Abbazia di San Pietro in Valle a Ferentillo: relax e cultura in un luogo fuori dal tempo

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Abbazia di San Pietro in Valle sotto un bel cielo stellato. Ph: Nicola Pezzotta 

Quando andiamo in un posto c’è sempre un’immagine che rimane impressa dentro di noi, una visione, anche fugace, tutta nostra, che ci appartiene per pochi istanti.

La mia, in questo breve ma intenso soggiorno nell’Abbazia di San Pietro in Valle, splendida Residenza d’Epoca alle porte del piccolo borgo di Ferentillo in provincia di Terni, è il profilo notturno delle montagne, che si innalzano, maestose e silenti, nella valle Suppenga, territorio della Valnerina.

Le osservo dal bellissimo giardino panoramico, mentre con Nicola ci dirigiamo verso il ristorante, e faccio mio quel profilo, perfetto, che nell’oscurità al chiarore delle stelle prende forma, avvolgendo i miei pensieri. L’aria fredda, poi, mi fa desistere da osservarle ancora, meglio domani con il sole, eppure nel mio ricordo affiora con forza più di altri quel panorama, che, in una manciata di secondi, è penetrato nella mente. Ed è un panorama che non dovete lasciarvi sfuggire. Se di notte ti ammalia e ti incanta perché consente ai tuoi pensieri di vagare, di giorno ti cattura.

In piedi dalla balaustra, o disteso sulla sedia sdraio, il tuo corpo si rilassa, e osservi il verde che ti circonda, nelle sue infinite tonalità, scopri con lo sguardo il paese abbandonato di Umbriano, proprio di fronte a te: spicca la torre difensiva, intravedi le case, oramai del tutto diroccate, e puoi decidere di andare fin lassù, seguendo il percorso dal paese di Macenano, in una breve ma affascinante escursione.

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 Il castello abbandonato di Umbriano in primo piano e l’Abbazia di San Pietro in Valle sullo sfondo. Ph: Nicola Pezzotta

L’Abbazia di San Pietro in Valle, dichiarata monumento Nazionale, sorge sul Monte Solenne a 400 metri s.l.m., e l’intera struttura da antico monastero benedettino è stata adibita, dopo lunghi e consistenti lavori di ristrutturazione e consolidamento, ad albergo, iniziando la sua attività nel 1999.

I lavori, portati a termine sotto la guida della Soprintendenza alle Belle Arti dell’Umbria, hanno preservato il fascino medievale che l’intero complesso emana, fin nell’arredamento delle stanze, ammobiliate in stile e con alcuni pezzi autentici, ognuna designata con il nome di un monaco benedettino.

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 Momenti di quiete a San Pietro in Valle. Ph: Nicola Pezzotta

Sono i proprietari della struttura, Alessandro e Federica, che qui ringraziamo per la disponibilità, ad illustrare le vicende storiche del complesso monastico, ivi compresa la chiesa ricca di capolavori d’arte di cui parleremo più avanti. Una storia lunga, articolata, dove si intrecciano figure di eremiti, abati e duchi longobardi, in un susseguirsi di eventi a volte di difficile ricostruzione.

Scrive al riguardo Simon Schama, storico dell’arte britannico: “Lo storico è costretto a inseguire ombre, penosamente consapevole della propria incapacità di ricostruire un mondo scomparso nella sua interezza, per quanto esaustiva e rivelatrice possa essere la documentazione in suo possesso” e prosegue affermando che gli storici sono “condannati a chiamare costantemente a gran voce qualcuno che ha appena girato l’angolo, che non è più in grado di sentirci” (1).

