Terra di passaggio e di confine. Culla di civiltà. Luoghi di prosperità, ma anche teatro di cruenti battaglie. Luoghi di morte e di rinascita. Tutto questo sono i “Piani di Colfiorito”.
Parco Regionale delle Paludi di Colfiorito | Ph: Nicola Pezzotta
Ci troviamo al confine tra le Marche e l’Umbria: una parte è sotto il comune di Serravalle di Chienti (Marche) e l’altra sotto il comune di Foligno (Umbria). Quella che oggi possiamo ammirare è una bellissima serie di altopiani di circa 9.000 ettari complessivi, in parte coltivati, che durante la stagione primaverile si trasforma in una distesa infinita di colori. Non è altro che lo sbocciare dei fiori che tappezzano i campi coltivati e non. Anche per questo motivo è detta la piccola “Castelluccio” (da Castelluccio di Norcia, località molto più nota, situata nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini).
Come per Castelluccio di Norcia, anche qui ci troviamo in “montagna”. Infatti gli altopiani si trovano a quota di 700-800 m s.l.m. e sono circondati da una serie di cime tra cui la più rilevante è il Monte Pennino a nord (1.571 m).
Questo è quello che è oggi. Ma un tempo? Quali stravolgimenti ha subito questa terra? Quante cose ha visto? Storia e leggenda, anche qui, come spesso accade, si fondono.
Parco Regionale delle Paludi di Colfiorito | Ph: Nicola Pezzotta
Torniamo indietro di anni.. secoli.. millenni. Siamo nel X-IX secolo a.C.. Roma sta nascendo sul Monte Palatino, gli Etruschi dominano l’Italia centrale a sinistra del Tevere e gli Umbri a destra del Tevere. Qui, al posto dei piani di Colfiorito c’è un enorme lago: il Lago Plestino. Tutto intorno troviamo le montagne e le colline che lo circondano, le stesse di oggi. Sulle sponde di questo lago si intravedono dei piccoli villaggi, costituite da piccole costruzioni, capanne per lo più, in legno e fango. Sono le residenze del Plestini, popolo Umbro della zona della futura Colfiorito.
La vita scorre in modo semplice, ma l’avanzare dei secoli rende sempre più grande questo popolo che, approfittando delle vie della transumanza che passavano in questi territori, si arricchisce e vede nascere le prime aristocrazie. Queste si cominciano a stanziare in cima alle colline circostanti creando vere e proprie città che prendono poi il nome di “castellieri”. Siamo nel VI secolo a.C. I “castellieri” erano centri abitati circondati da mura che avevano al loro interno un piccolo santuario e oltre a controllare le valli sottostanti potevano anche comunicare tra loro. Il “castelliere” più importante è sicuramente quello del Monte Orve, situato proprio sopra l’abitato di Colfiorito, in direzione Nord.
Il popolo dei Plestini, come tutte le antiche civiltà italiche prima dell’avvento del Cristianesimo, adoravano diversi dei, tra cui il dio Marte (protettore dell’agricoltura, della pastorizia, degli scambi commerciali, ma anche della guerra), la dea Cupra (simbolo di femminilità e fertilità, legata alla terra, al ciclo delle stagioni e alla sfera delle acque) e il dio Giove (protettore delle montagne, del patto fra i popoli, signore del cielo e degli eventi atmosferici, dio del fulmine e severo punitore delle malefatte degli uomini).
Ritrovamenti oggetti votivi dei Plestini nei pressi dell’antico santuario dedicato alla dea Cupra. Museo Archeologico di Colfiorito. | Ph: Nicola Pezzotta
Proprio alla dea Cupra, considerata “la madre dei Plestini”, fu dedicato un santuario nei pressi dell’attuale Chiesa di Santa Maria di Pistia. A rivelarlo sono le numerose statue in terracotta e bronzo e amuleti, che venivano solitamente offerti alla divinità, trovate proprio in quei luoghi. Il santuario, inizialmente, non aveva una sua struttura muraria, proprio come si usava all’epoca, ma nonostante ciò era il fulcro della vita non solo religiosa ma anche commerciale dei Plestini. Era infatti un punto di riferimento per le comunità vicine, per le popolazioni confinanti come i Sabini e i Piceni, e luogo di sosta per i pastori che percorrevano le grandi vie della transumanza.
Ma un santuario ancora più antico è stato rinvenuto sempre nei pressi della Basilica di Santa Maria di Pistia e risale all’Età del Ferro. Il ritrovamento di una fossa circolare piena di cenere, una punta di freccia e un vasetto per attingere acqua hanno fatto pensare al particolare culto del “fulgur conditum”. Si tratta di un luogo colpito da un fulmine e considerato sacro proprio perché colpito direttamente da Giove attraverso il fulmine.
