Porta Clementina o Porta Marina, la porta nord di Servigliano. || Foto di Simona Pezzotta
Spesso capita che, per distrazione o pigrizia, si diano per scontati luoghi che tanto scontati non sono. L’abitudine di incontrarli nel quotidiano, la vicinanza alla propria dimora, ci porta a sottostimarli, a considerarli erroneamente privi di un qualche interesse, ci porta a trascurarli; fino a quando un giorno non ci accorgiamo di loro ed è come vederli per la prima volta…
Lungo la strada che, attraversando la vallata del fiume Tenna, unisce la costa adriatica ai Monti Sibillini e conduce ad Amandola, la porte est del parco, quasi a metà del percorso, si incontra una graziosa cittadina dalle insolite fattezze: Servigliano.
Se percorrendo quella strada non vi siete ancora mai fermati, allora sarà il caso di farlo!
Servigliano è diversa dalle altre realtà comunali che si affacciano sulla vallata, tutte arroccate sulla cima dei colli e strette nelle loro antiche mura di medievale memoria. Servigliano si sviluppa in pianura, nella media Valtenna, e presenta un impianto urbanistico quadrangolare, misurando 144 per 137 metri. Pochi metri ed il quadrato sarebbe stato perfetto!
Servigliano in un disegno di Loreno Confortini. Immagine tratta dal web: www.lorenoconfortini.it.
Il suo geometrico impianto urbanistico e la sua particolare collocazione geografica suggeriscono natali piuttosto recenti, natali di età moderna. La sua costruzione infatti ebbe inizio nel 1773, concludendosi a tempi di record nel 1779. Solo sei anni per la realizzazione di un intero borgo, il Castel Clementino, l’attuale Servigliano.
Ma prima di queste date, cosa ne era della comunità serviglianese?
Prima che Castel Clementino venisse costruito, il Paese Vecchio, l’insediamento antico di Servigliano, si trovava più in alto, in collina, in risposta ai bisogni di sicurezza determinati dal particolare periodo storico. Si trovava in quella che oggi è la frazione di Curetta e fu nel Basso Medioevo uno dei maggiori castelli dipendenti da Fermo.
Ed a valle, cosa c’era a valle se il centro antico di Servigliano sorgeva in collina?
La zona pianeggiante posta a valle fu una vasta area prativa dove avevano luogo, fin dal 1300, delle fiere di grande importanza. Per tre volte l’anno, nelle giornate successive ad alcune festività mariane ricadenti nei mesi di marzo, agosto e settembre, il prato delle fiere diveniva un vivace luogo di scambi e di commerci, richiamando mercanti da oltre i confini dello Stato Pontificio.
Quando verso il 1758 la collina del Paese Vecchio incominciò a franare, provocando la progressiva rovina ed il conseguente abbandono del centro antico di Servigliano, la comunità avvertì subito il bisogno di un trasferimento dell’abitato in un altro luogo più sicuro. Iniziò così a rivolgere al Pontefice tutta una serie di suppliche per denunciare la condizione di disagio e sollecitare un intervento solutore. Non dimentichiamo che queste terre erano soggette al potere temporale dei Papi!
Porta Santo Spirito o Porta di Amandola. || Foto di Simona Pezzotta
Forse perché alcune potenti famiglie di Servigliano avevano contribuito all’elezione di Papa Clemente XIV, oppure perché Giandomenico Iaffei, in qualità di delegato della comunità di Servigliano, si era recato personalmente a Roma a far visita al Pontefice all’indomani dalla sua elezione; qualunque fosse stata la ragione, Clemente XIV, lo stesso anno della sua nomina, inviò a Servigliano un tecnico, l’architetto Virgilio Bracci, per verificare le reali condizioni del castello.
Virgilio Bracci, fatti i controlli del caso, finì per sposare le richieste della comunità, ritenendo più conveniente e sicuro lo spostamento del castello piuttosto che il procedere al recupero del territorio ed al restauro dell’abitato con un’opera di bonifica idraulica complessa e d’incerta efficacia.
Così, in seguito alla relazione presentata da Bracci, Papa Clemente XIV avviò l’opera di ricostruzione del nuovo borgo, redigendo e sottoscrivendo nel 1771 il Chirografo, l’atto di fondazione del nuovo castello, nel quale venivano stabiliti i tempi, le modalità e i costi della ricostruzione. In onore del Pontefice, il nuovo abitato prese il nome di Castel Clementino.
Quale fu il luogo scelto per accogliere il nuovo castello?
Proprio quello che state pensando: il prato delle fiere, la vasta area pianeggiante posta di fronte al convento dei Frati Minori Osservanti ed alla chiesa di Santa Maria del Piano. Realizzato su di quello che era il luogo privilegiato degli scambi, ovvero il prato delle fiere, Castel Clementino continuò a lungo ad essere un centro importante, punto di incontro delle popolazioni vicine, delle carovane provenienti dall’Appennino e dal Regno di Napoli.
