Grotta di fronte all’Eremo delle Grotte di Sant’Eustachio in Domora | Ph: Nicola Pezzotta
La prima cosa che mi sono detto appena tornato alla macchina è stata: “Ok, stavolta ho esagerato!”. Dire che ero stanco è riduttivo. Ma tra tutte le fatiche posso affermare di essermi davvero divertito, e poi ho visitato luoghi incantevoli, luoghi che dovete assolutamente conoscere.
Il punto di partenza potete sceglierlo voi visto che è un bell’anello tra San Severino Marche, Camerino e Serrapetrona. Io ho preferito San Severino Marche, perché prediligo fare la discesa alla fine del giro, piuttosto che all’inizio.
Dèpliant con la mappa dei luoghi
Grazie al materiale informativo fornitomi da Luca, un mio amico, mi sono messo a studiare il percorso definito come “itinerario escursionistico n°1 – Tra Santi e Incanti”. Sono 3 escursioni davvero interessanti, tra strade millenarie, boschi fitti e praterie di montagna. I tre giri proposti sono: San Severino Marche – Camerino, Camerino – Serrapetrona, Serrapetrona – San Severino Marche. Calcolando le lunghezze di ognuna ho deciso, alla fine, di unire i tre percorsi in un unico grande anello. Quello che non avevo valutato a fondo è stato il dislivello. Visto che ci sono diversi sali e scendi si arriva a circa 1600 metri di dislivello: farli tutti nello stesso giorno per me, che sono sì allenato, ma fino ad un certo punto, è stata davvero dura! Valutate voi la vostra preparazione e se, eventualmente, fare il percorso in diversi giorni.
Cartello informativo del percorso | Ph: Nicola Pezzotta
Noterete lungo il percorso una serie di cartelli in legno indicanti il percorso da seguire con su scritto proprio “Itinerari Alto Maceratese – Tra Santi e Incanti” credo messi da pochissimo. Un buon aiuto agli escursionisti o biker.
Valle dei Grilli | Ph: Nicola Pezzotta
Potete lasciare la macchina ai confini della città di San Severino, località Ponte Sant’Antonio e da lì iniziare a pedalare direzione Grotte di Sant’Eustachio. In questa prima parte attraverserete la Valle dei Grilli, un’area faunistica protetta della Regione Marche. Le tabelle informative presenti lungo il percorso vi spiegheranno la flora e la fauna che incontrerete in questi luoghi. Salendo lungo la strada bianca all’interno della Valle e verso il Bosco di Manfrica noterete che le gole tendono sempre più a stringersi e il bosco a farsi più fitto. E’ proprio qui, appena girata una leggera curva sulla sinistra, sopra ad una piccola radura nel bosco, che vi sorprenderà l’Eremo delle Grotte di Sant’Eustachio in Domora.
Eremo delle Grotte di Sant’Eustachio in Domora | Ph: Nicola Pezzotta
Eremo delle Grotte di Sant’Eustachio in Domora | Ph: Nicola Pezzotta
“La chiesa di Sant’Eustachio in Domora è ciò che resta di un più vasto complesso architettonico: un monastero benedettino che per diversi secoli prosperò in questa valle appartata e selvaggia, ma sicuramente meno isolata, in quei tempi, di quanto possa apparire oggi. L’appellativo “domora”, dal latino “domorum: delle case”, starebbe ad indicare la presenza di un villaggio dove, probabilmente, alloggiavano i cavatori e gli scalpellini che per secoli lavoravano la pietra calcarea estratta dalle numerose grotte aperte in più punti nei fianchi della gola”.
Avrete sicuramente notato l’enorme cavità al lato dei resti della Chiesa. E’ proprio da questa e da altre antiche cave lungo la gola che sono stati estratti i blocchi di calcare che molto probabilmente servirono per i monumenti della romana Septempeda e per la medioevale San Severino. Si possono ancora vedere chiaramente i segni dello scalpello e le forme squadrate sulla parete lasciate dai blocchi staccati a forza di scalpelli e cunei.
Lungo la Valle dei Grilli in direzione Camerino “vi passava una frequentata strada montana, più breve rispetto all’antico tratto della via Flaminia che risaliva la valle del Potenza. Percorso frequentato ed utile se ancora a metà del 1500, il comune di Camerino offriva a San Severino “Quattrocento e più operai affinché si riattasse la strada per Vallem S. Eustachi”.”
Le origini di questo luogo si perdono nel tempo: alcuni azzardano addirittura l’VIII secolo, ma non ci sono documenti a supporto. Per un’analisi più approfondita della Chiesa vi rimando al testo “I Sentieri del Silenzio. Guida agli eremi rupestri e alle Abbazie dell’Appennino Umbro Marchigiano” di Andrea Antinori.
Un’altra nota riguardo questa Chiesa. La leggenda vuole che “venissero attribuiti prodigi all’acqua che, goccia dopo goccia, cadeva dalla volta rocciosa del sacro edificio. L’acqua ritenuta miracolosa cadeva davanti all’entrata della sagrestia, sul pavimento posto a bacinella. Si pensava che quest’acqua potesse guarire dalle malattie del cuoio capelluto, in particolare dalla tigna. Sino alla fine dell’Ottocento potevano trovarsi all’interno ciocche di capelli, pettini, medaglie e figurine poste sul luogo per grazia ricevuta.”
