Smerillo, Porta Nord. || Foto di Simona Pezzotta
Se parlando di erbe spontanee il primo pensiero è il ricordo di un piatto di erbe di campo cotte, dal gusto amaro e poco gratificanti al palato, un ricordo d’infanzia, uno di quei ricordi poco piacevoli legati al mondo del cibo, allora, con molta probabilità, non avete mai mangiato a “Le Logge”.
Il suo menu a base di erbe spontanee con graditissime incursioni floreali, ha saputo conquistare anche chi notoriamente è poco avvezzo al mondo vegetale, come il mio compagno di avventure gastronomiche.
Sapori decisi, profumi fortemente aromatici e penetranti sono stati abilmente usati ora per accompagnare piatti saporiti dal gusto forte ed intenso come la carne salata al ginepro, creando un’armonia equilibrata di sapori dove nessun ingrediente è prevaricato sull’altro, ora per esaltare pietanze dal gusto più delicato, a tratti scialbo, come nel caso dei ravioli di pollo alla menta, conferendo quella sferzata di sapore necessaria ad attribuire una nota di carattere al piatto.
Ad abbracciare piatti dal gusto più morbido e dolce invece, sapori più delicati, tenui, profumi leggeri, capaci di donare alle pietanze soavità di gusto e di colore: i Campofiloni alla silene bianca ne sono stati un esempio.
Quello compiuto è stato un viaggio tra profumi e colori, tra antichi saperi e vecchie tradizioni, un viaggio che ha avuto inizio presto, fin dal momento del nostro arrivo.
L’ACCOGLIENZA
Ad accoglierci le infaticabili ed abili mani di una casara di lunga tradizione, la madre di Gabriella, impegnate nella preparazione del formaggio utilizzando gli strumenti del passato. Brocche in terracotta e fascere in legno gli utensili più caratteristici, ma è stato il caglio utilizzato, l’elemento di maggiore interesse, il cuore della ricetta. Caglio ovino lavorato con rosso d’uovo per conferire colore alla pasta, con zafferano per darle aroma, con erbe spontanee, probabilmente aromatiche (e sul tema la casara ha mantenuto il più completo riserbo), per arricchirla di sapore; questo il segreto della ricetta! Un segreto presto svelato al palato con la successiva degustazione accompagnata da una frizzate bevanda ai fiori di sambuco.
Abilità e sapienza nella lavorazione del formaggio. || Foto di Simona Pezzotta
Formaggio e bevanda ai fiori di sambuco: degustazione a Le Logge. || Foto di Simona Pezzotta
Prima dell’ingresso alla sala da pranzo, inatteso è giunto il suggestivo rituale del lavaggio con acqua di San Giovanni. Ogni ospite è stato invitato a lavare le proprie mani con dell’acqua lasciata cadere da una brocca in terracotta, un’acqua profumata di fiori ed erbe odorose, un’acqua propiziatrice di benessere e ricca di virtù terapeutiche: l’acqua di San Giovanni.
E’ costume nella notte del 23 giugno, vigilia della festa cristiana dedicata alla nascita del Battista, porre in immersione in un catino colmo d’acqua, fiori, foglie, erbe odorose ed officinali, il cui numero e varietà cambia da comunità a comunità. L’acqua, lasciata fuori per tutta la notte, esposta all’aria ed alla rugiada, acquisisce un potere fausto, virtù speciali, acquista la capacità di preservare l’individuo da malattie, invidia e malocchio. Veniva infatti, un tempo, tradizionalmente usata la mattina seguente per lavarsi il viso, per bagnare i bambini, i quali vi venivano totalmente immersi.
E così, dopo esserci propiziati la buona salute, è stato lo stomaco ad essere deliziato da un inusuale percorso gustativo dedicato alle erbe spontanee.
Il caglio. || Foto di Simona Pezzotta
IL MENU
Ad aprire le danze carne salata al ginepro, un saporito carpaccio dall’inattesa morbidezza dove il deciso e persistente aroma di ginepro è stato piacevolmente ingentilito da un filo d’olio extra vergine d’oliva. A seguire straccetti di vitello al finocchio selvatico, una noce di vitello sfilacciata profumata da finocchietto selvatico ed occhieggiata da tracce di peperoncino rosso. Un altro antipasto: le coppe maritate al tarassaco, fette di pane inzuppate nell’uovo e fritte in padella con foglie di tarassaco in panatura e in guarnizione; un piatto che richiama l’antico costume contadino di come recuperare il pane vecchio e raffermo. E per finire un’insalata fredda: farro con pesto di menta e mandorle.