E in queste incertezze e supposizioni si addensano tradizioni e leggende legate alla fondazione dell’Abbazia innalzata per volontà del duca di Spoleto Feroaldo II intorno al 720, non lontano da un eremo dove si ritiravano in preghiera i due eremiti siriaci Giovanni e Lazzaro giunti in Italia tra il VI e il VII secolo. La chiesa divenne pertanto centro del potere longobardo e lo stesso Feroaldo, vestiti gli abiti monastici nel 728, venne qui seppellito, come anche i suoi successori tra cui ricordiamo Hilderigo Dagileopa, che ha lasciato inciso il suo nome nella lastra marmorea scolpita a bassorilievo, la cosiddetta ‘lastra di Ferentillo’, ben nota a tutti gli studiosi di storia dell’arte e oggi utilizzata come paliotto d’altare, sebbene originariamente doveva probabilmente far parte di una recinzione presbiteriale.

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 La famosa “lastra di Ferentillo” una delle più importanti testimonianze longobarde del centro Italia. Ph: Nicola Pezzotta

Gravemente danneggiata nel IX secolo a causa delle invasioni saracene, l’Abbazia fu in parte ricostruita nel 996 da Ottone III, lavori che proseguirono con Enrico II, in collaborazione con l’abate Ruitpardo. Sono questi i secoli della massima espansione del potere dell’Abbazia, che andava estendendosi su un vasto territorio ricco di ville, borghi e torri. Queste ultime, costruite in punti strategici, avevano il compito di controllare le vie di comunicazione con Terni, Spoleto, la Sabina e le Marche, fino a Roma, funzione che avevano per l’appunto i bei castelli di Precetto e Mattarella (al pari di quello di Umbriano) eretti a Ferentillo: arroccati rispettivamente sul monte Gabbio e sul monte S. Angelo, conservano la torre e le mura (quelle con i bastioni cilindrici angolari è il castello di Mattarella) e si affrontano l’un l’altro sorvegliando il fondo valle regalandoci uno degli scenari più belli e suggestivi della Valnerina.

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 Il Castello di Mattarella (oggi Ferentillo insieme al Castello di Precetto). Ph: Fabiola Cogliandro

Nel 1300 l’Abbazia, a causa della supposta corruzione dei monaci, venne affidata al Capitolo Lateranense di Roma. Da questo momento si verificarono vari passaggi di proprietà nel corso dei secoli, passando dal casato genovese dei Cybo alla famiglia Ancajani, originari di Spoleto, fino al 1917, quando l’ultima discendente Ancajani cedette la chiesa al parroco e il convento ad Ermete Costanzi.

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Abbazia di San Pietro in Valle: giardino panoramico. Ph: Fabiola Cogliandro

La struttura ricettiva, come ci descrivono con passione i proprietari, “è in grado di offrire un turismo unico, quello più sensibile all’arte, alla storia, al trascendentale, una struttura uscita intatta dal tempo per una vacanza unica e suggestiva”. E il perché lo si capisce sin da subito.

L’Abbazia è immersa nel verde, il silenzio è quasi solenne, nel parlare non osi alzare il tono della voce, sei tu che devi ascoltare la natura che ti circonda, ed osservare. Oltrepassata l’entrata che costituiva il corpo di guardia risalente al 1500, ovvero l’alloggio del padre guardiano dove i forestieri potevano rifocillarsi e i mercanti contrattare la merce con i monaci, ed ora adibita a reception, si apre davanti a noi lo splendido giardino panoramico di 1600 metri quadrati.

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 Abbazia di San Pietro in Valle: giardino panoramico. Ph: Nicola Pezzotta

Dopo averlo percorso ed aver attraversato l’arco arriviamo nel chiostrino quattrocentesco, intimo e raccolto, che conserva oltre a un vecchio torchio, il pozzo dove i monaci attingevano l’acqua.

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 Primo chiostro (quattrocentesco). Ph: Fabiola Cogliandro

Il successivo arco ci immette invece nel secondo chiostro, più antico, realizzato nel secolo XII, bellissimo ed elegante nel loggiato con colonnine che si rincorrono sorreggendo archi a tutto a sesto. In questi ambienti i locali accolgono le prime stanze per gli ospiti, un centro benessere e l’antico refettorio, nel quale è servita la prima colazione.