Sentiero poco dopo le Grotte di Sant’Eustachio | Ph: Nicola Pezzotta
Lasciate questo luogo perso nel tempo proseguite la salita sul sentiero del Bosco di Manfrica e della Valle Ombrosa. Notate bene, ho detto sentiero. Dal piazzale di cui vi avevo parlato prima e per un bel pezzo, infatti, il percorso oltre che inerpicarsi e diventare un po’ sconnesso si immerge nella fitta boscaglia tra rovi e ortiche. Non fate come me e mettetevi i pantaloni lunghi 😉 Inoltre mettetevi l’anima in pace già da subito perché dovrete trascinare la vostra bici fino a un bivio dove c’è l’indicazione “Rudere 1821”. Vista la mia malsana curiosità in queste cose ho lasciato qui la bici e sono andato ad esplorare trovando, alla fine, un muro addossato ad una specie di grotta anch’essa utilizzata probabilmente come cava per materiale da costruzione. Sulla parete di questa “grotta” è incisa la data 1821.
“Rudere 1821” | Ph: Nicola Pezzotta
Tornate indietro da questa deviazione e proseguite lungo la “strada maestra”. Ora, questa, inizia ad allargarsi e ritorna in parte pedalabile, anche se la pendenza è ancora elevata. Andando avanti la carrareccia si fa sempre più pedalabile fino ad arrivare al Rifugio Manfrica: qui, per la prima volta da quando siete partiti, potete far rifornimento di acqua. Purtroppo il rifugio è chiuso e in stato di evidente abbandono. Al bivio appena dopo il rifugio girate a destra e risalite sulla strada bianca fino ad incrociare la strada asfaltata che conduce al Monte d’Aria.
Strada dalle Grotte di Sant’Eustachio verso il Rifugio Manfrica. | Ph: Nicola Pezzotta
Rifugio Manfrica. | Ph: Nicola Pezzotta
Una curiosità: la parte del percorso che vi ho appena descritto è citata anche nel romanzo di Enrico Brizzi “Nessuno lo saprà. Viaggio a piedi dall’Argentario al Conero”. Se siete curiosi leggetelo, a me è piaciuto!
Strada per il Convento di San Gregrio. | Ph: Nicola Pezzotta
Ora finalmente potete riprendervi un po’ dalla salita prendendo in discesa un tratto di strada asfaltata fino all’abitato di Torrone. Qui girate a sinistra quando vedete le indicazioni per la Chiesa di San Gregorio. La strada si impenna per un breve tratto e poi spiana lungo un bosco di castagni e ippocastani. Arrivati a San Gregorio noterete la triste desolazione del luogo. Costruito attorno all’anno 1000, il Convento annesso ospitò, fino al XVI secolo una comunità di monache Clarisse: ora anch’essa chiusa e in completo stato di abbandono. Sulla parete della porta è affissa una nota esplicativa: “per più di Mille anni la civilissima popolazione dei nostri paesi (e i pellegrini che dalle Marche percorrevano questa via per andare a Roma) hanno ammirato e rispettato questa Chiesa e queste bellissime pietre. Ora sono arrivati i “geni” di “Alonso, D. e compagni” e hanno manifestato MALAMENTE il loro volersi bene. E’ bello il volersi bene, ma senza sacrificare ciò che è Bello, da sempre.” Non conosco la storia di questo posto, ma so che il percorso che vi ho descritto finora è l’antico tracciato della via romano-lauretana e molti pellegrini passavano da queste parti.
Cortile interno del Convento di San Gregorio, Camerino. | Ph: Nicola Pezzotta
Cià che resta del Convento delle Clarisse di San Gregorio, Camerino. | Ph: Nicola Pezzotta
Scendete dalla collina di San Gregorio e, passando per Sopra Fonte, andate nella località detta “i Cappuccini”, dove vedrete il Convento di Renacavata.
Località Sopra Fonte, Camerino. Due frati cappuccini camminano lungo i sentieri del bosco. | Ph: Nicola Pezzotta
Convento di Renacavata, Camerino. Origine dell’Ordine dei Cappuccini | Ph: Nicola Pezzotta
Questo luogo è molto importante per il cattolicesimo perché qui è nato l’ordine dei Cappuccini. Si narra che “Matteo da Bascio, il frate minore del Convento di Montefalcone, durante un’epidemia di peste che colpì quelle provincie nel 1523, rimasto scandalizzato dell’inerzia di cui avevano dato prova i suoi confratelli, si convinse della necessità di riformare l’Ordine Francescano ovvero di fondarne un altro con regole più rigorose. Andato a Roma nel 1525 per ricevere il consenso del pontefice, dovette accontentarsi di solo promesse e venne persino incarcerato dal suo superiore al ritorno nel suo convento. Caterina Cybo, duchessa di Camerino a quei tempi, lo fece liberare e raccomandò al papa un seguace di Matteo, Ludovico Tenaglia da Fossombrone, che il 18 maggio 1525 ottenne, per sé e i propri seguaci, il permesso di portare il tipico cappuccio quadrato e di condurre vita eremitica. Successivamente, il 3 luglio 1528, Clemente VII emanava la bolla Religionis zelus, con la quale si istituiva ufficialmente il nuovo Ordine e si autorizzava la costruzione del Convento.”
