Uso e abuso del fiume Aso

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Qualche giorno fa ho letto un articolo di Valido Capodarca su un giornaletto chiamato Tracce di Montagna, di cui vorrei rendervi partecipi. E’ descritta la grave situazione in cui si trova il fiume Aso, ma può tranquillamente riguardare lo stato della maggior parte dei bacini marchigiani.

“Fra le imprese più eclatanti di cui la specie umana si è resa protagonista, una delle ultime ha dell’incredibile: riuscire a far letteralmente scomparire un fiume. Questo fiume è l’Aso, certamente il più saccheggiato delle Marche. Esso nasce dai Monti Sibillini, frammezzo alle case di un paesino che, stranamente, si chiama Foce. Prima ancora di Foce, tuttavia, anch’esso appartenente al bacino dell’Aso, c’è il Lago di Pilato, a 1940 m s.l.m. (massima altitudine per un lago appenninico) le cui acque, dopo un percorso carsico di 6 Km, vedono la luce, appunto, a Foce. Il fiume, poi, dopo un cammino di 63 Km, raggiunge l’Adriatico presso Pedaso. La sua portata, secondo la pubblicazione del Ministero dei Lavori Pubblici “Dati caratteristici dei fiumi italiani”, sarebbe di 2600 l/s, registrata alla stazione di rilevamento di Comunanza la quale, tuttavia, cessò di funzionare verso il 1955. Diciamo “sarebbe” perché chi si affacciasse oggi sul balcone che dal paese dà sul fiume, vedrebbe un misero rigagnolo che a fatica di litri ne porterebbe 100 quando piove, e questo vale per tutta l’asta fluviale. Mezzo secolo fa, l’unico ente ad utilizzare le acque del fiume era l’allora UNES, oggi ENEL, che ne incanalava lunghi tratti: ben 5 centrali si contavano da Foce a Pedaso. Si trattava, tuttavia, di prelievi fittizi, perchè l’acqua, una volta utilizzata la forza della sua caduta per muovere le turbine delle centrali, tornava nel suo letto. Pochi e modesti, i canali di irrigazione. Il calvario, per il fiume, prese avvio negli anni Settanta, quando venne effettuata una prima captazione a scopi potabili, direttamente alla sorgente, di 600 l/s. Essa non fu indolore, per le sorti e l’aspetto del fiume, specie in estate, quando la portata (sempre secondo la pubblicazione) si riduceva, nei mesi più siccitosi, a poco più di 1000 l/s. Tuttavia, pur in forma ridotta e sofferta, continuavano ad esistere tutte le realtà del fiume (il Lago di Pilato, il laghetto di Foce, la sorgente, ecc.). Negli ultimi anni, specie a seguito degli ultimi prelievi, tutto l’ecosistema ne è stato sconvolto, con vere e proprie calamità naturali che si sono susseguite a catena. Già una decina di anni or sono si prosciugò il laghetto di Foce. Allo stesso modo si prosciugò il letto del fiume, per il primo mezzo chilometro di percorso.

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il laghetto di Foce di Montemonaco, una decina di anni fa | fonte: internet

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Il Laghetto di Foce di Montemonaco, oggi | fonte: internet

La conseguenza più paventata, tuttavia, e verso la quale tutti facevano i più fervidi scongiuri, si manifestò nella primavera del 2005, (dopo che era stata effettuata l’ultima captazione a scopi potabili per il potenziamento dell’acquedotto), a carico del Lago di Pilato. Questo, ogni anno, dopo essere sceso di livello nel corso di ogni estate, alle prime nevicate e gelate veniva sommerso da una coltre di neve più o meno alta. Alla primavera successiva, con lo sciogliersi delle nevi, il lago si riformava, in tutta la sua ampiezza, per poi dividersi in due specchi con lo scendere del livello; e via così, in un ciclo eterno soggetto a poche mutazioni. Dal 2005, in pratica, il lago non esiste più: ad ogni primavera, tanta neve si scioglie, tanta ne filtra giù, attraverso i ciottoli del fondo, segno che, sotto questo fondo, qualcosa – che prima sosteneva il lago – è sparito. Le conseguenze, con effetto domino, si sono ripercosse su tutta l’asta del fiume. Chiunque abbia conosciuto l’Aso dei tempi passati, quando anche d’estate la sua portata era tale da consentire di nuotarvi, è preso da sconforto, a vederlo ridotto al rango di ruscello. “Eppure qualcosa si potrebbe ancora fare” spiega Giambattista Mazzarelli, di Foce, forse il più strenuo difensore del fiume. “Inutile prelevare 1400 l/s per farne arrivare 200 agli utilizzatori solo perché i tubi dell’acquedotto sono marci. Basterebbe ripararli o sostituirli. In tal modo, il prelievo sarebbe solo di 200 l/s, e tutto, su queste montagne, tornerebbe alla vita”.”

 

Articolo di Nico.

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