Palazzo Filoni: particolare dell’altana. || Foto di Simona Pezzotta
Lo scorso autunno ebbi il piacere di visitare la piccola cittadina di Servigliano con una guida d’eccezione, il prof. Angelo Paci. Lo incontrai per caso, nel mio girovagare per il piccolo borgo in compagnia di Luigi Bracalenti, proprietario del b&b Angela Garden. Ed è proprio Luigi che devo ringraziare se il professore accettò, senza esitazione alcuna, di farmi da Cicerone per l’intera mattinata.
Il profondo amore che lega il professore alla natia Servigliano e la grande generosità intellettuale è ciò che colpisce immediatamente. Sarei stata ore ad ascoltarlo parlare di linguistica, di come il passaggio dei vari popoli abbia influenzato la nostra lingua, lasciando tracce evidenti anche nel dialetto … ma questa è tutta un’altra storia!
Palazzo Filoni: finestre del piano nobile. || Foto di Simona Pezzotta
Torniamo alla visita del borgo. Il professore, con una dovizia di particolari mai sperata, mi ha accompagnata, angolo per angolo, strada per strada, alla scoperta dell’antico castello, Castel Clementino, facendomi compiere un vero salto nel passato, un passato dagli avvincenti ed inattesi tratti.
Nel percorso seguito finimmo ad un certo punto davanti al Palazzo Filoni-Vecchiotti, uno degli edifici gentilizi di cui si compone il geometrico assetto urbano di Servigliano. Il professore non lesinò informazioni e descrizioni riguardanti le bellezze architettoniche ed artistiche dello storico palazzo, in specie del piano nobile. Tale fu il trasporto delle sue parole e dei suoi racconti da suscitare il desiderio di aprire il portone, entrare dentro e visitarlo, subito, in quel preciso istante. Ma chiaramente il palazzo era chiuso. Così, quando in occasione della Giornata FAI di Primavera trovai nell’elenco dei beni aperti al pubblico il Palazzo Filoni, non mi feci sfuggire l’occasione.
Palazzo Filoni: stemma della nobile famiglia Filoni. || Foto di Simona Pezzotta
Il grande edificio che si affaccia sulla centralissima via Luigi Vecchiotti, costruito anteriormente al 1811, fu in origine proprio della famiglia Vecchiotti. Poi diviso, fu venduto alla famiglia Gualtieri per la parte ovest, il lato del palazzo prossimo alla Porta Santo Spirito, una delle tre porte di accesso al borgo. Al catasto Gregoriano dell’anno 1811, il primo catasto particellare di tutto lo Stato Pontificio, risultava infatti essere proprietà di Carlo Gualtieri, ad uso di propria abitazione con bottega al piano terra. Più tardi il Palazzo fu nuovamente venduto e la proprietà passò alla famiglia Filoni. L’ultima erede della famiglia, la Contessa Filoni, qui visse fino a pochi anni fa, riadattando ad uso abitativo il piano terra in origine destinato all’uso commerciale. A testimonianza dell’antica destinazione, visibili al piano terra sono ancora i magazzini con le travi originali. Oggi il Palazzo è proprietà di Umberto Antonelli, imprenditore di Servigliano.
Palazzo Filoni: le grandi anfore che adornavano l’ingresso e la scala. || Foto di Simona Pezzotta
Il Palazzo Filoni si sviluppa su quattro livelli fuori terra, più un piano interrato, ovvero le estese cantine o grotte, ed una altana. Costruito in muratura è stato completamente restaurato, in ogni suo dettaglio, per quanto riguarda la struttura esterna. Per quanto riguarda gli ambienti interni invece, il lavoro di recupero è appena iniziato, localizzandosi solo su alcuni elementi. Molto dunque il lavoro ancora da fare.
Accedendo al Palazzo, quello che salta immediatamente agli occhi è la grande facciata con paramenti esterni in laterizio ricchi di decori e di fregi, i marcapiani, le finestre del primo piano arricchite da cornici decorate e sovrastate ora da timpani, ora da lunette, il portale ad arco a tutto sesto adornato da colonne.
Palazzo Filoni: la scala in laterizio completa di ringhiera e corrimani in legno di antica fattura. || Foto di Simona Pezzotta
palazzo Filoni: la scala in laterizio completa di ringhiera e corrimani in legno di antica fattura. || Foto di Simona Pezzotta
Poi si apre l’atrio ed ecco salire lo scaloncino, entrambi voltati a padiglione a vela. La scala che conduce ai piani è in laterizio ed è completa di ringhiera e corrimani in legno di antica fattura. Lungo tutto il percorso si denotano sulle mura delle nicchie vuote, in passato adornate da grandi anfore uguali a quella visibile all’ingresso, l’unica sopravvissuta.