Carta topografica dell’antica città di Plestia e sue adiacenze. Giovanni Mengozzi, De’ Plestini umbri del loro lago e della battaglia appresso di questo seguita tra i romani e i cartaginesi. 1781
Intanto Roma inizia ad espandere il proprio dominio e nel V secolo a.C. viene a contatto con la popolazione dei Plestini. Nei tre secoli successivi si ha, quindi, la fase detta di “Romanizzazione”, durante la quale i Romani impongono lentamente al popolo umbro la propria cultura, la propria lingua e le proprie magistrature. Com’è oggi noto, i romani erano grandi costruttori e anche qui realizzarono grandi e importanti opere. Prima di tutto, per evitare di rimanere allagati diverse volte l’anno, hanno dovuto stabilizzare le fluttuazioni stagionali del Lago Plestino. E per far questo costruirono una serie di canalizzazioni delle acque che portarono anche alla bonifica di una parte del piano. Nel 1997 durante i lavori di costruzione di un nuovo collettore che andò a sostituire la storica “Botte dei Varano” fu scoperto proprio il collettore di epoca romana di cui si perse la memoria. Grazie a quest’opera hanno potuto spostare il nucleo abitato dalla cima del Monte Orve alle coste del Lago Plestino, proprio attorno al santuario dedicato alla dea Cupra, appena ricostruito con muri di blocchi squadrati, tetti di tegole e decorazioni in argilla. La nuova città prese il nome di Plestia. Ci troviamo all’incirca nel III secolo a.C..
Resti di una domus dell’antica Plestia | Ph: Nicola Pezzotta
Gli scavi e i ritrovamenti avvenuti nell’area dell’antica città romana di Plestia si trovano sia al Museo Archeologico di Colfiorito che in diversi musei sparsi per l’Umbria. Anche se in parte interrati, alcuni resti di una domus romana è possibile ancora vederla (e toccarla con mano) proprio attraversando la strada davanti alla Chiesa di Santa Maria di Pistia. I diversi mosaici appartenenti a questa ed altre domus non sono, purtroppo, ancora state esposte. Ma, certamente, lo saranno molto presto.
Resti di una domus dell’antica Plestia | Ph: Nicola Pezzotta
Ritorniamo a quei tempi. La potenza di Roma è sempre più incontrastata, ma inizia a scontrarsi con civiltà molto forti ed evolute, anche al di fuori del territorio italico, come ad esempio i Cartaginesi. Con il forte Annibale alla guida del loro esercito, i Cartaginesi capiscono che devono affrontare i romani sulla terra e non sull’acqua; quindi intraprendono la leggendaria marcia verso Roma attraverso i Pirenei e le Alpi con tutto il seguito comprendente anche una quarantina di elefanti. Tra varie battaglie, per lo più vinte, al suo arrivo agli Appennini sembra che sia rimasto solo un elefante vivo della sua famosa “cavalleria”. Ma questo non poteva preoccuparlo perché il suo esercito contava ancora circa 50.000 uomini.
Battaglia del Trasimeno. Sala di Annibale, Palazzo della Corgna, Castiglion del Lago. Pomarancio, 1579.
Nel 217 a.C. arriva alle sponde del Lago Trasimeno e si scontra con l’esercito romano in una cruenta battaglia dove persero la vita 15.000 romani tra cui anche il console Flaminio (quello della via Flaminia). Intanto il proconsole Caio Centenio stanzia a Plestia 4.000 cavalieri allo scopo di annientare i Cartaginesi, credendoli allo sbaraglio dopo la battaglia del Lago Trasimeno. Ma come abbiamo visto le cose non andarono come si attendevano i romani, così quando tre giorni dopo la battaglia del Lago Trasimeno il generale cartaginese Maarbale arrivò a Plestia, i romani tentarono in tutti i modi di resistere, ma le loro forze erano troppo esigue rispetto a quelle degli avversari. Tutti caddero compreso il proconsole.
Invece una leggenda vuole che lo stesso Annibale abbia partecipato a questa battaglia e che “sepolta in una collina, nascosta alla vista degli uomini, sarebbe la preziosa corazza di Annibale, che il condottiero volle lasciare in onore ai caduti”.
L’impero romano e Cartagine combatterono per altre sanguinose battaglie fino alla fine di quella che verrà ricordata come la II guerra romano-punica nel 201 a.C (per chi non se lo ricordasse, vinse Roma sotto il comando di Scipione l’Africano).
Nel frattempo a Plestia si cerca di tornare alla normalità e l’importanza della città per Roma è così grande che nel 178 a.C. divenne municipio romano e nel 90 a.C. prese la cittadinanza romana.
Santa Maria di Pistia | Ph: Nicola Pezzotta
Con l’avvento del Cristianesimo, nell’area dove era presente il santuario dedicato alla dea Cupra, venne eretta la nuova cattedrale che sarà presente fino a circa l’anno 1000.
Una leggenda vuole che “gli apostoli Pietro e Paolo, nei loro primi anni di predicazione, passarono nella città di Plestia chiedendo rifugio in una notte fredda e piovosa. Nessuno diede loro aiuto se non una donna giovane e sola dalla quale i due apostoli, per rispetto, accettarono solo il pane e non l’alloggio. Salirono allora verso il monte Trella, per quella strada chiamata via della Spina che collegava Plestia alla Valle Umbra, e quando furono abbastanza lontani l’ira di Dio si abbatté sulla città con un tremendo terremoto e un violento acquazzone che provocarono la distruzione e l’allagamento della città e la morte degli abitanti. La mattina, gli apostoli che dal monte videro al posto delle costruzioni solo un grande lago, ridiscesero a predicare il castigo divino ai pochi superstiti fra i quali incontrarono la giovane donna. Sulle rovine venne quindi costruita una chiesa di culto cristiano.”