Coppe maritate al tarassaco. || Foto di Simona Pezzotta
La menta ha continuato ad essere protagonista anche tra i primi piatti, arricchendo di sapore dei piccoli ravioli di pollo, mentre la silene bianca, un’erba spontanea non aromatica e non amara, è stata la principale interprete, sposandosi in maniera armoniosa, di una pasta all’uovo tipica del territorio fermano, la cui denominazione lascia trasparire in maniera inequivocabile il suo luogo di origine: Campofiloni alla silene bianca.
Campofiloni alla silene bianca. || Foto di Simona Pezzotta
Indimenticabile il secondo, spezzatino di maiale con porcini e punte di rovo, un saporito spezzatino dall’equilibrata piccantezza arricchito da funghi porcini e giovani getti di un arbusto spontaneo diffusissimo in campagna: il rovo. Le punte del rovo hanno regalato allo spezzatino un leggero sentore di carciofo mentre la cicoria saltata, servita come contorno, ha gradevolmente temperato la sapidità della pietanza. Seguendo il tema del menù, anche l’ultimo contorno, l’insalata campagnola, si è vestito di spontaneità. Accanto alla lattuga hanno fatto la loro comparsa, infatti, sia ingredienti di uso frequente come il radicchio rosso, i ravanelli, i cetrioli, sia ingredienti più caratteristici: foglie di cicoria selvatica, la nota amara della pietanza, foglie di sanguisorba minor, più comunemente conosciuta come pimpinella, dal gradevole aroma di cetriolo ed infine barbe di finocchio, in linea con il vecchio adagio “in cucina non si butta via nulla”.
Spezzatino di maiale con porcini e punte di rovo. || Foto di Simona Pezzotta
Delizioso il contrasto caldo-freddo proposto per dessert nel tortino di cioccolato alla menta, un tortino caldo con un cuore di cioccolato fuso unito in un voluttuoso abbraccio al gelato di limone, pennellato di verde brillante dello sciroppo di menta.
Infine il commiato, con il caffè d’orzo all’anice ed i proverbiali liquori prodotti della casa che per l’occasione si sono presentati nella veste di nocino e digestivo all’ortica. Ad accompagnarli biscottini alle erbe profumate: ai fiori di tiglio, ai fiori di lavanda, alla liquirizia, al tarassaco, alle prugne, alla zucca.
L’OCCASIONE
Il generoso menu proposto dal ristorante “Le Logge” ha distinto una delle tre serate degustative dedicate alle erbe spontanee che si sono tenute nel piccolo borgo di Smerillo. Il Comune di Smerillo infatti aderisce, insieme ad altri Comuni delle Province di Ascoli Piceno e Fermo, al Circuito della Cucina delle erbe spontanee, una delle sei partizioni in cui è suddiviso il Circuito delle Cucine Tipiche Locali.
Il Circuito delle Cucine Tipiche Locali è un ambizioso progetto sostenuto dall’Associazione Chi Mangia la Foglia, che vede la partecipazione di diversi Comuni dislocati in una vasta area che va dal mare Adriatico ai Sibillini, nonché la partecipazione delle Province di Ascoli Piceno e Fermo quali enti capofila. Il principale obiettivo di questo progetto è quello di favorire la riscoperta di antiche tradizioni e vecchie produzioni, di riportare alla luce ricette della cucina popolare valorizzando in questo modo la cultura enogastronomica dei vari territori. Proprio in questa logica sono stati creati sei percorsi gustativi, sei Circuiti aventi ciascuno una propria specificità, un elemento distintivo che unisce ed accomuna tra loro più Comuni, tutti impegnati in uno stesso scopo: far conoscere il proprio territorio e quanto ha da offrire in termini paesaggistici, culturali ed artistici attraverso il cibo, una porta d’ingresso al turismo decisamente non convenzionale.
Quali sono i Circuiti. Accanto al Circuito delle erbe spontanee, troviamo il Circuito del tartufo basato sul prezioso tubero; il Circuito della montagna dove il cibo si intreccia con storie popolari e leggende; il Circuito degli orti volto alla conoscenza dei prodotti agricoli a chilometro zero ed alla riscoperta di vecchie cultivar; il Circuito del mare Adriatico che si ispira alle tradizioni delle marinerie locali ed ai piatti cucinati nei piccoli pescherecci; il Circuito del gusto, della storia e dell’arte dove è l’arte e la storia ad intrecciarsi con il cibo.
Smerillo, resti delle mura medievali. || Foto di Simona Pezzotta
Articolo di Muscosa