Tramonto sulla Spiaggia di Mezzavalle. Ph: Nicola Pezzotta
Il Monte Conero è un promontorio con un’altitudine massima di 572 m s.l.m. collocato in una posizione particolare: sulla costa Adriatica, al centro dell’Italia. Già il solo fatto di essere una montagna sul mare, unito alle diverse esposizioni delle vallate e tipi di terreno presenti, ne fanno un’oasi naturalistica ricca di biodiversità. Proprio per questo motivo nel 1987, precisamente 30 anni fa, venne istituito il Parco Naturale del Monte Conero, primo parco naturale delle Marche.
Ma il Monte Conero è stato anche molto importante per le popolazioni locali, a partire dalla preistoria. Qui sono stati rinvenuti diversi manufatti di origine arcaica e sono presenti anche le incisioni rupestri più antiche delle Marche. Questa montagna ha colpito già da subito l’immaginario dei popoli che l’hanno vissuta. I suoi boschi fitti, i cunicoli e le grotte naturali, i rumori notturni, i fruscii.. sono tutti elementi che hanno contribuito alla nascita delle leggende che permeano la zona.
Le leggende sono davvero tante, e raccontarle tutte in questo spazio sarebbe stato impossibile. A seguire potete leggerne otto, scelte per la loro particolarità.
Buona lettura!
Spiaggia delle Due Sorelle. Ph: Nicola Pezzotta
Origine del nome Monte Conero
“Si narra di un esperto pescatore di nome Conero che, mentre navigava sul Mare Adriatico, vide uno splendido delfino. Malgrado il suo parere contrario, essendo i delfini ritenuti sacri, i suoi compagni issarono a bordo lo splendido esemplare, provocando l’ira degli dei, che scatenarono una violenta tempesta.
Soltando quando Conero liberò il pesce le forze della natura si placarono, ma la barca non riusciva a trovare nessun approdo.
Conero e i suoi compagni, allora, invocarono l’aiuto e il perdono degli dei: così, nel mare divenuto improvvisamente calmo, apparve il delfino liberato, che guidò i navigatori verso una grossa insenatura, a forma di gomito, a riparo del monte, dove trovarono asilo.
Da allora quel Monte fu chiamato Conero”.
Note: L’origine del nome del Monte Conero non è ancora stata completamente accertata. L’ipotesi più plausibile probabilmente è che derivi dal greco “komaros” = corbezzolo, che è la pianta più rappresentativa della montagna. I greci siracusani infatti si insediarono in questa area e fondarono quasi certamente la prima Ancona (“Ankon” = gomito).
Grotte Romane. Ph: Nicola Pezzotta
Grotte Romane
Le Grotte Romane sono situate nel territorio di Massignano tra i boschi del Monte Conero e sono anche dette “Grotte degli Schiavi” perché un tempo pare siano stati “impiegati come minatori, cavatori di pietra, scalpellini uomini trattati come schiavi.
Si dice che il lavoro fosse veramente massacrante, il cibo pessimo, il trattamento crudele (chi si rifiutava di eseguire qualche ordine, magari perché si trovava allo stremo delle forze, veniva ferocemente malmenato), tanto che gli uomini che, come schiavi, lavoravano in quelle grotte, spesso si ammalavano e morivano.
Non mancavano perciò i tentativi di rivolta, spesso soffocati nel sangue. Una di queste ribellioni fu però accuratamente preparata: i minatori scavarono persino la tomba in cui avrebbero sepolto, vivi, i loro maledetti aguzzini.
La rivolta scoppiò, i cavatori si ribellarono e vinsero. I crudeli fustigatori ed aguzzini furono portati su, fin dentro le viscere della montagna, fin dove la grotta giunge. Qui era stata scavata la loro tomba, qui furono fatti morire. C’è chi dice che furono costretti a salire in ginocchio, c’è chi dice che morirono ancor prima di giungere alla tomba.
Ma la felicità dei rivoltosi durò poco: giunsero i soldati che reprimettero sanguinosamente la rivolta. Qualcuno parlò e si seppe della fine degli aguzzini, i cui resti furono recuperati e cristianamente sepolti, in un luogo sacro”.
