare due chiacchiere con noi. Ripartiamo e ci imbattiamo in un allegro gruppo di “Semper Scout” di Castiglione del Lago (PG).

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Il gruppo “Semper Scout” di Castiglione del Lago (PG)

Saranno una trentina, si sono ritrovati qui dopo 35 anni dall’ultima escursione insieme. Una gran bella reunion, gente allegra e con voglia di chiacchierare. Facciamo un po’ di strada insieme e a Passo Cattivo ci facciamo una foto ricordo. Apparecchiano porchetta e vino… Noi purtroppo dobbiamo proseguire perché la strada di oggi è lunga. Arriviamo fin sotto al Monte Porche e da lontano ammiriamo Castelluccio e il Pian Grande. La fioritura non è ancora nel suo vivo tuttavia da quassù si nota una gran fioritura di automobili… .

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L’itinerario sarebbe dovuto proseguire per il sentiero del Ramatico, ma, visto che ci è stato sconsigliato perché è davvero nascosto e mal messo e il tempo sta cambiando, decidiamo di arrivare al Rifugio Sibilla per la strada che ci è nota. Ripida ascesa al Monte Porche e da qui inizia una splendida cavalcata in cresta che ci porterà fino a Cima Vallelunga. Scendiamo fino ad incrociare la famosa Z, una strada che negli anni Sessanta ha sfregiato il versante Sud del Monte Sibilla.

Scampiamo ai nuvoloni e al temporale e arriviamo alla nostra meta, il Rifugio Sibilla.

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Al rifugio si respira aria dell’est Europa, oggi meta di giovani pastori albanesi e macedoni, che lavorano quassù. Si chiacchiera, si beve birra e intanto musica rap in lingua shipitara risuona nell’aria.

A malincuore devo rientrare a casa, saluto Luca e Lucia che prenderà il mio posto.

Giorno 24 | Dal Rifugio Sibilla (AP) a Castelluccio di Norcia (PG) 29 giugno 2015 – racconta Lucia

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In partenza dal Rifugio Sibilla

Eccomi di nuovo qua. In questa Alta Via delle Marche sono arrivata, andata e tornata. Più e più volte. Ieri sera Nicola è venuto a prendermi a Macerata, dove vivo, per riportarmi tra le mie amate montagne e per affrontare una nuova tappa, la mia preferita: dal Rifugio Sibilla a Castelluccio di Norcia.

Quella di oggi è la tappa che preferisco per diverse ragioni: il fascino e la curiosità che il Monte Sibilla ha sempre suscitato in me, con le sue tante storie e leggende, il panorama di cui si gode da questo rifugio, lo spettacolo che si può ammirare da lassù, quando arriveremo in cresta e scavalcaremo il Monte Sibilla, percorreremo Cima Vallelunga, toccheremo la cima del Porche per poi scendere verso Palazzo Borghese. Poi ci aspetta la Strada Imperiale che ci porterà fino a Castelluccio, dove scopriremo lo stato della fioritura, anche se immaginiamo sia ancora presto.

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Oggi è una bella giornata, sono impaziente di mettermi in cammino e di raggiungere la Sibilla, di rivedere l’ingresso della grotta e di respirare quell’aria magica e misteriosa che avvolge il monte. Luca ed io, dopo la foto di rito con i gestori del rifugio, siamo pronti per partire. Il mio entusiasmo viene smorzato poco dopo, il mio stomaco mi lancia dei segnali: il succo al pompelmo proprio non dovevo berlo. Siamo costretti a fermarci, ma la cosa non ci dispiace più di tanto.

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Verso la Sibilla

Dal punto dove siamo arrivati vediamo, davanti a noi, la corona della Sibilla e la Gola dell’Infernaccio. Il cielo ci regala un azzurro deciso che mette di buon umore.

