Pecore al pascolo. || Foto di Simona Pezzotta
E’ straordinaria la ricchezza culturale in possesso di un popolo in termini di tradizioni, ritualità, costumi; una ricchezza che va preservata perché identificativa delle nostre radici.
Altrettanto straordinario è osservare quanto l’immaginazione popolare sia stata prodiga e creativa specie nell’atto di spiegare fatti di non facile comprensione. E bisogna ammetterlo, ancora oggi, nonostante l’acquisizione di un maggiore livello di istruzione, certe storie dal palpabile sapore di favola, possiedono un indiscusso fascino.
Un antico racconto delle campagne acquasantane narra perché il mese di febbraio conta solo 28 giorni.
In un tempo molto lontano, una vecchia pastora, credendo che con il finire del primo mese dell’anno fosse terminato anche il gelido inverno, probabilmente incoraggiata da qualche giornata soleggiata, si rivolse a Gennaio dicendogli con un fare provocatorio:
Jennare, Jenanriéll’,
sem’ recacciat’ la capra ch’ l’agnell’!
[Gennaio, Gennarino,
abbiamo fatto uscire la capra e l’agnellino!]
Offeso dall’insolenza della vecchia che non aveva mostrato alcun rispetto per lui e per il suo ruolo di custode del freddo invernale, Gennaio rivolse una richiesta al fratello Febbraio che a quel tempo aveva 31 giorni:
Febbrare, mié fratell’, prestam’ tre dì
ché la vecchia vogghie fa p’ndì!
[Febbraio, fratello mio, prestami tre dì
ché la vecchia voglio far pentir!]
Febbraio accettò e Gennaio si ritrovò più ricco di tre giorni, tre giorni durante i quali diede sfoggio delle sue migliori capacità, vendicandosi con nevicate ininterrotte. La vecchia pastora finì così per morire di freddo, mentre Febbraio restò per sempre con tre giorni di meno.
Questa storia è stata raccontata da Augusto Orfei della frazione di Arola di Acquasanta Terme durante le ricerche antropologiche compiute da Mario Polia per la stesura del suo libro “L’aratro e la barca – Tradizioni picene nella memoria dei superstiti”, testo dal quale il vecchio racconto è stato tratto.
Articolo di Muscosa
Bibliografia
Mario Polia, L’aratro e la barca – Tradizioni picene nella memoria dei superstiti, Volume I, Edizioni Librati