Note: Le Grotte sembrano siano state utilizzate dai Romani per cavare il materiale per la costruzione di alcuni monumenti di Ancona. All’interno alcune iscrizioni di epoca romana rafforzano questa ipotesi. Se volete saperne di più su questo luogo potete leggere l’articolo: Tra Verità e Leggende: Le Grotte Romane del Monte Conero.
Vista dal Pian Grande su Portonovo. Ph: Nicola Pezzotta
Il Tesoro sotto al Pian Grande
Il tesoro in questione si colloca nella parete rocciosa (“Ripone”) sotto il Pian Grande, il grande pianoro boscoso dove è collocato il belvedere verso Portonovo. Proprio per questo il tesoro è detto anche “del Ripone”. Da testimonianze degli anziani locali sembra che anticamente lungo questa parete rocciosa erano presenti delle grotte occluse poi dalle frane che si staccavano continuamente dalla parete.
In una di queste grotte sarebbe stato nascosto in tempi antichi un ricco tesoro e non è difficile localizzarne il punto in cui si trova.
Basta “portarsi all’alba, in uno dei primi giorni di maggio, al largo in direzione dello scoglio detto Trovellone, o Scoglio della Vela. Il sole sorgente inonderà della sua luce una grossa ginestra, sì da sembrare che arda”. Proprio in quel punto è collocato il tesoro.
Note: La storia diventata “leggenda, sembra sia stata raccontata negli ultimi anni ’30 da un uomo che forse aveva alzato un po’ il gomito nell’Osteria di Sant’Antonio del Poggio”. Ricordo a tutti che la zona in questione si colloca all’interno dell’area di Riserva Integrale del Parco del Conero dove è vietato l’ingresso alle persone.
Grotta degli Schiavi in un disegno di Alberto Recanatini del 1996
Grotta degli Schiavi
“Nella notte buia una nave corsara filava lungo la costa adriatica. In silenzio ed a lumi spenti la nave doppiò il promontorio roccioso del Monte Conero, a picco sul mare, e subito risuonò a bordo il comando: “Accosta!”. Nella parete rocciosa si apriva, a livello dell’acqua, una grande grotta: la nave corsara accostò all’apertura e finalmente a bordo si accesero le luci. Sulle acque cupe si riflettevano i raggi delle lanterne…
Nel fondo della grotta affiorava uno scoglio verso il quale i pirati si diressero con le barche. Tutti scesero a terra, scaricando casse, sacchi, vasellame: un grande bottino conquistato assalendo una galea veneta.
Sulla nave c’era una fanciulla bellissima: aveva gli occhi pieni di lacrime. Si trattava di una principessa, figlia di uno dei più potenti signori veneti: stava tornando da un viaggio in Terra Santa, quando la sua nave, appena entrata nell’Adriatico, era stata assalita dai Saraceni. I suoi marinai erano tutti morti e la nave era stata affondata; lei sola, la bella principessa, era stata condotta nel rifugio segreto.
“Eccoci arrivati” disse il capo corsaro, dopo che la prigioniera ebbe messo piede sullo scoglio. “Nessuno ti farà del male. Quando tuo padre avrà pagato il riscatto ti lasceremo libera. Altrimenti sarai mia schiava”. Nella grotta, dove solo un leggero variare di luci mostrava l’alternarsi del giorno e della notte, cominciò la strana vita della bella principessa.
Tutti erano rispettosi: essa valeva tanto oro quanto pesava. Il tempo passava lentamente; più volte i corsari erano tornati portando altro bottino. Cento altre galee venete erano cadute nelle loro mani, ma i Saraceni mandati a Venezia a trattare col Principe per il riscatto, non erano ancora tornati. Forse li aveva travolti una tempesta, forse erano stati a loro volta attaccati, forse…
Ad ogni cambiare di luce che annunciava un giorno nuovo la fanciulla apriva il cuore alla speranza e, quando le onde che battevano contro lo scoglio diventavano nere per l’oscurità, la speranza si perdeva nella notte. E le lacrime ricominciavano a scorrere sul suo volto.
Una mattina il capo corsaro le disse: “Oramai il riscatto non arriverà più. Sai quale sorte ti aspetta”.
