L’Eremo di San Leonardo/2: Estate 1972

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 Padre Pietro, il ‘muratore di Dio’. Foto dal Libro ‘Lassù sui monti’

Francesco si sta allontanando dal paese di Rubbiano. Sono le 10 di mattina di una fresca giornata estiva. Siamo a circa 1000 metri s.l.m. ed è sempre rigenerante l’aria a questa quota, anche in estate. Anzi, soprattutto in estate quando giù sulla costa l’afa non dà tregua. Ma più Francesco si inoltra verso l’ingresso di quella gola che tutti chiamano Infernaccio e più la temperatura scende. Al punto tale da dover indossare un maglione che fortunatamente aveva con sé nella sua bisaccia.

Quello che lo sta portando in un luogo tanto ameno e isolato è la curiosità. Ciò che la gente racconta in città da ormai un anno lo deve vedere con i suoi occhi. Il giorno prima un abitante di Rubbiano, che lo ha ospitato per la notte come se fosse uno di famiglia, gli raccontò: “E’ proprio così! Arrivò da Montefortino l’anno scorso su di una moto e io lo ospitai a casa mia per la notte. La sua determinazione era chiara, bastava guardarlo negli occhi. Non mi chiese niente, ma sentivo la necessità di aiutarlo e gli diedi quel poco che potei: un tozzo di pane. Il giorno seguente quest’uomo ripartì alla volta dell’antico Monastero di San Leonardo al Volubrio, situato su una balza rocciosa al di sopra della Gola dell’Infernaccio”.

“Sì, sì!” gli fa eco un altro “lo incontrai anch’io quella mattina. Stava bevendo alla fonte non poco l0ntana da qui. Mi è rimasto impresso nella mente perché spingeva una carriola con una ruota sgonfia, con dentro una pala, un piccone e un paletto, oltre ad una busta in cui mi disse ci fosse il suo pranzo. Parlava di andare a ricostruire il Monastero, ma inizialmente non lo presi molto sul serio. Come poteva farlo solo con quegli attrezzi? Però vedrai che è lì che lo troverai, a San Leonardo, perché non sembrava stesse scherzando”.

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 le “Pisciarelle”. Ph: Nicola Pezzotta

Francesco è interdetto: “allora è tutto vero!” pensa tra sé e sé. Immerso nei suoi ricordi di qualche ora prima si rende conto solo alla fine di essere arrivato all’ingresso della gola. Alza lo sguardo e non può credere ai suoi occhi. Sotto una lunga cascata di esili gocce d’acqua filiformi c’è un uomo. Nonostante l’acqua sia gelida quest’uomo è lì sotto a lavarsi via dal corpo la fatica. Si volta verso Francesco, che è appena arrivato, e si guardano per un attimo. Poi l’uomo sotto la cascata saluta: “Ciao!”. E Francesco pensa subito: “è lui!”.

Mentre si asciuga, l’uomo si avvicina e chiede “Come stai?”. Francesco, un po’ interdetto dalla situazione surreale risponde: “…bene grazie” e poi come scuotendosi da un sogno “sei tu Padre Pietro?”.

“Sì, tu come ti chiami?”. Dopo avergli detto il proprio nome, Francesco riprende le redini del discorso “Ma è vero che stai ricostruendo il Monastero di San Leonardo?”

Padre Pietro sorride ed esclama: “Seguimi”.

Anziché entrare nella gola gira subito a destra. “La gola è impossibile attraversarla. Non esiste una via per accedervi se non agganciandosi con delle corde oppure risalire in qualche maniera l’acqua tumultuosa del torrente. Noi seguiremo invece un’antica via seguita dai monaci: la chiamavano sentiero delle “Volte” e ne capirai il perché” dice ammiccando.

“Intorno al 1500 devi sapere che in questo piazzale, all’inizio della via, erano poste 3 croci che dovevano segnalare alle donne il divieto di accesso verso il Monastero. Il Priore era stato molto rigido su questo fatto “se le donne passeranno le croci correranno in extracomunicazione” disse”.

Francesco segue attento i passi e le parole del frate. Padre Pietro sembra uno stambecco lungo il sentiero che si impenna vertiginosamente ogni volta che fa una stretta curva. Non ha neanche il fiatone. Un rombo inizia a farsi sentire tra la boscaglia di faggi e lecci. Tutto ad un tratto ecco spuntare davanti a loro una splendida cascata. Apparentemente senza stupirsene il frate prosegue la sua andatura deviando verso sinistra e immettendosi su un ampio anfiteatro dominato da lecci secolari.