Palazzo Filoni: la scala in laterizio completa di ringhiera e corrimani in legno di antica fattura. || Foto di Simona Pezzotta
Palazzo Filoni: particolare degli stucchi che abbelliscono tutta la scala. || Foto di Simona Pezzotta
Di particolare impatto sono gli stucchi che abbelliscono tutta la scala. Sono stati eseguiti dagli allievi del Fontana, gli stessi che hanno realizzato gli affreschi del piano nobile.
Palazzo Filoni: gli affreschi del piano nobile. || Foto di Simona Pezzotta
Palazzo Filoni: gli affreschi del piano nobile. || Foto di Simona Pezzotta
Il primo piano, conosciuto come piano nobile, era il piano signorile. E’ completamente affrescato con motivi mitologici, soggetti floreali e geometrici, riproduzioni di paesaggi. Fanno eccezione due stanze che presentano alle pareti tessuti originali di seta e di velluto.
Palazzo Filoni: gli affreschi del piano nobile. || Foto di Simona Pezzotta
Palazzo Filoni: stanza del piano nobile con pareti rivestite di tessuti. || Foto di Simona Pezzotta
Tutte le stanze, vuote di ogni mobilio, quadro e suppellettile, sono comunicanti tra loro come in uso nel Settecento, tanto che gli accessi, se guardati in successione, sembrano ripetersi all’infinito come in un gioco di riflessi. Mancanti sono le porte in legno che, completamente dipinte, sono in fase di restauro.
Palazzo Filoni: le stanze del piano nobile sono tutte comunicanti tra loro, tanto che gli accessi, se guardati in successione, sembrano ripetersi all’infinito come in un gioco di riflessi. || Foto di Simona Pezzotta
Palazzo Filoni: gli affreschi del piano nobile. || Foto di Simona Pezzotta
Di particolare interesse è una stanza del piano nobile usata, si pensa, come biblioteca, sala studio o forse come salotto nobiliare; purtroppo l’assenza di documentazione e la completa rimozione degli arredi permette solo delle ipotesi. Essa si caratterizza per un soffitto con travi uscenti completamente dipinto. Grazie alla ricchezza artistica del piano nobile, il Palazzo Filoni è stato vincolato dalla Soprintendenza della Regione Marche nel 1992.
Palazzo Filoni: gli affreschi del piano nobile. || Foto di Simona Pezzotta
Il secondo piano invece, era il piano riservato alla servitù. Non presenta affreschi o dipinti ma le stanze hanno la stessa ampiezza di quelle del piano nobile, perché divise alla stessa maniera. Questa scelta costituisce un fatto di particolare interesse nonché di significativa innovazione se relazionato al tempo in cui il Palazzo fu costruito. La servitù infatti era solita vivere in spazi molto più ristretti.
Palazzo Filoni: stanza del piano nobile. || Foto di Simona Pezzotta
Infine il terzo piano, composto da sole due stanze dalle grandi dimensioni. La prima stanza era un laboratorio tessile. Le grandi finestre che donano ancora oggi una splendida luce naturale alla stanza, garantivano la corretta illuminazione per lavorare la tela ed il soffitto molto alto, oggi completamente rifatto, aveva la funzione di contenere i grandi telai. Anche la seconda stanza era un laboratorio tessile; alto è il soffitto, grandi sono le finestre. Alcuni elementi però suggeriscono un’altro passato utilizzo. Le tracce sulla parete di un grande camino e la presenza di alcuni scarichi fanno pensare che la stanza fosse stata usata anche per la bachicoltura, possibilità non del tutto remota vista la grande diffusione che ha avuto in passato in Italia la bachicoltura.
Un ringraziamento per aver guidato le visite nei vari luoghi di Servigliano, agli allievi Apprendisti Ciceroni delle scuole: Media ISC “Falerone” plesso di Servigliano, Liceo Scientifico “T. Calzetti Onesti” di Fermo, ISITPS di Porto Sant’Elpidio.
Se volete conoscere meglio la storia del piccolo borgo di Servigliano, vi suggerisco la lettura di: “Servigliano, storia di due pontificati” e “I campi di concentramento di Servigliano e Monte Urano“.
Articolo di Muscosa