“Sì, lo so” rispose la fanciulla “e so che hai aspettato molto e che sei stato sempre buono con me”. Il corsaro la guardò stupito e confuso: non era cosa solita che le prigioniere fossero così gentili con i loro rapitori.
“Bene” disse burbero “domattina vedremo cosa fare di te”.
Come al solito la fanciulla rimase sola sullo scoglio, ma quel giorno pianse tanto da sentirsi fondere nel suo stesso pianto…
La mattina il capo corsaro salì sullo scoglio e invano cercò la sua prigioniera: la bella principessa era sparita. Ma al posto dove abitualmente stava seduta c’era una piccola sorgente chiara che sgorgava dalla roccia e si versava nell’acqua di mare.
Il capo corsaro vi immerse la mano e la portò alla bocca; era una acqua fresca e dolcissima, una vera fortuna per gli abitanti della grotta dove entrava soltanto un lembo dell’amarissimo Adriatico.
Il capo corsaro si inginocchiò vicino alla fonte; quell’acqua dolce e pura avrebbe ricordato per sempre la bella principessa che si era consumata per la tristezza e per la nostalgia.”
Note: La leggenda si basa su storie reali di rapimenti e richieste di riscatti da parte dei pirati avvenuti nel medioevo lungo tutta la costa Adriatica, Conero compreso. La Grotta degli Schiavi è stata una grande cavità a cui era possibile accedere in barca situata lungo la costa rocciosa a nord degli Scogli delle Due Sorelle. L’ingresso è crollato a causa dell’erosione costiera intorno alla metà del ‘900. La zona ora è raggiungibile solo via mare.
Scogli delle Due Sorelle. Ph: Nicola Pezzotta
Scogli delle Due Sorelle
“Una bellissima Sirena appariva al largo del Monte Conero e si mostrava ai marinai nella sua splendida bellezza e il ammaliava con il suo dolce canto. I marinai, fatalmente attratti, seguivano quella seducente apparizione e finivano incatenati nel fondo della Grotta degli Schiavi, dove la perfida creatura li torturava nelle notti di tempesta.
Alleato della Sirena era uno spirito malefico, un demone marino che la aiutava nelle sue malefatte. Ma un giorno questo essere orripilante, proprio a causa della sua malvagità venne tramutato in pietra e spaccato in due. Questo servì da monito anche per la Sirena, che se ne andò verso altri lidi.
Così, per giustizia divina, restarono là i due magnifici faraglioni appuntiti, chiamati Le Due Sorelle”.
Note: Gli scogli delle Due Sorelle si trovano a nord della bellissima spiaggia omonima, forse la più bella spiaggia delle Marche. Per molto tempo è stato possibile andare in questo luogo anche via terra lungo un percorso molto arduo realizzato nel passato dai cavatori di pietra di Sirolo. Oggi la spiaggia è raggiungibile solo via mare perché il sentiero in questione è interdetto da un’ordinanza del Comune di Sirolo.
Buco del Diavolo. Ph: https://archeoteses.wordpress.com/tag/acquedotto/
Il Buco del Diavolo
Il Buco del Diavolo è un cunicolo artificiale di notevole lunghezza che si trova nei pressi della Gradina tra Poggio e Camerano di epoca romana o forse addirittura antecedente. Chi entra nel Buco del Diavolo, precisamente in una delle sue diramazioni di più difficile accesso, “si troverebbe ad un certo punto in una stanza, scavata nella roccia, in cui è collocato un altare: su di esso una chioccia dorata, attorniata da dodici pulcini d’argento.
Alla chioccia ed ai suoi pulcini sarebbero state un tempo immolate anche vittime umane. Chi vede l’altare, i pulcini, la chioccia, morrà: a meno che non conosca il suo vero nome e non lo scriva col sangue su una pietra. Chi potesse proseguire troverebbe una fanciulla che tesse fili d’oro su un antico telaio”. Già prima di incontrarla si ode “il dolcissimo canto melodioso, come d’usignolo innamorato, come d’allodola in un mattino primaverile.
La visione, circondata di soffuso dorato luminore, dura appena un istante, e scompare, lasciando come una lontana eco del dolce canto. Accanto alla tessitrice scorre un ruscello dalle luminose acque dorate.
