Pietrarubbia: la rinascita di un borgo

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Montefeltro dalla salita al Monte Carpegna. Al centro in fondo Pietrafagnana o “Dito del Gigante”.

Sballottati qua e là nel pulmino saliamo la tortuosa strada che dal mare ci porta a Carpegna, piccolo centro del Montefeltro cerniera nord della regione Marche (a nord e ovest c’è l’Emilia Romagna, a sud la Toscana). In questa grigia e uggiosa, nonché piovosa, giornata autunnale, la foschia copre quasi ogni cosa e non ci rendiamo conto esattamente di dove ci troviamo.

Fino a che, tra le nebbie, alla nostra sinistra spunta un “torrione” o quello che noi pensavamo fosse una torre costruita dall’uomo. E’ Pietrafagnana o il “Dito del Gigante”.

 

Il Dito del Gigante (Pietrafagnana)

Da lontano sembra l’ultimo baluardo di un antico castello. Ma più ci si avvicina e più ci si rende conto che di artificiale non c’è proprio niente: siamo di fronte alle forze modellatrici della natura che qui hanno dato sfoggio della loro grande vena artistica. Ciottoli tondeggianti e blocchi di arenaria sono cementati tra loro e con il passare degli anni e dei secoli vengono sgretolati pian piano dall’azione del vento e dall’acqua.

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Pietrafagnana e il Sasso Simone e Simoncello.

Ma a guardarlo bene, sembra essere difronte ad un enorme dito puntato verso il cielo.

“In un’epoca assai antica queste terre erano dimora di un potente gigante, che la dominava con forza e brutalità. Quando gli dei decisero di eliminarlo, lottò con tutte le sue forze, sfidando fulmini e saette: dovette soccombere solo a causa di un violento terremoto. La terra si aprì improvvisamente in una profonda voragine e il gigante venne inghiottito negli abissi. Non ancora vinto, tentò disperatamente di salire, ma riuscì a far emergere soltanto il dito indice, puntato contro il cielo ad indicare la volontà divina. Il dito nel corso dei secoli si pietrificò e rimase come oggi la possiamo vedere”.

Recandosi sul posto fino ad una trentina di anni fa era possibile anche ascoltare il “lamento dei Gigante”, elemento che rafforza ancora di più la leggenda. Questo particolare suono era dovuto al passare dell’aria attraverso un foro formatosi naturalmente a causa degli agenti atmosferici.

Il luogo è sempre stato avvolto dai misteri e sembra che ci sia sepolto un tesoro nascosto dal diavolo in persona.

Nella nascita di storie e leggende c’è sempre una base. A mio avviso, la particolare colorazione della roccia ne ha fatte nascere la maggior parte di queste. Ma non ci sono solo leggende.

 

Le origini di Pietrarubbia

Attraverso dei documenti ritrovati negli archivi delle località limitrofe e agli scavi effettuati nel 1996 è possibile risalire a quella che è stata la storia di questa località molto particolare.

Partiamo dal nome così caratteristico: Pietrarubbia. Sembra derivare dai termini “petra rubra” cioè “terra rossa”. Non è così incredibile da credere visto che il castello è collocato su un contrafforte roccioso tendente proprio al rosso.

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Rocca di Pietrarubbia e Pietrafagnana. Fonte: Max Short su Flickr Flickr

Alcuni antichi studiosi ritengono che questo castello (oggi quasi completamente scomparso) sia il più antico del Montefeltro, addirittura del V secolo d.C. ma non si hanno prove certe al riguardo.

Una leggenda vuole che il castello di Pietrarubbia insieme a tutte le terre circostanti vennero donate da Odoacre, re degli Eruli (un popolo “barbarico”), nel 466 d.C. ad un suo valoroso guerriero come ricompensa per le vittorie riportate. Questo guerriero si chiamava Armileone Carpineo, da cui poi venne il nome di Carpegna.

Ma quello che invece è storia è che negli scavi furono rinvenute ceramiche databili inzio VI sec. d.C.. Quindi è probabile che in quel periodo ci fosse già un primo insediamento abitativo probabilmente ancora non fortificato.

