Sasso Pozzo
Il meteo non lasciava speranze, “piogge da moderate a intense tutto il giorno”. Così si prospettava la vigilia di Pasqua secondo tutti i siti specializzati.
Il buon senso mi avrebbe dovuto suggerire di restare al caldo, a casa, a curarmi un misto di raffreddore tosse e sinusite.
Ma proprio per quel giorno avevamo programmato l’escursione alla Valle dell’Elce e non me la volevo perdere.
Perché?
Beh, perché la stavamo rimandando da almeno tre anni e perché è una di quelle escursioni che unisce al piacere di passeggiare in montagna anche la possibilità di scoprire sia bellezze architettoniche che particolarità geologiche e paesaggistiche.
Una di queste è il Sasso Pozzo, una cavità sul fianco di una parete rocciosa da cui si forma una scenografica cascata in occasione d’intense precipitazioni. L’evento è abbastanza raro ma, considerando le previsioni meteo, c’era la speranza di vederlo in “attività”.
Decidiamo quindi di fare un percorso ad anello partendo dal Santuario di S. Maria delle Macchie per poi salire verso il Monte Pormicio, passare nella Valle dell’Elce, visitare due grotte, arrivare al Sasso Pozzo ed infine chiudere l’anello per un totale di 16 Km.
Raggiungiamo il complesso monastico di S. Maria delle Macchie che si trova nel comune di Gagliole, percorrendo una traversa della statale septempedana che unisce San Severino a Castelraimondo.
Santa Maria delle Macchie
Il Santuario è ancora chiuso così decidiamo di prepararci per l’escursione. Appena infilati gli scarponi, una giovane suora si affaccia dal portone e ci invita a entrare. Visitiamo quindi il complesso, piacevolmente sorpresi dall’ospitalità delle suore e dalla loro disponibilità a rispondere alle nostre domande.
La struttura è veramente bella ed insolita; rappresenta infatti un raro esempio di “chiesa multipla”, ovvero formata da due ambienti affiancati comunicanti fra di loro.
La chiesa più piccola, quella originaria, è in stile gotico ed è formata da un’unica aula separata dal presbiterio, riservato ai monaci, da un’imponente cancellata. Dei costoloni in laterizio corrono lungo le 4 campate a sesto acuto.
Santa Maria delle Macchie
Santa Maria delle Macchie
Una porta laterale (ovvero quella che era il portale d’accesso originario) la mette in comunicazione con la seconda chiesa, ricavata tra il 1543 e il 1605 dalla chiusura del porticato esterno del complesso.
Santa Maria delle Macchie
Santa Maria delle Macchie
L’impianto decorativo delle due chiese rappresenta l’altra particolarità del santuario. Non è stato rispettato infatti un vero e proprio progetto decorativo, ma le figure rappresentate sono state realizzate in tempi diversi da autori differenti. Ad eccezione delle figure absidali, tutte le altre hanno probabilmente finalità votiva: si susseguono in entrambe le chiese numerose immagini mariane e di Santi, commissionate probabilmente dalle comunità locali o da fedeli devoti.
“Ne emerge un mondo rurale ed agreste dominato da questi santi, un po’ taumaturghi e un po’ contadini, ai quali rivolgersi per un aiuto nei momenti difficili delle malattie, degli uomini e degli animali, delle catastrofi naturali e dell’inclemenza del tempo.” (1)
Si va da San Rocco protettore dalla lebbra a Sant’Antonio degli animali, da San Donnino protettore dai cani idrofobi a San Venanzio protettore dalle cadute.
Per accedere alle due chiese si attraversa un piccolo chiostro di concezione romanica, risistemato di recente.
Santa Maria delle Macchie – Chiostro
La suora ci spiega che durante i lavori di restauro, si è deciso di lasciare un pezzo del muro originario in cui sono presenti diverse scritte lasciate da pellegrini, persone di passaggio e, forse, anche da partigiani.
Sapevo che tra le altre firme c’era anche quella di mio nonno, ma non ricordavo che in realtà, su quel muro, era presente mezzo albero genealogico della mia famiglia. Decidiamo quindi di partire per l’escursione, prima che le suore mi facciano ripagare la tinteggiatura.