Durante la fase costruttiva, Clemente XIV morì in circostanze piuttosto sospette. Gli succedette Papa Pio VI il quale non interruppe l’opera iniziata dal suo predecessore, anzi la portò a pieno completamento. Così nel 1779, dopo solo sei anni, si concluse la costruzione di Castel Clementino che mutò il suo nome in Servigliano solo nel 1863. Come segno di gratitudine per l’impegno mostrato dai due Pontefici nella realizzazione del nuovo borgo, due delle porte di accesso al castello furono chiamate Porta Clementina e Porta Pia.
Porta Pia o Porta Navarra, la porta sud di Servigliano. || Foto di Simona Pezzotta
Quello che sorprende quando si accede a Servigliano varcando una delle tre porte d’ingresso, è l’eleganza data dalla semplicità delle linee e delle geometrie, l’armonia regalata da un’ordinata divisione degli spazi.
Progettata e realizzata con una precisa conformazione geometrica tale da farla paragonare ai modelli di città ideale propri dei trattati rinascimentali, la cittadina di Servigliano è stata edificata conferendole una leggera inclinazione, una pendenza di 1 cm per ogni metro, percettibile se, stanziando fuori dal castello, si guarda al borgo attraverso Porta Pia (detta anche Porta Navarra).
L’assetto urbano della cittadina riprende l’antico sistema organizzativo romano costituito da cardi e decumani. Il cardo che unisce Porta Clementina (o Porta Marina) a Porta Pia, è l’asse che attraversa da nord a sud la cittadina. Il decumano invece, tagliando la cittadina da est ad ovest, è l’asse che da Porta Santo Spirito (o porta di Amandola) conduce alla Collegiata di San Marco. Nel punto in cui le due direttrici si incontrano, si apre la piazza del paese: Piazza Roma.
Servigliano. Le case a schiera che delimitano il perimetro esterno del castello. || Foto di Simona Pezzotta
All’interno di questo geometrico assetto, una precisa divisione degli spazi, una divisione che in passato era anche sociale.
Le abitazioni a schiera che delimitano il castello segnandone il perimetro esterno, erano le dimore dei ceti meno abbienti che destinavano il piano terra a bottega, laboratorio, ricovero degli attrezzi o di piccoli animali, ed il piano superiore ad abitazione della famiglia. Le porte di accesso di queste case si aprivano sempre e solo verso l’interno del castello. Ancora oggi è possibile denotare, osservando l’arco dei portoni di alcune abitazioni, l’antica numerazione civica.
L’antica numerazione civica. || Foto di Simona Pezzotta
Le case borghesi, gli edifici di tre piani posti ai lati della Collegiata, erano invece destinate ai ceti intermedi.
Palazzo Filoni-Vecchiotti. || Foto di Simona Pezzotta
Al centro del borgo, quasi a cornice del Palazzo Municipale e della Collegiata di San Marco, gli edifici gentilizi: Palazzo Navarra e Palazzo Filoni-Vecchiotti. Quest’ultimo è l’edificio che colpisce maggiormente l’attenzione perché, qualunque sia l’angolazione da cui si guarda, qualunque sia il punto del borgo in cui si sta, è sempre ben visibile, grazie ad una altana che accresce in altezza la già elevata struttura. (se vuoi saperne di più leggi l’articolo dedicato: Servigliano: Palazzo Filoni)
Palazzo Filoni-Vecchiotti: particolare dell’altana. || Foto di Simona Pezzotta
La facciata presenta un cornicione ampiamente decorato da elementi architettonici carichi di significati simbolici. Presenta altresì finestre con cornici anch’esse ornate da decori e sovrastate ora da timpani, ora da lunette. Un portale con colonne ad arco a tutto sesto completa il tutto. Anche l’interno del palazzo è riccamente decorato nelle sale del piano nobile, una ricchezza artistica e culturale che è valsa al Palazzo Filoni-Vecchiotti una dichiarazione di interesse culturale da parte della Soprintendenza della Regione Marche che, nel 1992, l’ha sottoposto a vincolo.
palazzo Filoni-Vecchiotti. Particolare della facciata: cornicione decorato. || Foto di Simona Pezzotta
Palazzo Filoni-Vecchiotti. Particolare della facciata: finestre con cornici decorate. || Foto di Simona Pezzotta
Servigliano è piccolo borgo che, a dispetto di quella sua indole pacifica e tranquilla, nasconde una grande storia, solo in parte qui affrontata, una storia che legherà con affezione a questo quieto angolo di provincia quanti avranno interesse ad approfondire.
Uno speciale ringraziamento va al Prof. Angelo Paci che con grande generosità, anche intellettuale, ci ha accompagnati alla scoperta di Servigliano.
Articolo di Muscosa
Bibliografia:
Fabio Paci, Servigliano città del Papa, guida storico-turistica