 

La ricchezza del castello

Insieme alle ceramiche vennero fuori molti scarti di lavorazione del metallo. Ciò che si scoprì è che Pietrarubbia, in un’epoca successiva, circa il XIII secolo, era conosciuta in tutto il centro Italia. La sua fama era dovuta alla grande maestria con cui venivano lavorati i materiali, e in particolare il ferro estratto proprio sul posto.

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Ricostruzione grafica del complesso siderurgico medievale fuori le mura. Fonte: “Lavori di gentilissimi forbici. Indagini su Pietrarubbia”.

Molte erano le botteghe artigiane “i cui prodotti giungevano fino a Roma, dove le forbici di Pietrarubbia erano assai apprezzate”. Con l’occasione degli scavi e dei restauri effettuati all’antico paese venne fuori l’intera filiera metallurgica dell’epoca. Ad oggi questo è “l’unico e più completo complesso siderurgico tardo medievale ritrovato, ricomponibile in tutte le sue fasi lavorative”.

All’interno del borgo è stato allestito anche un museo con la ricca serie di reperti metallici e ceramici rinvenuti.

Per info -> Museo Metallurgico Medievale e Museo della Ceramica

 

La Rocca e il Castello

Se oggi andiamo al paesino vecchio completamente ristrutturato di Pietrarubbia, non ci rendiamo conto di quello che doveva essere il castello. Questo borgo dove ora sorge la Locanda del Vicario, i Musei, la Chiesa di San Silvestro e il TAM, Centro di Trattamento Artistico dei Metalli, si trovava all’esterno dell’antico fortilizio.

Uno dei pochi elementi rimasti a ricordare l’antica potenza di Pietrarubbia è la rocca all’estremo sud del crinale. Questa costruzione è la più antica di quelle attualmente presenti ed è datata intorno al 1137 quando venne restaurata dagli abitanti del Castello su pressioni del conte di Carpegna. Quindi una cosa la si può desumere: il castello era più antico di quella data. Sembra sia già presente nel XI secolo.

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Rocca di Pietrarubbia e Sasso Simone e Simoncello. Fonte: giannellachannel.info

Dalla rocca, dove erano presenti altre due torri di cui una crollata nei primi anni del novecento, il castello si sviluppava lungo tutta la cresta nord, fino al borgo tutt’oggi presente. Un occhio attento, girando tra i massi di arenaria e conglomerato, può notare immediatamente resti di strutture murarie e pareti rocciose lavorate.

L’importanza nel medioevo di questo castello è stata notevole. Lo si deduce anche dal titolo che per un certo periodo assumevano i protettori. I “di Pietrarubbia” erano della famiglia dei Carpegna e per diversi secoli governarono questo potente castello.

 

La strage di Pietrarubbia

In una notte di fine XIII secolo (1299) al castello avvenne una vicenda su cui non si è ancora fatta chiarezza. Su questa storia tristemente vera, si fonda un’altra leggenda, che vuole che il colore rosso della roccia dov’è fondata Pietrarubbia sia dovuto agli eventi tragici avvenuti nel castello.

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Una via di Pietrarubbia

In quel giorno fatidico sembra che Corrado di Pietrarubbia sia il governatore del castello dopo la morte del padre Taddeo nella battaglia di Forlì. La cittadinanza, non si sa per quale motivazione, si è fortemente inferocita verso i loro protettori: presero Corrado, insieme ai suoi fratelli Giovanna e Filippardo, e addirittura il figlio piccolo e lì trucidarono barbaramente.

“Gli abitanti del borgo fecero a brani i malcapitati e tennero prigioniera per parecchi mesi la moglie di Corrado, Costanza, per essere sicuri che non fosse incinta e che quindi non ci fosse discendenza”.

Le motivazioni di tanta rabbia da parte della popolazione ancora oggi non sono state mai scoperte.

