Su, verso la meta – Monte Argentella | © Nicola Pezzotta 2010. All rights reserved
Sembra una foto d’altri tempi” mi dicono spesso. In effetti è proprio l’impressione che volevo creare. Da sempre le montagne sono viste come un modo per mettersi alla prova. Anzi, in epoche remote era proprio un voler “giocare con la morte”. Allora la tecnologia e i materiali utilizzati non erano sicuramente quelli di oggi. Ma la volontà, quella sì che era forte. Secondo me, molto più di adesso.
Mi basta pensare a ciò che ha passato Scott nel voler, nel 1912, a tutti i costi, essere il primo uomo a raggiungere il Polo Sud. Ahimè, è stato battuto sul tempo da Amundsen e ha perso anche la vita sulla via del ritorno (se siete interessati a questa storia vi consiglio di leggere il bellissimo libro “Il Peggior Viaggio del Mondo” di Cherry Garrand Apsley che narra proprio le vicende della spedizione antartica dalle dirette parole di un sopravvissuto). Oggi, tutto è più semplice. Racchette, zaini da trekking, scarponi impermeabili ultraperformanti, giacche a vento antipioggia, gps, e altro ancora hanno cambiato radicalmente il modo di approcciarsi ad una montagna. E anche le motivazioni sono cambiate. Quello che è rimasto è il voler mettersi in gioco, osare, spingersi oltre. Mi dicono sempre: “Ma chi te lo fa fare?”. Non si può descrivere ciò che si prova lì in cima, sopra le nuvole, lontano dal caos e dalla frenesia della quotidianità, tra falchi, aquile e gracchi che ti gridano contro quasi a volerti dire che te ne devi andare, che non è il tuo posto, che disturbi la quiete. Non lo si può spiegare. E alla fine mi sento sempre rispondere: “Prova a venire, la prossima volta, scoprirai cosa si prova!”.