Santa Maria delle Macchie – Chiostro
Il sentiero parte sopra il parcheggio per le auto ed incrocia nel primo tratto la via francescana Assisi – Loreto. Il tracciato è ben evidente solo nella prima parte, ma appena entrati nel bosco si fa veramente difficoltà a riconoscerlo. Ci facciamo largo tra gli alberi caduti ed i rovi fino ad arrivare ad una strada sterrata. Ben presto il bosco si apre e ci ritroviamo in un bellissimo altopiano, con una vista spettacolare sulla vallata del Potenza. Si possono riconoscere facilmente le città di Castelraimondo, Matelica , il Monte Aria, e l’inconfondibile silhouette del castello di Pitino e la sua torre.
Dopo una breve sosta nei pressi di un piccolo rifugio del CAI raggiungiamo il Monte Pormicio per poi scendere, poco dopo, dentro il Fosso dell’Elce, lasciando così il sentiero francescano.
Entriamo in questa stretta valle circondati da un bosco di lecci. (E’ proprio questa pianta (Quercus Ilex) a dare il nome alla valle; viene infatti chiamata anche “elce”)
Il sottobosco è ricoperto da un tappeto giallo di primule e man mano che si scende verso il piccolo torrente si possono riconoscere diverse specie di felci, anche rare, che caratterizzano sia questa valle che la vicina valle dei Grilli.
Il sentiero si fa più sassoso. La fatica si fa sentire, ma ce la prendiamo comoda perché, sapendo che la zona è molto ricca di fossili, scrutiamo le pietre una ad una. A ricordarci che non è il caso di toccarle e tantomeno di girarle, è una piccola vipera che ci attraversa il cammino.
Per chi fosse interessato, a Gagliole nel 2002 è stato creato un museo di storia naturale, dove sono esposti i più bei fossili ritrovati in questa valle, oltre ad uno scheletro completo dell’orso delle caverne (Ursus Spelaeus) (http://www.museostorianaturalegagliole.it) .
Risaliamo poi per un breve tratto nel versante opposto raggiungendo così le due grotte presenti nella valle: la grotta de “lu fittucciu” e la grotta dell’Elce. La prima è un’angusta spaccatura nella roccia profonda solo pochi metri mentre la seconda è molto più grande e “scenografica”. Poco distante, ma non segnalata, vi è una sporgenza rocciosa che forma una tettoia naturale il cui soffitto è costellato da decine di ammoniti.
Grotta dell’Elce
Grotta dell’Elce
Dopo una breve sosta decidiamo di dirigerci verso il Sasso Pozzo. Per raggiungerlo risaliamo il sentiero che conduce verso Gagliole. L’imbocco della traccia che conduce al sasso è segnalata molto bene, bisogna però fare attenzione a dove si mettono i piedi, perché questo tratto è molto esposto sulla piccola forra creata dal torrente che periodicamente si forma dal Sasso Pozzo. Questo si presenta come un’apertura circolare sulla parete calcarea, di circa 1,5 metri. E’ lo sbocco di una grotta di origine freatica lunga 500 metri formata da un’angusta galleria al cui culmine si trova l’acquifero. Lo sviluppo è longitudinale e il dislivello tra l’entrata e la superficie dell’acquifero e di soli -29 m.
Sezione longitudinale della grotta (2)
In occasioni di forti piogge, l’acqua che passa attraverso lo strato roccioso sovrastante permeabile, va a riempire in maniera molto rapida la galleria. L’imbocco funziona da “troppo pieno”, ovvero l’acqua che va a colmare la grotta, non avendo altri sbocchi in quanto le rocce sottostanti sono meno permeabili, defluisce dall’imbocco formando una cascatella e il torrente che scende verso la valle dell’Elce. Purtroppo bisogna essere molto fortunati per assistere a questo evento, in quanto si ripete solo alcune volte l’anno.
Sasso Pozzo
Sasso Pozzo
Ritorniamo verso la valle dell’Elce ed imbocchiamo il sentiero che ci riporta verso il santuario. Il diluvio previsto dai meteorologi non si è fatto vedere (in realtà non è caduta una sola goccia di pioggia); un po’ di delusione c’è per non aver potuto ammirare il Sasso Pozzo in attività, ma la bellezza della Valle e la sua ricchezza vegetale e geologica valgono sicuramente una visita, anche senza cascata!
Bibliografia:
(1) Loretta Mozzoni, Angela Montironi, Guerrino Re, Massimo Cuppoletti – Arte Medioevale Benedettina nella provincia di Macerata
(2) Sandro Galdenzi, Alfredo Campagnoli – La circolazione carsica nel anco di anticlinali dell’Appennino Marchigiano: l’esempio della grotta Sasso Pozzo (Gagliole)