Stagioni di vita al Sasso Simone

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Il Sasso Simone

{xtypo_quote_right}Il Sasso Simone e Simoncello, con il territorio circostante, rappresentano uno dei tanti, ma preziosi, spazi liberi e selvaggi che ancora l’Appennino protegge, oasi in cui si ravvisa la primitiva bellezza della natura.{/xtypo_quote_right}

Il Sasso di Simone (e il Simoncello) è un complesso calcareo al confine tra le Marche e la Toscana e anche al confine tra il Parco Interregionale del Sasso Simone e Simoncello (Emilia Romagna e Marche) e la Riserva Naturale Sasso di Simone (Toscana). E’ chiaro che, al di là di confini amministrativi, c’è un interesse comune a proteggere il più possibile le bellezze naturali dell’area.

Quello che colpisce, oltre alla elevata importanza naturalistica dell’area (sono presenti SIC, ZPS e Aree Floristiche Protette) sono i resti di un qualcosa costruito dall’uomo che possiamo rinvenire sulla sommità del Sasso.

“Quei resti, quella storia in gran parte impalpabile, costituisce ancora oggi, nel bel mezzo di un ambiente naturalistico di eccezionale valore, la meta di quanti avvertono il fascino del bello e il mistero delle cose mai assaporate o assaporabili fino in fondo”.

Cosa è avvenuto nel passato da queste parti? Chi ha vissuto quassù?

 

Nota

Nei prossimi capitoli nella prima parte potete leggere un racconto ispirato dai fatti reali e realizzato basandomi su avvenimenti storici accertati dalle ricerche; nella seconda parte potete leggere alcuni approfondimenti storici dell’epoca.

 

Anno 1570 a. C. – la stagione della sopravvivenza

“Dove diamine sono andate a cacciarsi? Eppure erano qui un attimo fa!” La luce del giorno si sta facendo sempre più fioca. Mi guardo attorno ma manca praticamente la metà del gregge di pecore che stavo portando a valle. Ma com’è stato possibile? Dove sono finite?

Mentre nella mia mente vorticano queste domande, cerco una soluzione al problema che inizia a farsi molto grave. Ritrovare o no le pecore mancanti significa riuscire o non riuscire a sopravvivere per me e la mia famiglia.

Fuori è sempre più buio, ma non perché il sole stia già tramontando, per quello c’è ancora tempo. La causa sono le nuvole temporalesche sempre più vicine, lampi di luce le illuminano di un giallo intenso.

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Il Sasso Simone e Simoncello visti dal Monte Carpegna

Mi viene un dubbio: forse al valico quelle maledette hanno deviato per il sentiero che sale in vetta! Se così fosse sono fregato. Se sono salite sul Sacro Monte si spiegherebbe anche l’ira del Dio Semo.

Non posso fare altrimenti, devo andare a vedere se sono lì. Lascio le altre pecore al mio amico con i suoi cani dicendogli di portarle a valle mentre io torno indietro quasi correndo. Al valico la vetta del Monte Semo è coperta già dalle nuvole e ogni tanto una folgore cade sulla cima.

Il mio cuore martella nel petto e sembra voler esplodere. Sono agitatissimo devo salire sulla montagna anche se questo vuol dire andare contro tutto quello in cui credo: non posso ascendere, dio non me lo permetterà; ma devo riuscirci, per i miei cari.

Mi faccio forza e sotto una pioggia scrosciante salgo l’impervio sentiero che in pochissimo tempo mi porta all’entrata del regno di Semo.

Col cuore in gola faccio il primo passo…

Sono vivo.

Faccio il secondo. Bene, respiro ancora.

Mi faccio coraggio e inizio a cercare forsennatamente le mie pecore finché, in una verde e fresca radura le trovo mezze impaurite a cercare un posto dove nascondersi.

Come mi vedono sembrano rianimarsi dal terrore e seguendo le mie indicazioni e quelle del mio fidato cane riesco a farle scendere dal Monte.