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Secondo chiostro (del XII secolo). Ph: Nicola Pezzotta 

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 Loggiato superiore del secondo chiostro (del XII secolo). Ph: Nicola Pezzotta

Dal chiostro romanico le scale ci portano al secondo piano, all’interno della struttura, quasi un labirinto di stanze e sale, mentre sempre dal chiostro un portale ornato da due altorilievi raffiguranti S. Pietro e S. Paolo della prima metà dell’XI secolo, costituisce l’ingresso meridionale della chiesa, il cui campanile in stile romanico si osserva dal giardino panoramico.

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 Atrio di alcune stanze interne. Ph: Nicola Pezzotta

L’edificio, a navata unica e copertura a capriate lignee, con transetto e tre absidi semicircolari, venne realizzato in epoche diverse assumendo l’attuale fisionomia in età romanica (XI-XII secolo). Oltre alla già menzionata lastra marmorea scolpita dell’VIII secolo, tra i più importanti documenti di scultura di epoca longobarda, enigmatica composizione che presenta l’iscrizione “Ursus magester fecit”, da identificare forse con la firma dell’artista (sebbene gli studiosi propendano per altre ipotesi), e una seconda lastra marmorea dietro l’altare della stessa epoca, la chiesa deve la sua importanza al ciclo pittorico che un tempo ornava completamente le pareti dell’edificio.

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Seconda lastra marmorea longobarda. Ph: Nicola Pezzotta 

Si presenta oggi lacunoso, ma i restauri intrapresi dall’Istituto Centrale per il Restauro di Roma nella prima metà degli anni ’90 hanno conferito agli affreschi piena leggibilità. Il ciclo, distribuito su tre registri, si estende su entrambe le pareti della navata e sull’arco trionfale, e raffigura episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento, con scene inserite entro riquadri dove non manca una certa attenzione al dato prospettico e alla tensione dinamica conferita alle figure. Gli affreschi sono considerati dalla critica uno dei grandi testi della pittura romanica in Italia, la cui realizzazione si deve a una bottega romana attiva a Ferentillo alla fine del secolo XII.

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Affreschi del XII secolo con raffigurati episodi del Vecchio Testamento. Ph: Nicola Pezzotta 

Segnaliamo infine nella chiesa le decorazioni sempre ad affresco delle tre absidi e della controfacciata (sec. XIV-XVIII) e la presenza di cospicui reperti archeologici di epoca romana: frammenti di rilievi ed epigrafi, capitelli, un cippo votivo e una bellissima serie di cinque sarcofagi datati entro il III secolo d. C.

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Affresco dell’Abside. Ph: Nicola Pezzotta 

L’Abbazia di San Pietro in Valle ci affascina per questo, perché alimenta le nostre menti e la nostra curiosità e perché mantiene intatto lo spirito di un tempo, lo stesso che ritroviamo nel ristorante, che sin dal nome, Hora Media, rimanda alla regola benedettina. L’intento è chiaro anche nella preparazione dei piatti, raffinati e ricercati, che propongono ricette della tradizione utilizzando prodotti locali selezionati con estrema cura.

Incuriositi dalle descrizioni e dai consigli di Carla, che ci illustra la storia del ristorante e le particolarità delle singole pietanze, degustiamo piatti a base di erbe selvatiche e secondi di carne impreziositi con lo Zafferano di Cascia, il tutto accompagnato da ottimi vini. Il sottofondo di musiche medievali ci ricorda ancora una volta il forte legame di questo luogo con la storia, di come il passato ci appartenga e di come l’Abbazia di San Pietro in Valle sia in grado di farlo rivivere. Ripercorro di nuovo, con la mente, il bel giardino panoramico, e porto con me la mia istantanea: ora non vi resta che catturare la vostra.

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 Relax nel giardino panoramico dell’Abbazia di San Pietro in Valle. Ph: Fabiola Cogliandro

Note:

(1) S. Schama, Le molte morti del generale Wolfe. Due casi di ambiguità storica, Mondadori, 1992, p. 258

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