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Sul Monte Sibilla

Superato l’allarme “pompelmo” con passo deciso e costante raggiungiamo la grotta della Sibilla e, poco dopo, la cima. Qui facciamo una breve pausa per goderci la prima conquista di oggi e ammirare il paesaggio. Ma i chilometri da percorrere sono ancora tanti, non possiamo rilassarci troppo. Ripartiamo e ci godiamo questa bellissima escursione in cresta, dove, al nostro fianco, ci accompagna sempre la valle del Lago di Pilato. Fra due giorni saremo anche là. 

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La Sibilla alle spalle

E’ una bellissima emozione percorrere Cima Vallelunga e arrivare in cima al Porche da dove scorgiamo Castelluccio. Proprio sotto al Monte Porche decidiamo di fermarci per pranzo e godiamo della vista della piana di Castelluccio, dove si intravedono i colori dei fiori, anche se la fioritura non è ancora nel pieno del suo splendore. Già con il pensiero sono laggiù, quando domani faremo una giornata di sosta, e potrò vedere e fotografare da vicino i tanti colori dei campi. 

Ci accorgiamo che abbiamo avuto un passo sostenuto, è ancora presto, ma decidiamo lo stesso di rimetterci presto in cammino e raggiungere Castelluccio per rilassarci in qualche locale del centro. Salutiamo Palazzo Borghese, dove incontriamo diverse persone impegnate nel fotografare i fiori e ci avviamo verso la Strada Imperiale. 

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Silenzio e parole alternano il nostro cammino. Camminare è sicuramente il modo migliore per conoscere una persona. Il cammino non mente: il cammino lascia trapelare la stanchezza, la gioia, la difficoltà, la tenacia. Mentre cammino penso agli amici con cui ho camminato questo mese, penso che sono rimasti pochi passi per la fine del nostro progetto, ma che sicuramente ce ne saranno altri in futuro, perchè questa esperienza ha rafforzato rapporti e ne ha creato di nuovi. 

Un passo dopo l’altro siamo arrivati alla piana di Castelluccio, completamente ignari che la vera difficoltà deve ancora arrivare: a sfiancarci, infatti, sarà la salita, quella sull’asfalto, con il caldo delle 15, che ci aspetta per raggiungere il paese. Come dice il nostro amico Ruben “Forza nelle gambe e coraggio!”, e così, ripetendo questo motto, raggiungiamo finalmente la nostra meta. Ed ora ci siamo proprio meritati una birra fresca!

Questa notte Luca dormirà all’agriturismo Monte Veletta, io sono costretta a rientrare a Macerata perchè a casa mi aspetta il mio cane, Lilli, che domani si sveglierà presto e tornerà con me a Castelluccio per godere di una lunga giornata di sosta.

Giorno 25 | Sosta a Castelluccio di Norcia (PG) 30 giugno 2015 – racconta Lucia

Una musica. Sento una musica forte vicino al mio orecchio. Non capisco. Non so nemmeno se sto dormendo ancora. E’ la sveglia, sono le 6:45, e il mio corpo mi implora di rimanere a letto. Anche Lilli non è molto contenta, per lei è molto presto. Dobbiamo alzarci e tornare a Castelluccio, oggi trascorreremo tutta la giornata lì con Luca e, in serata, arriveranno anche Elisa e Ruben. 

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Lilli ed io riusciamo a prepararci in fretta e a metterci in macchina. Anche oggi è una bellissima giornata e vedremo il secondo agriturismo che ci ospita in questo progetto, il Sentiero delle Fate. L’agriturismo non dispone solo di camera spaziose ed accoglienti nel centro del paese, ma anche di una bottega, lungo la discesa che porta a Pian Grande, dove è possibile acquistare prodotti di produzione propria. Accanto alla bottega e all’azienda, c’è l’agriturismo dove queste prelibatezze possono essere anche gustate. 

