Se chiudo gli occhi | 2014

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{xtypo_dropcap}”S{/xtypo_dropcap}e chiudo gli occhi” è la storia di un padre, scultore affermato ma uomo inaffidabile e incostante, e di una figlia rassegnata alla sua quotidianità priva di emozioni, che vive barricata dietro le sue piccole certezze. Il viaggio che li porta da Roma verso i Sibillini è lo scenario in cui si dipana il loro rapporto tramite numerosi flashback che a mano a mano ci portano a conoscerli a pieno mentre loro scoprono e riscoprono se stessi e le proprie radici.

Viola è una donna per così dire “trasparente”, indossa abiti di taglie troppo grandi e colori spenti, perché l’esterno e l’interno delle persone spesso coincidono. Ha una figlia di quattro anni e un marito con cui sembra l’amore sia già svanito. Lavora come commessa in un negozio di fotografia di un centro commerciale, dove il sole non riesce ad arrivare e la luce è quella artificiale dei neon. E’ proprio sulla soglia del negozio che Oliviero, suo padre, ricompare dopo 4 anni di silenzio, e davvero non potrebbe esserci luogo più diametralmente opposto rispetto a quello in cui finiranno. Perché Oliviero è nato nelle Marche, sui Monti Sibillini, come ci tiene lui a precisare. Da dove viene lui si rispetta la natura, si vive secondo i suoi ritmi e si apprezzano le erbe e i frutti che la terra ci offre. Tutto questo Viola non lo sa, poiché suo padre non l’ha mai portata nella sua terra natia e nemmeno le ha mai parlato della sua vita prima di lei, perché “i figli troppo giovani ti vedono come un ruolo, una funzione” e non avrebbe compreso i motivi delle sue scelte.

{xtypo_quote_right}Credi solo in quello che vedi. Il fatto che tu sia l’unico a vederlo, non vuol dire che non esista.{/xtypo_quote_right}

Durante il viaggio Oliviero prende la parola per la prima volta e racconta la sua infanzia tutt’altro che facile, a causa dell’aneurisma che colpì la madre e il senso di colpa che lo aveva portato a chiudersi in se stesso e a rinunciare ai colori; Oliviero infatti per tutta la sua vita di artista utilizzerà soltanto il bianco, il grigio e il nero, come espressione dell’oscurità che si porta dentro.

Viola, che si era sempre chiesta come mai le sue opere fossero “perfette per daltonici” capisce soltanto ora il senso della sua rinuncia. In questo modo Oliviero la mette al corrente di informazioni che le forniscono un punto di vista nuovo e per lei inaspettato, portandola anche a riconsiderare la figura della sua stessa madre.

Allontanandosi dalla città insomma e andando incontro alla provincia, dove si apprezzano le cose semplici, Viola si scontra inizialmente con la realtà dei posti e dei suoi abitanti, ma ne rimane fin da principio colpita e affascinata, perché in fondo il suo sangue è per metà marchigiano e quei luoghi le appartengono. Ambientandosi Viola ritrova un po’ se stessa e di pari passo il rapporto padre-figlia, con tutti i loro nodi, inizia a sbrogliarsi. Sembra quasi che le Marche svolgano per essi la funzione di terapeuta, aiutandoli a venirsi incontro tramite la bellezza delle sue montagne e delle sue colline e anche il profumo e la bontà del suo cibo. I Monti Sibillini in primis, ma anche il Monte Sibilla, il Monte Vettore, Montemonaco, Comunanza, la piana fiorita di Castelluccio che fa da sfondo all’ unico disegno di Oliviero in cui compaiono i colori; e per quanto riguarda il cibo l’odore di pollo in potacchio che riempiva la casa insieme alle salsicce del contadino appese sopra al camino.

Non sarebbe quindi sbagliato dire che le Marche, oltre a costituire lo sfondo e l’ambientazione di questa storia, sono in un certo senso il vero protagonista di questo libro.

 

Se chiudo gli occhi
Simona Sparaco | Giunti Editore | 2014

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