Scorre là sempre e per sempre.
Chi lo vede dimentica ogni affanno e non sa che non tornerà più al mondo dei vivi o chi vi tornerà, come si assicura ch’è avvenuto, con un tormento che l’accompagnerà per tutta una vita senza pace”.
Nota: Ci sono stati diversi studi al riguardo e sembra che il Buco del Diavolo dovesse essere un condotto che aveva lo scopo di portare l’acqua dal Conero ad Ancona. Sono state trovate altre grotte simili nei dintorni e sono collocate tutte grossomodo alla stessa quota sul livello del mare. Per approfondimenti vi consiglio di visitare i cunicoli nel sottosuolo di Ancona, contattando l’associazione Ancona Sotterrana (link).
Lago Profondo. Ph: Nicola Pezzotta
Budello del Profondo
All’interno del Lago Profondo, uno dei due laghetti salmastri dell’area di Portonovo, e precisamente quello che si trova più a sud, nei pressi della Chiesa di Santa Maria di Portonovo, si aprirebbe una vasta cavità che costituisce l’inizio di un fiume sotterraneo di vaste dimensioni. Questo fiume denominato “Budello del Profondo” si colloca in un punto imprecisato e comunque sarebbe nascosto dai fondali.
Il corso d’acqua sotterraneo è “così lungo e tortuoso da attraversare tutto il Conero, da parte a parte, per sfociare di nuovo in mare all’altezza di Porto Recanati, dopo essere passato sotto la Santa Casa di Loreto. Tutto questo sarebbe talmente verosimile che basterebbe appoggiare l’orecchio sul pavimento della Santa Casa per sentirne lo scorrere di questo fiume sotterraneo.
A Camerano si tramandano storie fantastiche di persone o animali, talvolta persino interi carri trainati da buoi, i quali, caduti accidentalmente nel Lago Profondo di Portonovo, vi sarebbero sprofondati, per poi essere ritrovati in mare al largo di Porto Recanati, a notevole distanza dal luogo nel quale erano stati risucchiati”.
Nota: Il Lago un tempo si pensa sia stato profondo addirittura 20 m, e forse proprio per questo motivo si diffuse questa leggenda. Lo scopo magari era di spaventare, mettere in allerta chiunque si avvicinasse al Lago Profondo. Oggi molto più esiguo anche a causa dell’elevata pressione antropica che ne ha modificato gli apporti da monte e da mare.
I 4 Re
“Si dice che sia esistito al Poggio un castello, su cui dominavano quattro re, di cui due fratelli tra loro, giovani alti dagli occhi chiari, dalle lunghe barbe e dai lunghi capelli biondi. Costoro, si dice, sconfissero con l’aiuto della Madonna e di certi angeli armati di lunghe spade, una masnada di feroci pirati.
Per ricompensa i quattro donarono allora ad alcuni monaci un pezzo di terra su cui costruire una chiesa in onore della Vergine, chiesa che sarebbe dovuta restare a loro ricordo, per sempre. Chiesero in cambio ai monaci di combattere al loro fianco contro chiunque l’avesse attaccati.
Passò del tempo ed ai primi monaci mansueti succedettero altri, avidi e prepotenti, che infastidivano i giovani dei due sessi. Né i monaci combattevano più al fianco dei poggesi, quando quest’ultimi venivano attaccati.
Ma venne il giorno del castigo: con un boato fragoroso il monte franò e sommerse tutte le case dei frati sotto una spessa coltre di pietre.
Si salvò miracolosamente la chiesa voluta dai “quattro re” che si spostò di qualche centinaio di metri, e cioè da sotto le rupi fin sul ciglio del mare, dov’è ora, senza subire lesioni, testimonianza di ciò che deve sempre durare”.
Note: La chiesa in questione è sicuramente Santa Maria di Portonovo.
Bibiliografia
Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità delle Marche. Fabio Filippetti, Elsa Ravaglia, Newton & Compton Editori, 2004.
Miti e Leggende del Conero Anconitano. Giuseppe Bartolucci, Conerografica Camerano, 2001.
Le Grotte del Conero. Ricerche di Speleologia Archeologica nel Parco del Conero. Alberto Recanatini, 1997.