Disegno di Antoine de La Sale. || Immagine tratta da internet
Il cielo è compatto, minaccioso, denso di nubi nere; la visione si fa quasi notturna. D’improvviso un lampo squarcia l’oscurità ed illumina a giorno, ricordandoci che è mattina, tarda mattina.
Il Monte Sibilla è là che ci attende, con la sua misteriosa abitatrice chiusa nella profondità della sua grotta. Una profetessa dotata di poteri divinatori, la maga che conosce il futuro e preannuncia l’arrivo di Cristo, la regina di un regno di lussuria e di peccato circondata da attraenti ancelle che si tramutano in bisce e serpenti, per rigenerarsi ancora più belle.
Le prime gocce di pioggia cadono pesanti sull’erba. Seguono altre, ancora più spesse. Tutto si moltiplica in brevissimo tempo, tutto si intensifica, ed il fragore dell’acqua soffoca ogni altro rumore. E’ il primo temporale della giornata.
Che sia tutto uno stratagemma, un nuovo e “moderno” ostacolo ideato dalla regina Sibilla per mettere alla prova dei viandanti del terzo millennio alla ricerca della verità, della rivelazione del mistero? Del resto questo è il suo regno e noi siamo alla sua mercé, incantati dalla sua misteriosa venuta, affascinati dalle leggende e racconti popolari che la vedono protagonista. Vastissima infatti la letteratura che la rappresenta, sia quella dotta che quella popolare, opere dalla cui lettura o dal cui ascolto non è possibile sottrarsi. Ma attenzione, se poi assaporerete un desiderio crescente di conoscenza, se sentirete una strana inquietudine crescervi dentro, allora sarete caduti vittima del suo incanto!
Il tempo sembra peggiorare. Si decide così per una modifica al programma e l’escursione al Monte Sibilla, la ricerca della caverna della fata incantatrice, salta.
Intanto, come per un capriccioso gioco, il tempo muta nuovamente. Le nubi si aprono ed una luminosità tenue si diffonde, rischiarando la campagna circostante. Proprio in quel momento si mostra alla vista uno degli scenari più sorprendenti della giornata, difficile da dimenticare: i Monti Sibillini che in lontananza dominano il lento digradare dei colli e sulla sommità di uno di quelli, tra il verde degli alberi ed il biancore delle rimanenti nubi, spunta la cittadina di Amandola.
Veduta dei Monti Sibillini. || Foto di Simona Pezzotta
Per l’escursione oramai non c’è più nulla da fare. Si finisce così per esaminare la misteriosa figura della Sibilla Appenninica a tavola, in compagnia del prof. Giannini. Davanti a delle gustose pietanze le parole scorrono meglio e si ascoltano meglio.
Dall’appassionata spiegazione del professore, si comprende come il culto della Sibilla sia molto antico e come abbia rivestito un ruolo di non trascurabile importanza nella storia dell’umanità. Le Sibille, conosciute in epoca classica, erano le profetesse, le donne dedite alla mantica, che affidavano alle foglie i loro responsi, la conoscenza del futuro. La tradizione le voleva dimoranti in grotte localizzate sui monti proprio come la nostra Sibilla Appenninica, dotata di poteri profetici e dimorante nella grotta che prende il suo nome. Eppure tra le dieci Sibille classiche enumerate da Varrone, la Sibilla Appenninica non è presente. Non compare neanche tra le dodici catalogate da De Barberiis. Sarà sfuggita all’elencazione? Oppure la famosa e frequentatissima grotta degli Appennini non è mai stata residenza di una Sibilla?
Il mistero ha inizio.
La Sibilla Appenninica è stata associata da alcuni studiosi alla divinità frigia Cibele, la Grande Madre, la sovrana della natura, la dea della fecondità che possedeva il dono della profezia. L’iconografia tradizionale raffigura Cibele come una dea coronata e la grotta della Sibilla si apre sotto una particolarissima roccia che cinge a corona la cima del Monte Sibilla. Cibele è dea delle acque, dei laghi, delle fonti e sui Monti Sibillini sono presenti il lago di Pilato e le sorgenti dell’Aso. Nella grotta della Sibilla poi, sono state trovate tracce di opera umana, i sedili in pietra visti da Antoine de La Sale durante il suo viaggio avvenuto nel 1420. Una circostanza che farebbe pensare ad un culto antico, un culto pagano svoltosi nella grotta. E se questo culto fosse proprio quello dedicato alla dea Cibele? In questo caso le due figure, quella della Sibilla Appenninica e quella della dea Cibele, finirebbero per sovrapporsi, per coincidere. Ma se questa identificazione fosse possibile, quando e come si sarebbe verificato il passaggio tra i due culti?