Che sia o no una leggenda, sta di fatto che la città di Plestia scomparve davvero intorno al X secolo d.C.. Non si sa se sia stato un violento terremoto oppure opera dell’imperatore Ottone III. Unitamente alla città scomparve anche l’antica cattedrale e sulle sue rovine, utilizzando anche i materiali degli edifici distrutti, nacque l’attuale Santa Maria di Pistia.
Santa Maria di Pistia. Interno | Ph: Nicola Pezzotta
All’interno, appena entrati, sulla destra, c’è una scaletta metallica a chiocciola che permette ai visitatori di vedere le fondamenta dell’antico edificio di culto imperiale, databile I secolo a.C., dove è stato anche rinvenuto il cippo conservato anch’esso all’interno della chiesa.
L’attuale impianto è quindi databile X-XI secolo; il portico è stato aggiunto successivamente, probabilmente nel XVII secolo. Purtroppo l’abside è andato perduto ed è stato sostituito con una particolare e discutibile struttura in vetro e metallo. Invece intatta è la bellissima cripta.
Santa Maria di Pistia. Cripta | Ph: Nicola Pezzotta
“la volta di questo sotterraneo viene sostenuta da quattordici belle e tutte uguali colonne, parte di pietra bianca, parte di breccione e taluna con capitello di marmo; dodici disposte in tre ordini e due sole in cima, dove il muro piega in semicircolo e dove, dinanzi a un piccolo finestrino che dà scarsa luce al sotterraneo, si vede un’ara antica tutta d’un pezzo – ora nel presbiterio come piedistallo del simulacro della Vergine – […] Le pareti sono tutte incrostate di belle pietre lavorate a scalpello […] Compariscono frammenti di marmi […] e di iscrizioni.”
Santa Maria di Pistia. Cripta | Ph: Nicola Pezzotta
Una curiosità riguardo alla chiesa di Santa Maria di Pistia è che si colloca esattamente al confine tra la Regione Marche e la Regione Umbria. Un pezzo della chiesa si trova nelle Marche e un pezzo in Umbria. Più precisamente:
“Da un punto di vista amministrativo-civile, il corpo dell’edificio è proprietà del seminario di Nocera Umbra e nel territorio del comune di Serravalle di Chienti (Marche), mentre il sagrato, con la colonna d’angolo del porticato, è nel comune di Foligno (Umbria). Da un punto di vista canonico, la chiesa si trova esattamente all’incrocio dei confini delle diocesi di Foligno, Nocera Umbra e Camerino, attualmente è gestita per convenzione dall’arcidiocesi di Camerino, con diritto d’uso da parte della diocesi di Foligno tramite la parrocchia di Colfiorito.”
Santa Maria di Pistia | Ph: Nicola Pezzotta
Oggi, come dicevamo prima, il territorio intorno alla Chiesa e a Colfiorito è per lo più coltivato. Famosa è la lenticchia e la patata rossa di Colfiorito (c’è anche, dal 1978, la sagra della patata rossa che si svolge solitamente ad agosto: http://www.sagrapatatacolfiorito.it/master.html). Questo perché durante il medioevo il Lago Plestino fu definitivamente bonificato dall’opera di ingegno dei Da Varano. La cosiddetta “Botte dei Varano” non è altro che un condotto costruito a valle del lago, poco dopo l’abitato di Serravalle di Chienti, collegato ad una serie di canali che si diramano su tutto l’altopiano. Queste raccolgono le acque che, dopo un percorso sotterraneo di circa 200 m di lunghezza, danno origine al fiume Chienti a monte di Serravalle.
Parco Regionale delle Paludi di Colfiorito. Casotto per avvistamento avifauna. | Ph: Nicola Pezzotta
Dell’antico lago e zona paludosa rimane solo un’area di circa 100 ettari, a nord-ovest di Colfiorito, divenuta protetta già dal 1976 grazie alla Convenzione di Ramsar, per la presenza della torbiera, la ricchezza di specie vegetali e l’importante avifauna. Successivamente, nel 1995, venne istituito il Parco Regionale di Colfiorito, tutt’ora presente.
Museo Archeologico di Colfiorito, interno. Ph: Luca Marcantonelli
Note:
Un grande ringraziamento va alla gestrice del Museo Archeologico di Colfiorito che ci ha fornito il materiale informativo e dato la possibilità di vedere il museo;
ma anche al gestore dell’Hotel Lieta Sosta che ci ha fornito le chiavi per visitare la Chiesa di Santa Maria di Pistia. Anzi, se volete visitarla chiedete a lui: http://www.lietasosta.it/
Fonti:
Materiale informativo Museo Archeologico di Colfiorito
Wikipedia
http://amiciserravalle.altervista.org/
http://www.umbria.ws/
Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità delle Marche | Fabio Filippetti, Elsa Ravaglia | Newton & Compton Editori | 2002.