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Dopo aver lasciato gli zaini in camera, Luca ed io ci dirigiamo alla piana per poter immortalare i tanti colori dei famosi fiori di Castelluccio. Come avevamo già visto ieri, per la fioritura è ancora presto, ma questo luogo, in qualsiasi momento lo si viene a vedere, suscita sempre grande fascino. Poco dopo torniamo in paese perchè abbiamo visite: in sella alla sua moto ecco Patrizia, del b&b La casa dell’ortigiana, che ci ha ospitati la scorsa settimana. 

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L’agriturismo Il Sentiero delle Fate

Patrizia ed io ci vediamo per la prima volta, ma Luca e Ruben mi avevano parlato di lei, della sua disponibilità e allegria. E’ proprio così, parlare con Patrizia vuol dire parlare con una persona che ti sembra di conoscere da sempre, solare e accogliente. Verso l’ora di pranzo ci salutiamo, con la promessa di rivederci (e così sarà). Luca ed io decidiamo di pranzare all’agriturismo “Il sentiero delle fate”, dove assaggiamo i prodotti dell’azienda. Un menù delizioso, ma una menzione speciale la devo dedicare alla ricotta. Una meraviglia per il palato.

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Luca con Mario de “Il sentiero delle fate”

Ci accoglie Mario, che, dopo pranzo, fa visitare l’azienda a Luca e racconta che in realtà lui è un professore di matematica, e, una volta arrivato in Italia, non sapeva assolutamente fare il formaggio, ma con pazienza e dedizione ha imparato qui il mestiere ed ora è la sua arte.

Continuiamo la giornata vagando per le vie di Castelluccio, percorse tante volte, ma che non stancano mai. C’è sempre un nuovo scorcio, un nuovo angolo, o semplicemente, c’è qualcosa di nuovo in te stesso che ti fa vedere le cose da un nuovo punto di vista. L’ora di cena si sta avvicinando ed ecco arrivare i nostri amici Elisa e Ruben. Toccherà ad Elisa accompagnare Luca domani in una tappa impegnativa, quella da Castelluccio a Forca di Presta. 

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Ceniamo tutti insieme in una taverna del centro con Lilli che ci guarda da sotto al tavolo, sperando che qualche boccone sfugga dalle mani di uno di noi. E’ calata la notte, il tappeto di stelle sopra queste montagne ci lascia senza parole, rimaniamo fuori a contemplarlo, prima di andare tutti a dormire. Domani è il 1 luglio, mancano solo tre giorni alla fine di questa avventura. La nostalgia inizia già a farsi sentire, e sarà sempre più forte.

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Giorno 26 | Da Castelluccio di Norcia (PG) a Forca di Presta 1 luglio 2015 – racconta Elisa

Mentre la macchina ieri si avvicinava a Castelluccio iniziavo a farmi un’idea della tappa di oggi, quando sarò in alto, sulle cime che abbracciano la piana pronta a scoppiare di colore. Ruben stavolta è stato il mio traghettatore.

Abbiamo raggiunto Luca nel suo giorno di riposo. Ultimi aggiornamenti, ottima cena, passeggiata notturna per le vie del paesino in versione estiva, poi a dormire. Sveglia alle 7, fuori è già caldo e luminoso. Ci procuriamo degli ottimi panini e siamo pronti per l’ascesa.

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Elisa e Luca pronti per la partenza

Camminare con Luca è molto naturale. Si parla, si sta zitti, ci si ferma, si riparte, senza bisogno di spiegazioni. Il panorama è incredibile, il dislivello quasi non si sente, il sentiero disseminato di miriadi di fiorellini di ogni colore. Saliamo e scendiamo fino a scoprire improvvisamente i Laghi di Pilato di un blu intenso, ancora in parte ghiacciati.

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Sull’altro versante invece i primi accenni di giallo del Pian Grande. Raggiungiamo la cima del Redentore, la più alta di oggi, una vista impensabile. Uno dei migliori pranzi della mia vita! Scatto una foto, e le affido la mia meraviglia. E via si va, direzione Rifugio degli alpini a Forca di Presta.