Ora potete tornare indietro oppure passare lungo un sentiero, praticamente scomparso, poco sopra al Convento. L’obiettivo è tornare al bivio poco dopo Sopra Fonte, quando la strada da brecciata diventa asfaltata. Qui, anziché andare a Camerino girate per Capolapiaggia e poco prima del paese girate ancora a sinistra verso una lunga discesa su un’altra strada bianca che vi porterà a Piedilapiaggia e al suo Santuario Madonna della Misericordia.
Particolare della Madonna della Misericordia, Piedilapiaggia, Camerino | Ph: Nicola Pezzotta
Questa chiesuola si trova proprio nel fondo valle del Fosso del Pozzuolo, un affluente del fiume Chienti. Da notare la finestrella della facciata che è ornata da un’interessante serie di monogrammi di pregevole fattura.
Sembra che questa chiesa per mezzo millennio, fino alla Seconda Guerra Mondiale, sia stata il Santuario Mariano di tutte le popolazioni delle frazioni ad oriente di Camerino e della Val di Chienti.
Qui, inoltre, come in altre parti lungo il percorso, potete trovare delle tabelle esplicative riguardo a ciò che è avvenuto in questi luoghi durante la Resistenza nella Seconda Guerra Mondiale. Li incontrerete anche a Sopra Fonte e Renacavata.
Dalla Chiesa ora risalite il versante opposto del Fosso sulla lunga e pedalabile salita verso l’abitato (disabitato?) di Statte. Qui non crederete ai vostri occhi, c’è qualcuno che sta costruendo un vero e proprio castello dal nulla! Un castello molto particolare.. sembra più verso uno stile arabeggiante che delle nostre terre. Guardare per credere.
L’ambizioso castello di Statte | Ph: Nicola Pezzotta
L’ambizioso castello di Statte | Ph: Nicola Pezzotta
Da Statte la strada prosegue verso Borgianello su un percorso a mezza costa nella Lecceta di Costa Lergi. Sotto di voi potete ammirare il Lago di Borgiano o di Caccamo e il paese di Pievefavera e Valcimarra.
Poco prima di arrivare a Borgianello girate a sinistra e inerpicatevi per una lunga, interminabile e non pedalabile salita fino al Monte di Borgiano. Qui fate un lungo e meritato riposo dopo aver spinto per un’ora la bici su terreni fangosi e sconnessi. Secondo me è la parte più faticosa di tutto il percorso.
Salita sul Monte di Borgiano | Ph: Nicola Pezzotta
Ma la fatica è ripagata dalla divertente discesa che vi aspetta dai Prati di Serrapetrona fino all’omonimo abitato. Tra praterie, fango e ripide discese quasi sempre all’interno del bosco vedrete che l’adrenalina salirà alle stelle! Infangati e più che soddisfatti fate una sosta in centro a Serrapetrona per ristorarvi e riempire la borraccia sulla fontana presente in piazza. Dato che ci siete, se fossi in voi, approfitterei per farmi anche un bel cornetto al cioccolato nel bar al lato della fontana.
Discesa dai Prati di Serrapetrona verso l’omonimo paese | Ph: Nicola Pezzotta
Da Serrapetrona potete scegliere di farvi tutta la strada asfaltata che, prima con diversi sali e scendi e poi con una bella discesa porta a San Severino Marche, oppure proseguire il percorso descritto dal dépliant informativo e passare per Colleluce, Casale Luzi, Casale Caglini e arrivare fino a San Pacifico proprio sopra San Severino Marche. Personalmente ho preferito la strada asfaltata perché ero veramente stremato.
San Severino Marche | Ph: Nicola Pezzotta
Ritornati alla macchina sarete stanchissimi nel fisico, ma rigenerati nell’animo. Avrete percorso strade millenarie, toccato pietre ricche di storia e significato, attraversato boschi di querce, lecci, castagni e carpini così fitti da sembrare vergini, visitato paesi che sembrano rimasti intatti nonostante il passare dei secoli, visto luoghi dove la guerra ha lasciato il segno. E avrete fatto tutto questo in un solo giorno. Non mi resta che augurarvi.. buon viaggio!
Fonti:
“I sentieri del silenzio. Guida agli eremi rupestri ed alle abbazie dell’Appennino umbro marchigiano”, Andrea Antinori, SER, 2009.
“Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità delle Marche”, Elsa Ravaglia e Fabio Filippetti, Newton & Compton Editori, 2004.
Materiale informativo gratuito degli “Itinerari dell’Alto Maceratese” scaricabile qui
Wikipedia: Ordine dei frati minori cappuccini, Caterina Cybo