Ma la notte è vicina e non ce la farò mai ad arrivare nel fondovalle. Devo trovare assolutamente un luogo dove passare la notte. In quest’area sotto il Monte Semo mi pare che gli anziani raccontassero la presenza di molte grotte.

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Il Sasso Simone lato Toscana

Passando tra radure e intricate foreste alla fine trovo un anfratto abbastanza grande per me e le mie pecore. Intanto il cielo si è squarciato mostrando un bellissimo cielo punteggiato di luci.

Al cospetto di tanta immensità ringrazio gli dei per avermi risparmiato e prego che questa notte i feroci lupi non mi facciano visita per banchettare con me e i miei animali.

Domani, se loro vorranno, riuscirò ad abbracciare la mia amata e i miei bambini.

 

Nota storica

Tra il III millennio a.C. e il XII secolo a.C. in tutta la penisola italiana centro meridionale si sviluppò la “cultura appenninica”, una particolare civiltà dell’età del bronzo dedita principalmente alla pastorizia. Anzi sembra che l’usanza della transumanza del bestiame da nord a sud (e da sud a nord) della nostra penisola abbia le sue origini proprio in questo periodo.

A quanto pare anche al Sasso Simone era presente questa civiltà e la popolazione sfruttava le belle praterie in quota per dar da mangiare alle loro greggi.

Le origini del nome della montagna non sono state mai ben decifrate. Una teoria è che in epoche remote il Sasso Simone fosse una montagna sacra e sulla sua sommità (probabilmente inaccessibile al popolo) risiedesse il Dio Semo (o Semone) da cui poi il nome attuale di Simone.

Attorno ai Sassi Simone e Simoncello possiamo ancora oggi scorgere numerose grotte, proprie della roccia calcarea: verosimilmente erano utilizzate per ripararsi dalle intemperie.

In quel periodo gli animali selvatici erano davvero un pericolo per le persone. Fino al medioevo, epoca dell’inizio del loro sterminio, ad esempio, i lupi imperversavano ferocemente in tutte le contrade con branchi molto numerosi.

 

Anno 1206 – la stagione della fede

Stringo le mani tra loro e ci soffio dentro per scaldarle. L’ho fatto tante di quelle volte nell’ultima ora che ho perso il conto. L’aria in questa stanza è gelida, il mio saio è duro come la roccia, sembra fatto di ghiaccio. Avvicino la candela alla Bibbia e cerco di leggere un altro passo

“ […] Egli manda la neve come lana,
sparge la brina come cenere.
Egli getta il suo ghiaccio come a pezzi;
e chi può resistere al suo freddo?
Egli manda la sua parola e li fa sciogliere;
fa soffiare il suo vento e le acque corrono”.

Ma la sua parola siamo noi che dovremmo diffonderla. Noi dovremmo confortare il popolo che tutto andrà bene, che l’inverno passerà, che è il Signore che ci sta mettendo alla prova. Proprio noi.. ma sento come se Egli ci avesse abbandonato. Cerco di guardare dalla finestra ma è gelata.

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Il Sasso Simone. Ph: Leonardo Del Prete

Mi alzo, ho bisogno di schiarire le idee. Esco e c’è una strana luminosità: tutto è bianco, il cielo e la terra sembrano indistinte. I metri di neve attorno a noi arrivano a ricoprire quasi le case.

Ieri siamo saliti sul tetto per far cadere quella accumulata dei giorni precedenti perché se il tetto si sfondasse.. non voglio pensarci. E il cielo, invece è denso, lattiginoso. Sento l’aria attanagliarmi la pelle in una morsa, mi toglie quasi il respiro.

Sono turbato, perché siamo in questo luogo ameno? Non mi sento pronto a tutto questo. Molti contadini hanno iniziato ad andarsene al paese più in basso e non sono così sicuro che torneranno mai più. Le loro case sono state già sventrate dal peso della neve.