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La discesa, per me talvolta piccolo tasto dolente, è invece tranquilla. In poco tempo possiamo già vedere la nostra meta e sognare la birra-ricompensa. All’arrivo al Rifugio ci accolgono a sorpresa Nicola ed un suo amico a cui raccontiamo la nostra giornata riscaldati dalla luce del tramonto.

Durante la cena facciamo la conoscenza di un gruppo di socievolissimi amatori di modellini di aerei radiocomandati venuti appositamente dal Veneto per il vento che c’è qui. Ai numerosi brindisi prende parte anche Gino, che da anni gestisce con passione il rifugio.

Domani lasceremo i Sibillini e faremo il nostro ingresso nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.

 Giorno 27 | Da Forca di Presta (AP) ad Arquata del Tronto (AP) 2 luglio 2015 – racconta Elisa

Quando si dice non cantar vittoria troppo presto…

Prima di coricarci, ieri, con Luca abbiamo consultato le mappe e ci siamo preparati mentalmente ad una tappa di passaggio, breve e tutta in discesa. Ma gli imprevisti sono, spesso, in agguato.

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Elisa con Gino del Rifugio degli Alpini

Al risveglio, infatti, il mio compagno di cammino si accorge di aver lasciato i documenti al B&B di Castelluccio di Norcia. Subito si mette alla ricerca di un passaggio. Un ospite del rifugio si offre gentilmente di accompagnarlo indietro per recuperare la carta d’identità, e già che c’era, comprare della ricotta fresca per allietare il percorso. Poi saremmo stati davvero pronti a partire.

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Così ci avviamo senza fretta, e con la nostra ricottina in serbo.

Nei prati verdissimi trovare il sentiero non è sempre facile, l’erba è alta e le vie percorribili varie. A vista, sotto di noi, Arquata ci attende già. Iniziamo la discesa nel bosco e ben presto, durante la pausa spuntino, veniamo attaccati da fastidiose bestioline che poi riconosceremo essere le ostinatissime mosche cavalline: mosconi dorati che si appiccicano con tutta la loro forza alla pelle, difficilissimi da scacciare… .

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Come in una comica di ambientazione montana, iniziamo a correre, in discesa, nel bosco, con in mano ricotta e cucchiaini. Una volta sfuggiti all’orda di insetti rallentiamo e ci troviamo catapultati in uno scenario diverso. La vegetazione è più lussureggiante ed aspra. Qua e là grandi rocce arenarie: siamo senza dubbio nel territorio dei Monti della Laga. E’ quasi l’ora di pranzo e la Rocca che fa capolino tra gli alberi ci fa capire che siamo già arrivati a destinazione. Arquata del Tronto è un paesino alto, affascinante, semi abbandonato, nulla di aperto. Anche “La Casa dei due Parchi”, dove verremo ospitati per la notte, aprirà solo dopo le 17. Non ci resta che scendere sulla via Salaria, verso Trisungo, a riposare e far trascorrere la controra. L’arrivo a “La casa dei due parchi” è una specie di miraggio. Un edificio, ex ospedale di guerra, ristrutturato e molto molto confortevole, dove si svolgono anche campi estivi e attività didattiche naturalistiche. Attenderemo qui gli altri viandanti: Fabiola, Lucia e Ruben stanno arrivando.

Domani sarà l’ultimo giorno di cammino. Domani l’Alta Via finisce.

Giorno 28 | Da Arquata del Tronto (AP) ad Umito (AP) 3 luglio 2015 – racconta Lucia

Questo giorno è arrivato. Oggi l’Alta Via delle Marche finisce. Fabiola ed io siamo arrivate ieri sera, dopo una lunga indecisione su quale tragitto fare per raggiungere Arquata del Tronto da Macerata, autostrada o non autostrada? A noi piacciono i boschi, i colori della natura, un po’ meno i tornanti, ma alla fine decidiamo di fare la strada interna. Ci sembrava di non arrivare mai, ma, paesino dopo paesino, riconosciamo la strada descritta da Elisa: ecco la Casa dei due Parchi, dove abbiamo trascorso la notte.