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 San Leonardo. Immagine presa dal Libro ‘Lassù sui monti’

“Vieni, guarda” dice Padre Pietro. Davanti a lui si trova una roccia dove sembra essere stata impressa l’orma di un piede scalzo. “Possibile?” si interroga Francesco.

“Questa è l’impronta di San Leonardo. Leggenda vuole che Leonardo, soldato cristiano, stava scappando dalla persecuzione dell’imperatore Decio, perché aveva abbracciato la fede cristiana e rifiutava il culto tradizionale e imperiale. Nel II° secolo d.C. dopo il martirio di San Sebastiano trafitto dalle frecce dai suoi commilitoni, Leonardo, che faceva parte anche lui della decima legione, abbandona la capitale per trovare un rifugio più sicuro. E venne proprio in questa zona, nel Golubro. Ma neppure qui si sentì tranquillo a causa del passaggio continuo dei soldati romani: e per meglio sfuggire alla loro persecuzione fu costretto a seguire un sentiero secondario dove avrebbe lasciato l’impronta del piede destro, che è quella che stai guardando proprio ora”.

La faccia di Francesco è solcata da un misto di stupore e meraviglia, ma Padre Pietro riparte subito nell’ascensione senza neanche dare il tempo a Francesco di riprendere fiato.

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 Faggeta di San Leonardo. Ph: Nicola Pezzotta

Adesso, dopo l’ultima svolta, il terreno sembra diventare più pianeggiante. Il bosco pian piano si dirada e davanti a loro si apre un’ampia radura. In fondo a questa una costruzione fatiscente; praticamente delle pietre ammucchiate.

“Ecco la mia casa. Luogo di gioia e pace per l’anima”.

Viveva davvero lì. Su un anfratto tra le rocce c’era il suo pagliericcio e da una parte una specie di tavolino fatto con tre massi.

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 Chiesa di San Leonardo al Volubrio negli anni ’60. Immagine presa dal Libro ‘Lassù sui monti’

“La prima volta che sono venuto quassù, nel febbraio del 1965, ebbi la sensazione di trovarmi in un mondo completamente diverso da quello fino ad allora conosciuto. Tutto era serenità ed armonia. I raggi del sole che baciavano le vette più alte dei monti circostanti ancora innevate assumevano un colore argentato; le numerose guglie che tutt’intorno si perdevano all’infinito quasi inghiottite da un tenero azzurro, l’incanto dei boschi che si andavano scaricando dalle ultime nevi, la purezza e la salubrità dell’aria che mi permetteva di respirare a pieni polmoni, ed infine l’immensità e suggestività del panorama, mi ammaliavano talmente da scatenare in me una potente attrattiva”.

Dopo una lunga pausa in cui sembra immerso nei suoi pensieri Padre Pietro riprende “La struttura del vecchio monastero era in condizioni allucinanti, lo spettacolo era agghiacciante. Il soffitto a volta era quasi completamente crollato, le pareti erano annerite dal fumo del fuoco che veniva acceso all’interno della struttura e il pavimento era ricoperto da circa un metro di letame. Non si riusciva neanche a starci dentro. Di quello che era un gioiello incastonato in mezzo ai Monti Sibillini non rimaneva quasi più nulla. Ancora pochi anni e tutto sarebbe piombato nell’oblio.

Così cominciò ad affacciarsi alla mia mente l’idea di una possibile ricostruzione. La bellezza del luogo mi ammaliava e dentro di me sentivo una forza inspiegabile che mi spingeva a tentare. Raccontavo ad amici e confratelli le mie intenzioni con tanto entusiasmo che alcuni non esitavano a prendermi per esaurito, per folle. Ma senza entusiasmo o, se si vuole, senza un pizzico di follia non è mai stato compiuto niente di buono e di grande. Una voce arcana sembrava che mi ripetesse “Va e ripara la mia casa cadente”. Forse Dio aveva su di me un suo progetto, un suo piano. Così mi decisi e dopo varie vicissitudini a maggio dell’anno scorso iniziai la mia opera di ricostruzione”.

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 Il piano di Dio. Immagine presa dal Libro ‘Lassù sui monti’

Francesco, con gli occhi lucidi, pendeva dalle sue labbra. Era ammirato da ciò che questa persona diceva e faceva. I suoi pensieri vagavano nei meandri della sua mente: “Lasciare il mondo conosciuto, per l’imprevedibile. Non aspettarsi mai quello che avverrà, ma affrontarlo giorno per giorno. Essere pronto a tutto e risolvere i problemi con quel poco che si ha. Una bella prova per lo spirito. Chissà se riuscirà nella sua opera, se riporterà allo splendore l’antico Monastero di San Leonardo al Volubrio”.