Il mistero cresce. Chi è la Sibilla Appenninica?
Le Sibille. Montemonaco. Museo della Sibilla. || Foto di Simona Pezzotta
Che sia nata più tardi, sulla base di un culto locale diffusosi nel medioevo in seguito alla cristianizzazione delle Sibille?
Le Sibille difatti con il cristianesimo non scompaiono ma finiscono per essere assorbite dal mondo cristiano, trasformandosi da divinità pagane in profetesse cristiane. Eccole così comparire nei luoghi di culto, dipinte da Michelangelo nella Cappella Sistina, affrescate nella Chiesa di Santa Maria in Pantano e nel Santuario della Madonna dell’Ambro. Eccole affiancare i grandi profeti del cristianesimo nell’adornare l’esterno della Santa Casa di Loreto. Profetesse dicevo, sia pure cristiane, dunque ancora depositarie di segreti, ancora capaci di predire il futuro. E’ la Sibilla a preannunciare la nascita di Cristo. Ma nel momento in cui seppe di non essere lei la prescelta a divenire la madre del Redentore, bensì Maria, un’umile ebrea, si ribella a Dio e finisce per punizione confinata nella profondità della montagna, fino alla fine del mondo.
Già, ma quale Sibilla? La Sibilla Cumana che tradizione vuole scacciata da Cuma e rifugiata sui Sibillini dopo essersi ribellata a Dio?
Il mistero si infittisce.
Si giunge così alla narrazione quattrocentesca, in particolare al Guerrino il Meschino di Andrea da Barberino ed a Le Paradis de la Reine Sybille di Antoine de La Sale. L’indovina, la maga capace di interpretare il passato e conoscere il futuro, diventa ora anche regina, la pericolosa seduttrice capace di condurre l’uomo alla perdizione e alla rovina. Ma se Guerrino il Meschino, cavaliere senza famiglia, recatosi dalla Regina perché l’unica in grado di rivelargli il nome dei genitori mai conosciuti, riesce, dopo un anno, ad abbandonare la grotta fatata resistendo ai piaceri ed alle lusinghe della maga ottenendo il perdono dal papa; non sarà così per il cavaliere venuto dalla Germania di cui racconta la storia Antoine de La Sale. Il cavaliere tedesco accompagnato dal suo scudiero si reca dalla Sibilla per spirito d’avventura. Riuscito anch’egli, con grande fatica per le seduzioni e le tentazioni allettate dalla Regina, ad evadere dal paradiso della Sibilla, si reca dal papa per ottenere il perdono dei peccati. Ma sconfortato e disperato per le resistenze mostrate dal pontefice che tardava a perdonarlo, finisce per fare ritorno dalla Sibilla, perdendosi per sempre nel suo regno.
La Sibilla Appenninica. Salone delle feste del Palazzo del Governo. Ascoli Piceno. || Immagine tratta da internet
Guardo i volti attenti dei mie compagni di viaggio, rapiti dal fluire coinvolgente ed appassionato delle parole del prof. Giannini e un pensiero mi strania. Come nel passato quando avventurieri, pellegrini, studiosi cercavano di carpire dall’ascolto attento dei racconti degli abitanti della montagna, segreti e indizi che li avvicinassero alla verità, al mistero della Sibilla, ancora oggi ci troviamo ad ascoltare la sua storia e senza mostrare resistenze ne restiamo affascinati, conquistati, perduti, probabilmente per sempre, nel suo regno di leggenda.
Volto lo sguardo e vedo il piccolo Enea che dorme. Chi sa se starà sognando la Sibilla, quella fata saggia e benefica dei tanti racconti popolari.
Articolo di Muscosa.