Sono arrivato qui con le migliori intenzioni. Mi avevano detto che questo è un luogo sacro, che Simone venne dall’Oriente e qui si trasferì circa 200 anni fa in ritiro spirituale, per risanare la propria anima dalle perversioni e dalle tentazioni del mondo.

Ma lui era un sant’uomo, invece io chi sono? Non ho la sua forza spirituale e, che Dio mi perdoni, inizio a pensarla in un’altra maniera. La vera prova non è forse il contrario? Resistere alle tentazioni vicino alle stesse piuttosto che isolarsi dal mondo?

Non so più cosa pensare, questo gelo mi sta entrando dentro e non mi permette neanche di ragionare in maniera lucida.

Gli abitanti hanno riposto in noi monaci di Sant’Angelo al Sasso molta fiducia.. non so se riuscirò a farcela. Ho bisogno di meditare.

 

Nota storica

Il Sasso di Simone tra il XII e il XV secolo era abitato da un nucleo di monaci benedettini insieme ad alcuni montanari. Sembra che prima del 1131 (data del primo documento in cui si attesta la presenza del monastero, già avviato) nello stesso luogo potesse trovarsi una zona di eremitaggio, proprio alle origini di questo fenomeno. Lo stesso nome della montagna potrebbe derivare da un certo Simone eremita dimorante sul Sasso in epoche remote.

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I Sassi Simone e Simoncello dal Monte Carpegna

La vita, in quella che è stata l’abbazia più alta d’Europa, era durissima. Sembra che durante l’inverno i montanari e contadini scendessero a valle e lasciassero soli i monaci sull’altura. Nel 1272 l’abbazia contava un abate, cinque monaci e due conversi. Non era di quelle monumentali dell’altra parte d’Europa, ricordiamoci che si trovava su un pianoro a 1200 metri sul livello del mare dove non c’era neanche l’acqua. Era più vicina alle forme eremitiche che cenobitiche. Entrò in crisi principalmente per tre motivi: un motivo politico che vedeva il Sasso un presidio molto importante dal punto di vista militare; un motivo sociologico cioè il progressivo spopolamento dell’Appennino dovuto alle epidemie e un motivo climatico che ha visto il progressivo irrigidimento delle temperature per un bel periodo che rese improbabile la vita sull’altura.

Negli anni successivi del monastero non rimase più niente; solo la chiesa durò più a lungo. Oggi nel luogo dove questa era situata è stata collocata una croce metallica e un’iscrizione.

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L’iscrizione sotto la croce al centro del Sasso Simone, luogo in cui era presente l’antica chiesa.

 

Anno 1612 – La stagione della guerra

“Caro Carlo,

ti scrivo questa lettera con le ultime forze che ho nel corpo per raccontarti il mio più grande fallimento. Ho bisogno di parlarne con qualcuno, perché credevo molto in questo progetto e morirò con il rimpianto di non essere riuscito a realizzarlo.

Quando Cosimo in persona mi convocò ero entusiasta: realizzare una città-fortezza in cima al Sasso di Simone. L’idea era grandiosa e lavorarci mi rendeva estremamente gioioso. Potevo finalmente mettere alla prova le mie capacità.

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La Città del Sole al suo apice. Fonte: Comune di Carpegna 

Subito ho rintracciato le carte del progetto precedente, per prendere ispirazione. Circa 150 anni fa Novello Malatesta capì l’importanza di una fortificazione sul Sasso Simone che definì “una ricchezza offertagli dalla natura a cui voleva aggiungere quegli indispensabili approntamenti artificiali, atti a coniugare la risorsa naturale con il talento dell’ingegneria militare”. Fece costruire una strada incisa nella parete, ma è stato l’unico elemento che ho ritrovato, perché poco dopo la disfatta dei Malatesta nello scontro diretto con Federico da Montefeltro portò all’abbandono del progetto.