 

Il Declino

Fino al 1463 anno della definitiva sconfitta di Sigismondo Malatesta da parte di Federico Montefeltro il castello di Pietrarubbia fu molto ambito dalle diverse fazioni e casate circostanti. Passò di  volta in volta dai Carpegna (divenuti per un periodo Pietrarubbia proprio perché dimoranti in questo luogo) ai Malatesta, alla Chiesa e ai Montefeltro.

Da quell’anno in poi ci fu un periodo di calma, che inizialmente giovò al borgo, ma poi con lo scorrere del tempo ci si è resi conto che “un’economia di pace è sfavorevole ad un insediamento nato e sviluppatosi come arnese di guerra, né i signori della guerra sono facilmente convertibili alle opere di pace”.

Inoltre proprio in quel periodo, e per circa un secolo, tutta la montagna appenninica attraverserà una delle più grandi crisi storiche sia per ragioni climatiche che politiche, strategiche e commerciali. Quando si tornerà ad avere un proprio equilibrio, niente sarà più come prima.

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Resti di Pietrarubbia

Le case divennero fatiscenti e un certo clima di decadentismo permeava tutto: ciò portò al definitivo abbandono del borgo da parte della popolazione attorno al 1960.

 

La rinascita

Ma questi ruderi alla gente che passava, soprattutto a chi abitava ed ha abitato in quelle contrade, davano un senso di malinconia. Sicuramente si è pensato più volte di riportare in vita l’antico borgo.

Ci vollero i sogni di un grande artista e la lungimiranza di un’amministrazione comunale a rianimare il paesino.

Un tempo Pietrarubbia era un centro di eccellenza nella siderurgia medievale. Oggi è tornata alla ribalta proprio per la lavorazione dei metalli. Sembra quasi destinata per questa cosa.

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L’opera di Arnaldo Pomodoro all’interno della Chiesa di San Eurosia

Come se ci fosse un filo conduttore che unisse tutte le epoche storiche, dal 1990, in uno degli edifici restaurati dell’antico borgo, è stata istituita l’accademia di “Trattamento Artistico dei Metalli” o più semplicemente TAM. Fortemente voluta dal Comune e dall’artista Arnaldo Pomodoro, uno dei più significativi personaggi dell’Arte Contemporanea, maestro dell’Espressionismo astratto e della Scultura pubblica a grandi dimensioni, ogni anno all’interno di questa accademia vengono formati giovani artisti di talento attraverso un corso di formazione ad alto livello per la lavorazione artistica dei metalli.

Per info -> Centro TAM – Trattamento Artistico dei Metalli

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Il Monte Carpegna da Pietrarubbia

Oggi il borgo è un museo a cielo aperto (oltre che al chiuso), una locanda, una chiesa, un’accademia e un punto di accoglienza. Ma soprattutto è un luogo che è tornato allo splendore del passato guardando al futuro.

Nessuno vive qui ma, anche se la strada non prosegue, ogni giorno qualcuno passa da queste parti. Un po’ per nostalgia o per curiosità o semplicemente per fare una passeggiata all’aria aperta. Oppure per andare a mangiare i prodotti tipici in un posto di grande fascino. O per tutte le cose insieme.

Nessuno vive qui, ma oggi Pietrarubbia è viva più che mai.

Per info-> Locanda del Vicariato

 

Nota: il borgo, insieme a tutta l’area marchigiana del Parco Interregionale del Sasso Simone e Simoncello, è stato visitato in occasione del #MarcheNatura blogtour: un giro di 3 giorni nei 5 parchi della Regione Marche insieme a blogger e instagramers. Se ne volete sapere di più cercate sui social il tag #marchenatura!

 

Bibliografia

Terre di Signorie tra Romagna e Marche; Collana “Perle d’Italia”; Touring Club Italiano; 2006.

Lavori di gentilissimi forbici. Indagini su Pietrarubbia; Vannini, Baldelli, Cerioni, Cosi, Galdelli, Allegretti; Società di studi storici per il Montefeltro San Leo; 2001.

Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità delle Marche; Filippetti, Ravaglia; Newton & Compton Editori; 2004.

www.pennabilli.it

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