Sisters – Spiaggia delle due Sorelle, Monte Conero | © Nicola Pezzotta 2012. All rights reserved
“Nella notte buia una nave corsara filava lungo la costa adriatica. In silenzio ed a lumi spenti la nave doppiò il promontorio roccioso del Monte Conero, a picco sul mare, e subito risuonò a bordo il comando: “Accosta!”. Nella parete rocciosa si apriva, a livello dell’acqua, una grande grotta: la nave corsara accostò all’apertura e finalmente a bordo si accesero le luci. Sulle acque cupe si riflettevano i raggi delle lanterne…
Nel fondo della grotta affiorava uno scoglio verso il quale i pirati si diressero con le barche. Tutti scesero a terra, scaricando casse, sacchi, vasellame: un grande bottino conquistato assalendo una galea veneta.
Sulla nave c’era una fanciulla bellissima: aveva gli occhi pieni di lacrime. Si trattava di una principessa, figlia di uno dei più potenti signori veneti: stava tornando da un viaggio in Terra Santa, quando la sua nave, appena entrata nell’Adriatico, era stata assalita dai Saraceni. I suoi marinai erano tutti morti e la nave era stata affondata; lei sola, la bella principessa, era stata condotta nel rifugio segreto.
“Eccoci arrivati” disse il capo corsaro, dopo che la prigioniera ebbe messo piede sullo scoglio. “Nessuno ti farà del male. Quando tuo padre avrà pagato il riscatto ti lasceremo libera. Altrimenti sarai mia schiava.” Nella grotta, dove solo un leggero variare di luci mostrava l’alternarsi del giorno e della notte, cominciò la strana vita della bella principessa.
Tutti erano rispettosi: essa valeva tanto oro quanto pesava. Il tempo passava lentamente; più volte i corsari erano tornati portando altro bottino. Cento altre galee venete erano cadute nelle loro mani, ma i Saraceni mandati a Venezia a trattare col Principe per il riscatto, non erano ancora tornati. Forse li aveva travolti una tempesta, forse erano stati a loro volta attaccati, forse…
Ad ogni cambiare di luce che annunciava un giorno nuovo la fanciulla apriva il cuore alla speranza e, quando le onde che battevano contro lo scoglio diventavano nere per l’oscurità, la speranza si perdeva nella notte. E le lacrime ricominciavano a scorrere sul suo volto.
Una mattina il capo corsaro le disse: “Oramai il riscatto non arriverà più. Sai quale sorte ti aspetta.”
“Sì, lo so” rispose la fanciulla “e so che hai aspettato molto e che sei stato sempre buono con me”.
Il corsaro la guardò stupito e confuso: non era cosa solita che le prigioniere fossero così gentili con i loro rapitori.
“Bene” disse burbero “domattina vedremo cosa fare di te”.
Come al solito la fanciulla rimase sola sullo scoglio, ma quel giorno pianse tanto da sentirsi fondere nel suo stesso pianto…
La mattina il capo corsaro salì sullo scoglio e invano cercò la sua prigioniera: la bella principessa era sparita. Ma al posto dove abitualmente stava seduta c’era una piccola sorgente chiara che sgorgava dalla roccia e si versava nell’acqua di mare.
Il capo corsaro vi immerse la mano e la portò alla bocca; era una acqua fresca e dolcissima, una vera fortuna per gli abitanti della grotta dove entrava soltanto un lembo dell’amarissimo Adriatico.
Il capo corsaro si inginocchiò vicino alla fonte; quell’acqua dolce e pura avrebbe ricordato per sempre la bella principessa che si era consumata per la tristezza e per la nostalgia.”
Oggi di questa grotta esiste, ormai, solo il toponimo, attribuito ad un breve tratto di costa della Riviera del Conero tra gli scogli della Vela e delle Due Sorelle e resta il patrimonio prezioso delle antiche misteriose leggende, come questa appena raccontata: una sorta di tesoro irraggiungibile, racchiuso in uno scrigno perduto sui fondali azzurri ai piedi del monte.
Tratto da: “Le grotte del Conero” di Alberto Recanatini