A mio avviso la strada non era adatta alle nostre intenzioni, così ne realizzai un’altra sul lato sud-est, abbastanza ampia da far passare anche carretti per il trasporto dei materiali.

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Discesa dal Sasso Simone lungo l’antica strada lastricata della Città

Infatti quando il Sasso passò nelle mani del nostro signore Cosimo de’ Medici, la sua idea era chiara doveva essere un baluardo, un avamposto di frontiera per difendere la nostra amata terra. Non è stato il frutto di improvvisazione, ma rientrava bene in una precisa logica politica e strategico-militare. Il simbolo della “Città del Sole” era un sole radiante in campo azzurro, come se alzando lo sguardo dal monte il sole è l’unica cosa che si riesca a vedere.

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Stemma Araldico della Città del Sole. Fonte: Comune di Sestino

Ho studiato in modo approfondito la questione e presentato il progetto che ha subito conquistato Cosimo. Il 14 luglio 1566 iniziammo la costruzione della cittadella militare e di quella civile. Il primo problema è stato proprio questo: riuscire a coniugare le due anime della città. Una città senza risorse economiche doveva per forza di cose vivere di commerci, però questi erano impediti o legati dalle ferree regole di una fortezza. Per risolvere questo problema costruimmo un mercato coperto alla base del Sasso, dove già si effettuavano scambi commerciali da tempi immemori.

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Luogo alla base del Sasso dove poteva essere il mercato coperto

Come ti dicevo la città non aveva risorse, anzi uno dei problemi più grandi era la mancanza di acqua. La realizzazione di un numero adeguato di cisterne riuscì a sopperire questa incombenza perché “senza l’acqua le fortezze sono perdute” come ha più volte affermato il nostro Signore.

I lavori procedettero spediti nei primi tempi. Costruimmo un tribunale, due carceri (femminile e maschile), la casa del podestà, le cisterne e numerose case per il popolo. La torre difensiva, la porta di ingresso alla cittadella e le mura di difesa vennero appena dopo. Nel frattempo attraverso viaggi epici che rimarranno negli annali arrivarono da Cortona e Sansepolcro i cannoni e le bombarde per la difesa della città.

Ma l’avvisaglia che qualcosa stava cambiando iniziava già in quei primi anni a manifestarsi. Venti sempre più impetuosi e inverni sempre più rigidi mettevano a dura prova il lavoro. Succedeva spesso che alla ripresa dei lavori, dopo il periodo invernale, occorreva restaurare o ricostruire quanto le intemperie avevano rovinato o distrutto.

Ma si riusciva ancora a rimediare con grande maestria a questi inconvenienti. Verso la “fine” dei lavori (se mai ce ne fosse stata una) anche Cosimo venne a guardare la sua più grandiosa idea: per qualche giorno nel mese di luglio del 1572 si fermò alla Città del Sole e girò ammaliato tra le case.

Ormai i giochi erano fatti tanto che il 1° settembre 1574 il podestà di Sestino prendeva residenza sul Sasso. In quegli anni in città si contavano un centinaio di abitanti e circa 10 soldati. E’ stata l’ultima volta che la vidi con i miei occhi, al massimo del suo splendore.

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Città del Sole. Fonte: Comune di Sestino

I miei impegni mi tennero lontano da Sestino, ma non mancavano le notizie di quello che stava avvenendo lassù. La crisi del 1590 si fece sentire anche al Sasso, dove molti abitanti scelsero di tornare alle loro case più a valle. Il paese “era in gran parte dell’anno predominato dalle nevi, diacci e venti” e le case abbandonate venivano giù come fossero di carta.

Tutto quel lavoro.. è bastato un attimo a spazzarlo via. La forza della natura sta prendendo il sopravvento e noi non abbiamo più la forza di contrastarla. Io meno che mai, ormai sono anziano, mi sento molto debole nel fisico e soprattutto nello spirito. Non so se vedrò il nuovo anno.