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Pronti per l’ultima tappa!

Oggi siamo (quasi) tutti qui, il team dell’Alta Via delle Marche: i miei amici del blog Con in faccia un po’ di sole, Fabiola e Luca, e i nuovi amici dell’associazione Radici senza Terra, Elisa e Ruben. Manca Nicola, che ci raggiungerà stasera, quando arriveremo alla meta finale, perchè, come avete già letto, uno spiacevole incidente gli ha impedito di continuare il cammino, ma ci è stato sempre di supporto occupandosi di altri aspetti del progetto in queste settimane. 

Siamo molto emozionati oggi, in particolare Luca, che ha fatto praticamente tutte le tappe e questa sera potrà baciare il terreno e salutarlo con un “arrivederci”, con la certezza che domani mattina non dovrà riallacciare gli scarponi. 

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Partiamo da Spelonga, dove chiediamo subito indicazioni ad un anziano del posto, seduto su una panchina, vicino alla Chiesa di Sant’Agata, edificata nella seconda metà del 1400. L’edificio religioso è noto perchè al suo interno è custodita la bandiera da combattimento con stemma musulmano che fu strappata nella Battaglia di Lepanto ad una nave turca nel 1571 dagli spelongani. La bandiera è custodita in una teca di vetro, posta sulla sinistra dell’altare maggiore realizzato nel 1631 in legno di noce intagliato. 

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Ora siamo pronti. Possiamo partire per la tappa 28, la nostra ultima tappa, che ci porterà ad Umito, in provincia di Ascoli Piceno. Imbocchiamo la via che l’anziano signore ci ha indicato, ma rallentiamo subito il passo perchè notiamo tanti e diversi simboli sulle abitazioni. Ci soffermiamo ad osservarli, ripartiamo, ma ci fermiamo di nuovo. Incontriamo una signora con due maremmani e ci racconta che uno dei suoi cani è stato attaccato dai cinghiali, ma fortunamente è stato salvato dalle cure del veterinario. E’ proprio uno dei cani che stiamo accarezzando. Salutiamo la signora e ci avviamo verso il bosco.

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Lucia, Elisa e Fabiola controllano la cartina…

Il primo tratto della nostra tappa è costituito da tornanti su una strada di breccia. La nostra prima meta è il Monte Comunitore, lo raggiungiamo senza difficoltà, guardandoci spesso indietro ripensando ai tanti chilometri percorsi. Subito dopo ci inoltriamo nella bellissima faggeta del Cugnolo, dove facciamo un incontro speciale: un gruppo di raccoglitori di funghi che ci mostrano il bottino della mattinata e ci offrono ottimo vino e gustosi affettati e formaggi. E non solo, ci fanno mangiare anche le crespelle. Ci fermiamo a mangiare, raccontiamo del nostro progetto e chiediamo informazioni sulla zona. Ci parlano molto di Spelonga e della famosa festa, la Festa Bella, che si svolge ogni tre anni.

Si tratta di una rievocazione storica e folkloristica della Battaglia di Lepanto. Si svolge all’inizio del mese di agosto e vede un gruppo di 148 uomini, tanti quanti furono gli spelongani che parteciparono alla battaglia, recarsi nei boschi dei Monti della Laga per tagliare un albero lungo 25 – 30 metri. L’albero, una volta ripulito di tutti i rami, viene preparato per essere trasportato a valle dopo tre giorni. In quei tre giorni in paese si preparano e si sistemano gli addobbi per la festa. Guidati da un capogruppo tutti gli uomini si dispongono a coppie intorno al fusto, vengono fissate le “crucche”(in italiano crocco o incino di ferro) e inserite in un anello di ferro dove si infila una corda corta legata ad una“stanghetta” (un paletto di legno posto di traverso rispetto all’albero). Al grido ritmato di “Oh Forza” del caposquadra il tronco viene trasportato a valle con le sole forze delle loro braccia. Il terzo giorno, che in genere è quasi sempre domenica, al consueto suono delle campane, l’albero fa il suo ingresso trionfale in paese e con il solo ausilio di funi, scale e braccia viene issato al centro della piazza antistante la Chiesa di Sant’Agata e sulla sua sommità issata una copia della bandiera turca (il cui originale come abbiamo detto è conservato all’interno della Chiesa di Sant’Agata). Tutt’intorno viene allestita la sagoma di una galea, ovvero una nave fatta con legno e rami di abete che per tutto il mese di Agosto e fino alla prima domenica di Ottobre ricorderà lo storico evento.” (da www.sibilliniweb.it). 

