Come vi avevo promesso nel post “Attraverso la storia” (clicca qui), vi parlerò, qui sotto, in modo più dettagliato, di quell’affascinante luogo che è la Gola del Furlo.
Ci troviamo nella provincia di Pesaro e Urbino e questa Gola è, per il nord delle Marche, una sorta di isola biologica; decentrata rispetto alla catena appenninica (da cui dista circa 20 km) ma anche rispetto alla fascia collinare per via di un altitudine che sfiora i 1000 metri. Un po’ montagna, un po’ collina, mentre le piane alluvionali del fiume Candigliano e Metauro si insinuano fino alle sue pendici.
La Gola del Furlo, oggi | © Nicola Pezzotta 2011. All rights reserved.
Il cuore di quest’area è una grande gola dove scorre, a circa 176 metri sul livello del mare, il fiume Candigliano, sbarrato nel suo corso, sin dalla prima metà del secolo scorso, da una diga idroelettrica tra le più famose e spettacolari del centro Italia. Basta risalire la via Flaminia da Fano verso l’Umbria e uscire a Calmazzo, per bypassare la nuova galleria della Superstrada, per trovarsi difronte tutta l’imponenza della gola posta tra il Monte Paganuccio e il Monte Pietralata. Proseguendo da qui in poi lungo la vecchia strada Flaminia si possono ammirare le opere grandiose costruite dall’uomo all’interno della gola che hanno modificato in modo sostanziale il paesaggio circostante.
La Diga del Furlo, oggi | © Nicola Pezzotta 2011. All rights reserved.
Lo sbarramento del fiume Candigliano (diga del Furlo) è stato l’intervento umano che più ha modificato la parte inferiore della Gola negli ultimi 80 anni. In precedenza, per migliaia o forse milioni di anni, lo scenario naturale era profondamente diverso. Per rendersene conto in qualche modo è quantomeno opportuno non solo guardare attentamente il presente, ma osservare anche le immagini della zona a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Passo del Furlo, anno 1870 | fonte: “Paesaggi Culturali”
La diga è stata costruita tra il 1918 e il 1922 nel punto in cui vi era una cascata naturale dell’altezza di 10 metri. Inizialmente costruita dall’UNES per produrre energia elettrica è successivamente passata all’ENEL nel 1962. Originariamente alimentava una centrale collocata a valle della diga sul lato del Monte Paganuccio (opposto alla strada), ma venne distrutta durante la seconda guerra mondiale. La nuova centrale è attiva dal 1952 e si trova a monte di Calmazzo in riva sinistra del fiume Candigliano. Il bacino è in grado di sviluppare una potenza di 13000 kW per una producibilità di 33.210.000 kWh, la più alta della provincia di Pesaro e Urbino.
Costruzione della Diga | fonte: “Paesaggi Culturali”
La diga è stata costruita su roccia viva per un’altezza di 47 metri ed appartiene alla tipologia denominata ad arco-gravità. Infatti ha la forma di un arco rivolto verso valle e per questo la maggior parte del carico d’acqua è distribuito verso le pareti laterali del Monte Paganuccio e del Monte Pietralata. Come tutte le dighe a gravità ha uno spessore notevole alla base (16 metri), mentre la sommità (il coronamento sul quale si può camminare, in caso di apertura della diga al pubblico) ha una larghezza di 3 metri. Lo sbarramento ha prodotto un aumento del livello del fiume Candigliano per una lunghezza di circa 3 km creando il lago artificiale.
Costruzione della Diga | fonte: “Paesaggi Culturali”
Tecnici della costruzione della Diga | fonte: “Paesaggi Culturali”
Le dighe, in genere, sono interventi umani che condizionano estremamente un ambiente naturale sviluppatosi per secoli o migliaia di anni. Tante volte queste opere sono ritenute ecocompatibili, ma ci sono indubbiamente numerose casistiche e luoghi in cui tali manomissioni sono più o meno tollerabili; tuttavia l’obiettivo perseguito da tale tipo d’impianti, cioè l’energia pulita e rinnovabile, rappresenta una ricompensa probabilmente adeguata. Ma non è una manomissione indolore e per quanto la creazione di uno specchio d’acqua rappresenti per lo più un innalzamento delle bio-diversità, resta il fatto che si è cambiato un luogo per sempre, un luogo che è il risultato di eventi tettonici e idrodinamici verificatisi nell’arco di oltre 200 milioni di anni.
Costruzione della Diga | fonte: “Paesaggi Culturali”
Costruzione della Diga | fonte: “Paesaggi Culturali”
Fin al 1918 la Gola del Furlo era ben diversa da oggi. Nel punto in cui è ora la diga, si può facilmente dedurre, anche da foto storiche, che il fiume scorreva originariamente ad una profondità di circa 60-70 metri dal piano stradale attuale. La Gola era certamente più spettacolare: immaginatevi il fiume che scorre tra enormi massi, rapide, marmitte e cascate.
Automezzi per il trasporto dei materiali | fonte: “Paesaggi Culturali”
Passo del Furlo dopo la costruzione della Diga | fonte: “Paesaggi Culturali”
Oggi l’invaso è divenuto dimora di diverse specie di pesci come la carpa, il barbo e il cavedano. Le sponde del lago sono ricoperte di carice, ortica, equiseto, edera, vitalba, ma anche da alberi come il pioppo nero e bianco, il salice bianco e il fico selvatico. Si può talvolta scorgere qualche mammifero come il cinghiale, la nutria o la capra selvatica ed uccelli come l’airone cenerino, la gallinella d’acqua, la nitticora, l’airone bianco, la garzetta e i cormorani. Putroppo la lontra, che abitava la Gola, scomparve a partire dagli anni ’50 a causa di una caccia indiscriminata.
Nel prossimo post vi parlerò della parte centrale della gola con le sue gallerie (clicca qui).
Fonti:
La Gola del Furlo; Andrea Pellegrini, Elena Ferretti, Roberto Fiorani; Arti Grafiche Stibu, 2003
Marche: le più belle escursioni; AA.VV.; Società Editrice Ricerche; 1998
Marche; AA.VV.; Guida Rossa del Touring Club Italiano; 1979
Paesaggi Culturali (sito).