Ogni nuova notizia non fa che acuire la mia tristezza. Proprio qualche giorno fa un amico mi raccontò di una perdita in una cisterna e del rapido svuotamento. E noi inermi difronte a tale disastro.

Forse abbiamo osato troppo, ci siamo spinti oltre le nostre capacità.

Forse, Carlo, non avremmo mai dovuto imbarcarci in questa impresa. Ora sento tutte quelle morti e quella sofferenza sulla mia coscienza. Sento la mia vita affievolirsi e la serenità mi ha abbandonato da anni ormai.

Spero che potrai capire le mie pene,

il tuo amico Leonardo da Nipozzano”.

 

Nota storica

Sulla vetta del Sasso Simone nel XV secolo Novello Malatesta progettò la costruzione di una fortezza, “un baluardo atto alla guerra, nell’offesa e nella difesa”; fu il primo a pensarla in questa maniera. Nel 1463 del precedente complesso benedettino non rimaneva che un cumulo di macerie e la chiesa al centro del Sasso.

A causa della disfatta del Malatesta non si riuscì a mettere in pratica l’idea ma questa fu ripresa circa 100 anni dopo da Cosimo I de’ Medici nell’intento di fortificare i confini del suo regno di Toscana.

Il progetto fu realizzato da Leonardo da Nipozzano e il 14 Luglio 1566 iniziarono i lavori. Si cercò di portare la popolazione ad abitare il nuovo centro che sarà chiamato Città del Sole attraverso una “detassazione” o dando addirittura le case gratuitamente. Il costo di costruzione andò a gravare su tutti i comuni che presidiavano il territorio e proporzionale alla loro grandezza. A causa di queste tasse aggiuntive le comunità montane erano molto contrarie alla realizzazione della città-fortezza.

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Sasso Simone

Nel luglio 1572 lo stesso Cosimo I salì al Sasso per vedere con i suoi occhi come andassero i lavori e nel settembre 1574 il podestà di Sestino, prendendo residenza al suo palazzo, avvia ufficialmente l’inizio della breve avventura della Città del Sole.

Il tribunale è un po’ il motore del complesso: in 10 anni (dal 1586 al 1596) furono inquisite circa 1332 persone. Nel suo momento di massimo splendore la città toccò le 100 unità tra cui 10 soldati.

Purtroppo tra il momento dell’ideazione e quello della piena attuazione (fine 1500) si avverarono due fenomeni decisamente imprevedibili e disarmanti: una inversione climatica, che rendeva sempre più difficile la vita in montagna, e una crisi demografica da mobilità e carestia, che fece precipitare la densità di popolamento.

Nel 1610 il collasso delle strutture sembra già accelerare e addirittura nel 1612 una delle cisterne si vuota completamente. Nel 1645 la situazione è alquanto disastrosa e nel 1679 si dichiarava che la città fosse ormai disabitata e anche da tempo.

Praticamente in circa 100 anni la Città del Sole vide la sua nascita e la sua morte.

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Sasso Simone e Simoncello

 

Nota: tutta l’area marchigiana del Parco Interregionale del Sasso Simone e Simoncello, è stato visitato in occasione del #MarcheNatura blogtour: un giro di 3 giorni nei 5 parchi della Regione Marche insieme a blogger e instagramers. Se ne volete sapere di più cercate sui social il tag #marchenatura!

 

Bibliografia

Una lunga storia e un delicato contesto, Uomo e Ambiente 1, Studi preliminari alla redazione del Piano del Parco: 1, AAVV, Società di Studi Storici per il Montefeltro, 2014.

Il paesaggio vegetale del Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello, Studi preliminari alla redazione del Piano del Parco: 3, Simona Casavecchia, Società di studi per il Montefeltro, 2011.

Guida Insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità delle Marche, Elsa Ravaglia e Fabio Filippetti, Newton & Compton Editori, 2004.

www.parcosimone.it

www.naturalmente.it

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