“Conosci la storia del monastero?” riprende Padre Pietro “Si dovrebbe stare qui a raccontare per ore, ma ti voglio incuriosire solo con i fatti salienti, così magari poi ti metti a cercare tu stesso qualcosa di più dettagliato.

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 Resti di mura del II°sec. d.C.. Immagine presa dal Libro ‘Lassù sui monti’

Le origini del monastero si perdono nel tempo. Si pensa che già al tempo dei romani in quest’area ci sia stato un culto pagano a qualche divinità boschiva e quindi un tempio. Poi i monaci benedettini dell’Abbazia di Farfa, insidiatisi a Santa Vittoria in Matenano, costruirono la prima chiesa e il Monastero di San Leonardo. Già nell’anno 800 le strutture sembrano essere presenti. Successivamente nel 1134 passa nelle mani dei camaldolesi di Fonte Avellana e grazie alla loro opera si sviluppò una comunità ben organizzata composta da dodici monaci che avevano addirittura sei chiese alle loro dipendenze tra le quali una nella distante Amandola.

Nel XV° secolo le immense ricchezze e donazioni di cui godevano molti monasteri avevano condotto i monaci in luoghi ben lontani dal primitivo ideale di una vita povera e semplice. Questa crisi si ripercosse anche a San Leonardo e il suo declino sembrò inarrestabile fino al 1522, quando riprese vita grazie all’opera riformatrice del Beato Paolo Giustiniani che fondò la Congregazione degli eremiti di San Romualdo. Qui, da quell’anno, si stabilirono 6 monaci camaldolesi della nuova congregazione. Restaurarono la chiesa e il monastero, che già allora erano in rovina, e addirittura nel 1525, precisamente il 24 giugno, proprio in questo luogo avvenne il terzo Capitolo Generale della Congregazione alla presenza, tra gli altri, dello stesso Beato Paolo Giustiniani e di Fra’ Girolamo da Sessa e Fra’ Pietro da Fano, futuri fondatori dell’ordine dei Cappuccini.

Purtroppo già dal 1563 il luogo divenne molto pericoloso per le numerose scorrerie dei briganti che non si facevano di certo impietosire da una tonaca. I monaci furono perciò costretti a spostarsi nelle vicinanze di Vetice, nella contrada detta il “Palazzetto”. Subito dopo l’abbandono alcuni malviventi incendiarono l’eremo e le casette degli eremiti. Sembra che anche il Papa Sisto V° durante una sua visita a Fermo passò al Golubro, nel 1571, per constatare con i suoi occhi che “il luogo era diventato un covo di briganti”. Alla fine fu completamente abbandonato nel 1573 e da quel giorno rimase nell’incuria più totale. Successivamente la chiesa, l’unica struttura rimasta in piedi, venne utilizzata come magazzino e ricovero di animali. Per questo il giorno in cui sono arrivato ho trovato il pavimento completamente ricoperto di letame”.

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 Fasi di ricostruzione dell’Eremo. Immagine presa dal Libro ‘Lassù sui monti’

“Non pensavo che questo luogo fosse così ricco di storia” dice Francesco in contemplazione della struttura. E poi continua “posso chiederti una cosa? Posso aiutarti per un po’ nella tua opera? Soltanto fino a quando riesco a reggere”.

“Chi sono io per vietartelo? Certo che puoi, sei il benvenuto e mi farebbe immensamente piacere. Ma ti dovrai adattare alle circostanze ed accontentare di quel poco che posso offrirti. Come puoi immaginare non ho molto qui con me”.

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 Fasi di ricostruzione dell’Eremo di San Leonardo. Ph: Don Ubaldo Paciaroni

Così, mentre Padre Pietro si mette la tuta da lavoro, Francesco si rimbocca le maniche e nel piacevole sole montano iniziano a smuovere le pietre dell’antico edificio.

Quelle pietre a cui è successo di tutto, che potrebbero parlare per quanta storia hanno dentro.

Quelle pietre che erano in attesa di quel qualcuno che le rimettessero al loro posto, che chiudesse il cerchio, che le riportasse alla vita.

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 Fasi di ricostruzione dell’Eremo di San Leonardo. Ph: Don Ubaldo Paciaroni

 

Articolo di Nico.

 

Note:

Il racconto è stato liberamente ispirato dopo la lettura del libro scritto da Padre Pietro in persona (Armando Lavini) “Lassu sui monti…”, edizioni Truentum, 2012. Le parti in corsivo sono le parole reali di Padre Pietro.

 Link utili:

Se vuoi sapere com’è l’Eremo oggi, leggi l’articolo: l’Eremo di San Leonardo/1: Oggi

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