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Foto di gruppo con i raccoglitori di funghi

Siamo affascinati dai loro racconti, ma dobbiamo rimetterci in cammino. Dobbiamo raggiungere la Macera della Morte, anche di questa abbiamo ascoltato tante storie. Prima di raggiungerla, la montagna ci regala un bellissimo spettacolo: un branco di cinghiali. 

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Il cippo “Il Termine”

Ora siamo arrivati al cippo di confine tra Marche, Abruzzo e Lazio, dal nome “Il Termine”. Ci facciamo velocemente una foto di gruppo perchè davanti a noi c’è un branco di mucche che ci sta guardando veramente male. Poco dopo arriviamo alla Cima Fonteguidone, dove ci fermiamo a pranzare e a ricordare i giorni passati. Scherziamo su cosa farà Luca non appena arrivato ad Umito, quando realizzerà che le tappe sono finite! 

Proseguiamo il nostro cammino e raggiungiamo il Monte Cesarotta, da qui prendiamo uno stradone di breccia che sappiamo ci condurrà ad Umito. Ma tornante dopo tornante, iniziamo a chiederci quando ci condurrà ad Umito. Questa strada non finisce più, sembra di stare sempre nello stesso punto. La stanchezza inizia a farsi sentire, immaginiamo la cena di questa sera, che faremo insieme a Nicola e ad un altro nostro amico, Pasqualino. Ma i tornanti continuano, all’infinito.

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L’arrivo di Luca ad Umito

Finalmente vediamo delle abitazioni: sono le case di Umito! Umito è un piccolissimo paese che ha conosciuto la sofferenza della seconda guerra mondiale. Il paese è stato protagonista della resistenza dei partigiani italiani e slavi, culminata nel 1944 con l’eccidio di Pozza ed Umito. A metà strada fra le due frazioni si trova il cimitero dedicato alle vittime. 

Si, siamo proprio ad Umito. Eccolo là il fungo che si trova all’ingresso del paese e che sapevamo di trovare. Scattiamo una foto. L’Alta Via finisce qui. Abbiamo completato le nostre tappe, siamo arrivati al traguardo, e ora non ci resta che raggiungere Nicola e Pasqualino al ristorante Laga Nord. Qui gustiamo una cena fantastica e i titolari ci mostrano la struttura, la collezione dei vecchi utensili ed oggetti e ci raccontano tante cose del territorio.

E’ l’ora dei saluti. Dentro di me si mescolano tante sensazioni, tanti ricordi e tante emozioni. Tutte insieme formano una tavolozza di colori. Ho dentro nostalgia con pennellate di felicità, felicità con una punta di nostalgia. Si torna a casa, ma non sono più quella di prima. Non sono quella ragazza che è partita il 13 giugno con tanti pensieri aggrovigliati ed intrecciati dentro me stessa. Ora sono libera. Ora so che il tempo per se stessi, il tempo libero, il tempo speso per le passioni non significa prendersi una pausa, non significa non fare niente, non significa perdere tempo, ma vuol dire semplicemente che stai vivendo. E del vivere fa parte anche questo tempo, anzi è il più prezioso. Imparare a vivere così è stata la mia più grande conquista. 

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